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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI VESCOVI DELL’EMILIA-ROMAGNA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 2 luglio 1977

 

Il nostro affettuoso e cordiale saluto a Lei, Signor Cardinale, e a voi tutti, Arcivescovi e Vescovi dell’Emilia-Romagna. Desideriamo esprimervi, in tutta sincerità, i sentimenti della nostra comprensione, soddisfazione, partecipazione, cioè di intensa comunione per le vostre sollecitudini ed ansie pastorali; come pure la gioia per questa vostra visita « ad limina », con la quale avete voluto incontrarvi con il Successore di Pietro, per essere confermati (Cfr. Luc. 22, 32) in quella fede, che opera mediante la carità (Cfr. Gal. 5, 6).

Abbiamo letto con attenzione ed interesse la relazione, che ci avete fatto pervenire in preparazione a questo nostro fraterno colloquio, vogliamo dirvi che la visione d’insieme, nonostante le oggettive difficoltà in cui agisce la Chiesa nelle vostre Regioni, è molto consolante; l’analisi, che voi avete fatto delle condizioni religiose, storiche, socio-culturali, sembra veramente completa ed esauriente. Desideriamo che siate confortati e lodati per questa vostra illuminata e sensibile capacità di leggere nei complessi segni dei tempi, al fine di adattare alle particolari situazioni i vari metodi di evangelizzazione e di testimonianza cristiana.

Vorremmo ora presentare alla vostra considerazione alcune osservazioni, più psicologiche che pratiche, e sono quelle che noi, in questo breve scambio di idee, vi possiamo offrire.

La Regione pastorale «Aemiliana-Flaminia» ha visto in questi anni, con gioiosa edificazione, i suoi Pastori fraternamente uniti: perciò, su questa linea, avvalorate, sottolineate, accrescete questa unione fra voi Vescovi: unione nella carità (Cfr. Act. 4, 32), nella preghiera (Ibid. 1, 14), nei frequenti incontri, nelle iniziative, che possono essere non solo di una sola comunità diocesana, ma altresì di tutte le altre diocesi sorelle. «I Vescovi, sia come legittimi successori degli Apostoli, sia come membri del Collegio episcopale - dice il Concilio Vaticano II -, sappiano essere sempre tra loro uniti, e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese; pensando che, per divina disposizione e comando dell’ufficio apostolico, ognuno di essi, insieme con gli altri Vescovi, è in certo qual modo garante della Chiesa» (Christus Dominus, 6).

Quale lo spirito che vi deve animare? Quello che richiedono le situazioni difficili, intossicate, dove l’avversario è numeroso, potente, laborioso. Ma, «nolite timere» (Cfr. Luc. 12, 32); si tratta di un campo conteso spesso palmo a palmo; è una milizia, con le sue vicende alterne, le sue difficoltà continue. Occorre tener presente l’avvertimento pressante e ripetuto di Gesù: «Vigilate!» (Cfr. Matth. 24, 42; 25, 13; 26, 38; Marc. 14, 34. 38; Luc. 21, 36). Ognuno di voi accolga come rivolte a sé le paterne raccomandazioni di S. Paolo al suo diletto Timoteo:

«Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» (2 Tim. 4, 5), con illimitata fortezza d’animo e con intensa fiducia nell’opera nascosta e potente dello Spirito Santo, cioè con la psicologia tipica dell’evangelizzatore, il quale sa che spesso occorre cominciare tutto da capo, con rapporti leali, amichevoli, specialmente con i piccoli, con le famiglie, con i sofferenti.

