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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
ALLE «SCHOLAE CANTORUM»
DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA

Domenica, 25 settembre 1977

 

A Voi, Venerati Fratelli qui presenti, e fra tutti a Monsignor Antonio Mistrorigo, Vescovo di Treviso e Presidente dell’Associazione Italiana Santa Cecilia; a voi sacerdoti, religiosi e religiose che guidate a Noi queste schiere di fanciulli cantori; a voi genitori e fedeli che li accompagnate e specialmente a voi, giovani e fanciulli appartenenti alla medesima Associazione Italiana Santa Cecilia; a tutti i partecipanti a questa S. Messa, il Nostro saluto e la Nostra Benedizione!

Noi siamo commossi ed esultanti, come sempre, per una celebrazione solenne in questa Basilica, centro della Chiesa Cattolica, sulla Tomba del primo fra gli Apostoli, San Pietro «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede» e della carità (Lumen Gentium, 18); ma oggi lo siamo in modo speciale per un’occasione che Ci riguarda personalmente: il compiersi del Nostro ottantesimo anno di età.

Da parte Nostra avremmo preferito trascorrere questo momento celebrativo in silenzio, nei ricordi, e soprattutto nella meditazione delle Nostre altissime e formidabili responsabilità di fronte al Giudice Divino, al cui rendiconto ci richiama più che mai la ricorrenza che stiamo commemorando. Ma il dovere richiede altrimenti. Rivolgeremo dunque a gloria di Dio e a bene della Chiesa l’omaggio che viene offerto a Noi con questo magnifico spettacolo di voci oranti ed esultanti, che tanta letizia procura al Nostro animo paterno.

E anzitutto il Nostro grazie a voi tutti, figli carissimi, per la vostra presenza; per il vostro numero; per le vostre esecuzioni canore così piene di talento e di vera bellezza; per il vostro assiduo e generoso impegno per il canto sacro, non mossi da esteriori stimoli di vantaggi o di pubblicità, ma solo dal desiderio di promuovere l’onore della Casa di Dio; e poi per il gran bene che l’opera vostra svolge in seno alla comunità ecclesiale, perché se i fedeli cantano, molti frequenteranno maggiormente la Chiesa e, frequentando la Chiesa, meglio conserveranno la fede e la vita cristiana.

È scritto nel Vangelo che sarà data nei cieli una grande ricompensa per un bicchiere di acqua. Ma un bel canto è qualcosa di più di un bicchiere di acqua pura; più grande ne sarà certo la ricompensa.

Non occorre che qui davanti a voi Noi facciamo l’apologia del canto sacro. Nessuno meglio di voi è in grado di capire e apprezzare l’importanza e la preziosità del servizio reso alla Chiesa dai vostri cori. Senza di voi la liturgia perderebbe un valido sostegno e la preghiera del popolo mancherebbe di un’ala nel suo volo verso Dio. Non sarà tuttavia superfluo ricordare che se il Concilio Ecumenico ha aperto nuove strade per il futuro della musica sacra, stabilendo che nelle sacre celebrazioni il primato del canto liturgico spetti all’assemblea, non per questo viene diminuito il ruolo delle Cappelle musicali o delle «scholae cantorum»; il loro compito anzi è divenuto di ancora maggior rilievo ed importanza, perché devono servire di sostegno, di modello, di stimolo per una musica più elevata ed elevante, come detto nell’Istruzione «Musicam Sacram», della quale la vostra Associazione molto opportunamente vuole onorare la data decennale.

A questo riguardo, permetteteci, figlioli, di affidare alla vostra riflessione un pensiero che ci sta particolarmente a cuore. Proprio perché devono servire al culto, le vostre prestazioni e la vostra arte non sono solo per la soddisfazione vostra e di quanti vi ascoltano; sono uno strumento per la gloria di Dio, una espressione e una professione di fede. Ciò vuol dire che il vostro canto è preghiera. E allora ecco la Nostra esortazione: cantate bene, non soltanto con la voce, ma anche e soprattutto col cuore; giacché è il cuore che dà valore alla lode che esce dalle labbra, e solo partendo dal cuore il vostro canto potrà salire a Dio, quale degna espressione del culto a Lui dovuto.

Nutriamo fiducia, carissimi giovani, che voi saprete sempre tener presente questa esigenza, che per voi è un dovere; dovere che comporta una grande disciplina, non meno severa, certo, di quella richiesta per preparare una buona esecuzione musicale, perché impone a voi una vita di comunicazione e di amicizia con Dio. È proprio questo colloquio col Signore che eleva i vostri cori sino a formare quasi un ponte fra la terra e il Cielo. Per descrivere però questo tragitto sublime bisogna non solo essere capaci di innalzarsi con le voci, ma ancor più con l’anima; essere cioè con la vostra stessa vita un canto di lode a Dio, preparazione nel tempo al compito a cui saremo chiamati per l’eternità. Come vedete, responsabilità grande è la vostra; ma, insieme, quanta soddisfazione per voi e quale premio da parte di Dio!

Carissimi figlioli, non possiamo porre termine a questo incontro senza richiamare alla vostra attenzione un detto antico, che serva come programma per voi e come ricordo di questa celebrazione: «bis orat qui bene cantat»: e cioè «chi canta bene prega due volte». Sì, due volte, perché l’intensità che la preghiera acquisisce dal canto, ne aumenta l’ardore e ne moltiplica l’efficacia.

Cantate, dunque. Cantate con la voce, cantate col cuore. Fate capire quanto sia bello pregare cantando, come fate voi, con la Chiesa e per la Chiesa. Siate irradiatori di gioia, irradiatori di bontà, irradiatori di luce. E che le vostre anime si mantengano sempre ardenti e limpide, affinché le vostre labbra siano sempre degne di celebrare le lodi del Signore, in onore del quale voi cantate, e nel nome del quale benediciamo voi tutti, carissimi giovani, i vostri maestri, i vostri genitori, e in particolar modo la cara Associazione Italiana Santa Cecilia, cui va soprattutto il merito di questa memoranda e commovente manifestazione.

                               



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