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DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X
AI MEMBRI DELLA SOCIETÀ DELLA GIOVENTÙ CATTOLICA ROMANA*

18 gennaio 1904

 

Sempre cari Ci son gli omaggi e le congratulazioni dei fedeli, di qualunque condizione essi siano, e da qualunque parte essi vengano; ma non troviamo parole per esprimere la Nostra viva soddisfazione e la sincera Nostra riconoscenza pei sentimenti e le proteste di devozione, che Ella, Signor Presidente, ha espressi a Noi ed alla Chiesa in nome proprio e degli ottimi suoi compagni della Società della Gioventù cattolica romana.

La Società della Gioventù cattolica, sorta in momenti di aspre lotte, quando i nemici del nome cristiano, approfittando della inesperienza della gioventù, lusingandone le passioni ed abusando delle doti, che la distinguono, cercavano di infiacchirne gli animi, corromperne i costumi e gittare nei giovani i germi funesti della incredulità e della indifferenza: la Società della Gioventù cattolica, istituita quando la Chiesa era assalita da ogni parte e abbandonata da quelli stessi che fino allora Le si erano dimostrati ipocritamente fedeli: questa Società, che, vincendo gli umani rispetti, ha difeso, imperterrita i diritti conculcati della Chiesa, ha consolato nelle Sue angustie il Pontefice, Lo ha aiutato nei Suoi bisogni, ed ha reso popolare e venerato non solo nell' Italia, ma in tutto il mondo, il nome di Lui : questa Società, che manifestò la sua azione in tante opere religiose e civili, applicando il solenne precetto della carità verso Dio e verso gli uomini: questa Società, che ben a ragione può dirsi madre di tutte le altre che sorsero in appresso, dei Congressi cattolici, delle pie opere per gli interessi cristiani, delle unioni artistiche ed operaie, e che nelle stesse lotte riscosse non solo l'applauso dei buoni, ma anche il rispetto e l'ammirazione degli avversari, ha nobilmente meritato della Chiesa e del Romano Pontefice.

Oh, Noi li ricordiamo con vera compiacenza quei generosi campioni, oggi già provetti, i cui meriti si vorrebbero misconosciuti, ai quali la Chiesa è debitrice di trionfi e ai quali, anche ai più lontani, Ci è dolce di mandare con ammirazione e gratitudine il più affettuoso saluto. — Era vivo in quei giovani lo spirito di fede, e quindi, invitto il coraggio, che, nelle lotte, rinnovavano accostandosi alla mensa Eucaristica; era perfetta l'unione, nella obbedienza riverente a chi li dirigeva; erano esemplari e deliziose le adunanze, senza gare e senza grida rumorose ed incomposte. Ognun d'essi si conteneva, senza ambizioni e come semplice gregario, in questo esercito, che, nella amorevole concordia, fu sempre vittorioso.

Figli di quei valenti, procurate di non esser da essi degeneri, e, prendendo forza dal Principe degli Apostoli, di cui il vostro circolo porta il nome, perseverate col vostro zelo nelle innumerevoli opere, per le quali siete tanto benemeriti della causa cattolica, e per esser degni di una lode piena, colla concordia, colla obbedienza e colla unione perfetta, siate di esempio a tutti gli altri circoli d'Italia.

In tutti i tempi, i vecchi soltanto erano i capi e i direttori della società; i giovani le braccia e i fedeli esecutori. L'età presente con aperta ribellione e con febbre d'indipendenza, vorrebbe invertito quest'ordine; ma come è possibile che abbia vittoria un esercito, la cui direzione sia affidata a coloro, che, pur essendo generosi, non hanno nè senno, nè esperienza? La Storia sacra ci ricorda il fatto di Roboamo, qui dereliquit consilium senum, quod dederant ei, et adhibuit adolescentes, qui nutriti fuerant cum eo. Ma quale fu la conseguenza di questo inconsiderato procedere? La divisione del regno di Giuda. Affinchè pertanto sia risparmiata alla causa cattolica una sorte sì amara, combattete tutti come combatte una disciplinata falange: la forza delle giovani braccia si presti ossequente al maturo senno del capo, e dalla concorde azione del duce e del milite sorga il trionfo della vittoria.


* AAS, vol. XXXIX (1906), pp. 330-332.



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