Vogliamo anche accennare, oltre che allo spirito che deve animare la vostra operosità di Pastori, al metodo o ai metodi. Quali? Ci si potrebbe chiedere. Noi abbiamo trattato esplicitamente e a lungo di tale delicata e complessa questione nella nostra Esortazione Apostolica «Evangelii Nuntiandi» dell’8 dicembre 1975 (Cfr. PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi, 40-48). Ci sono metodi tradizionali, sperimentati talvolta anche da secoli e che tuttora mantengono la loro attualità e il loro valore; ci sono, e ci possono essere, metodi nuovi, adatti alle mutate condizioni culturali: i metodi più validi ed efficaci, oltre quelli prescritti, potranno essere quelli della fantasia, del rischio, talvolta; quelli, specialmente, della carità inventiva; quello della Liturgia, perfettamente realizzata nello spirito e nella lettera delle sagge leggi della Chiesa, Liturgia che tanti frutti consolanti ha dato in questi anni anche nelle vostre diocesi, in seguito alla riforma voluta e predisposta dal Concilio Vaticano Secondo; quelli della cura e del contatto personale con le anime, nel dialogo, nella direzione spirituale, nel sacramento della Riconciliazione.

Non vorremmo chiudere il nostro incontro con voi senza presentare ancora alla vostra attenta riflessione alcune considerazioni concernenti i problemi più vitali, oggi, della vita ecclesiale nelle vostre Regioni.

Anzitutto, il Clero. Non ci siamo stancati di dire ai Vescovi, che in questo periodo sono venuti presso di noi per la visita «ad limina»: Amate i vostri sacerdoti! Siate i loro padri, i loro fratelli, i loro amici! I Vescovi - raccomanda ancora il Concilio - «trattino sempre con particolare carità i sacerdoti come coloro che, nella sfera dei loro poteri, si assumono i loro ministeri e le loro preoccupazioni, e li attuano nella vita quotidiana con tanta premura. Li considerino come figli e amici, e perciò siano disposti ad ascoltarli ed a trattarli con fiducia e benevolenza allo scopo di incrementare l’attività pastorale in tutta la diocesi» (Christus Dominus, 16).

Coltivate, inoltre, con costante impegno, le vocazioni, ponete la vostra cura più gelosa per i Seminari; sappiate inserire e coinvolgere nella pastorale globale, pur nel pieno rispetto delle loro specifiche finalità, i Religiosi, ricchi di secolari esperienze, e le Religiose, sempre così delicatamente e generosamente disponibili là dove urgono le necessità della Chiesa locale; aiutatele, perché anche loro «combattono per il Vangelo» (Cfr. Phil. 4, 3).

E cosa non farete, nella vostra sollecitudine pastorale, per la famiglia, perché in essa si mantenga il senso religioso, l’amore autentico, lo spirito di solidarietà per gli altri, specie per quelli che soffrono, e perché divenga un centro di irradiazione evangelizzatrice e di formazione cristiana?

Ai giovani, lavoratori e studenti, oggi in ricerca ansiosa non solo di una sistemazione economica, ma di certezze che diano un sicuro orientamento alla vita, presentate il messaggio cristiano nella sua esaltante ed esigente realtà. L’innata generosità dei giovani, che non sopportano i mezzi termini, non può non sentire il valore trascendente della persona di Gesù, il quale deve essere annunziato sempre e con tutti i mezzi.

A ciò sarà di fondamentale importanza il retto uso della stampa e degli strumenti della comunicazione sociale, capaci di indirizzare e talvolta anche di condizionare le masse.

Ma, al di sopra di tutto, deve trionfare e regnare la carità (Cfr. Col. 3, 14). Abbiamo appreso, con vivo compiacimento, come la «Caritas» nelle vostre diocesi sia diventata un vero centro di promozione di nuove iniziative a favore dei poveri, e come si moltiplichino le «Case della Carità». Le vostre Chiese particolari inviano «missionari», sacerdoti e laici, in Africa, in America Latina. Non possiamo non incoraggiare questo gesto di amore generoso verso la Chiesa universale.

A voi tutti singolarmente vogliamo infine esprimere la nostra stima e il nostro incoraggiamento perché possiate sostenere serenamente, giorno dopo giorno, il peso del ministero episcopale, ricolmi di gioia - come dice San Pietro - «anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più prezioso dell’oro . . . . torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo» (1 Petr. 6 ss.).

Con la nostra Benedizione Apostolica.

                               



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