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PIO XII

UDIENZA GENERALE*

Mercoledì, 15 novembre 1939

 

Ogni casa un tempio

Voi siete venuti, o cari sposi novelli, a Roma precisamente nella settimana, in cui la Chiesa commemora la dedicazione delle Basiliche dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che voi certamente avete già visitato o che non mancherete di visitare. Il termine «basilica» significa originariamente la « casa del re » e la « dedicazione » è il solenne rito col quale si consacra un tempio a Dio, Re e Signore supremo, per farne la sua dimora, intitolandolo a speciali misteri o santi, in cui memoria od onore esso è stato edificato.

Certo anche le più meravigliose basiliche non sono degne di accogliere il Re dei Re. Eppure — voi lo sapete — egli non disdegna di dimorare talvolta in povere cappelle, in misere capanne di missioni! Pensate a tanta degnazione e a tanto amore, voi che siete venuti a ricevere dal Vicario di Cristo una benedizione speciale per voi stessi e per il nuovo focolare domestico.

Ricordate ciò che, fin dall'infanzia, diceva al vostro cuore questa parola: la casa! Là era tutto il vostro amore, concentrato in un padre, in una madre, nei fratelli, nelle sorelle. Uno dei più grandi sacrifici che Iddio domanda a un'anima, quando la chiama a uno stato superiore di perfezione, è quello di lasciare la casa : « ascolta o figlio . . . dimentica la casa del padre tuo » (Ps., LIV, 10). «Chiunque avrà abbandonata la sua casa . . . per amore del mio nome... avrà la vita eterna » (Matth., XIX, 29).

Or ecco che anche a voi, che camminate nella vita ordinaria dei comandamenti, un amore nuovo e imperioso ha fatto un giorno sentire il suo appello : lascia — ha detto a ognuno di voi — la casa di tuo padre, perché tu devi fondarne un'altra che sarà la « tua ». E da allora il vostro ardente desiderio è stato di trovare, di stabilire ciò che per voi sarà « la casa ».

Giacché, come dice la S. Scrittura, « la somma della vita umana è . . . il pane, il vestito e la casa » (Eccli., XXIX, 28). Non aver casa, essere senza tetto e senza focolare, come purtroppo sono non pochi infelici, non è forse il simbolo della massima angustia e miseria? Eppure voi certamente ricordate che Gesù, nostro Salvatore, se conobbe le dolcezze della casa familiare sotto l'umile tetto di Nazareth, volle poi, durante la sua vita apostolica, essere come un uomo senza casa: « Le volpi, egli diceva, hanno le loro tane e gli uccelli dell'aria i loro nidi; ma il figliuolo dell'uomo non ha dove posare la testa » (Matth., VIII, 20).

Considerando questo esempio del Redentore divino, voi accetterete più facilmente le condizioni della vostra nuova vita, anche se esse non corrispondessero subito o in tutto a ciò che avete sognato.

Ad ogni modo, metterete ogni cura, voi specialmente, giovani spose, a rendere amabile, intima la propria dimora, a farvi regnare la pace, nell'armonia di due cuori lealmente fedeli alle loro promesse e, poi, se Iddio lo vorrà, in una lieta e gloriosa corona di figli. Già da lungo tempo Salomone, disingannato e conscio della vanità delle ricchezze terrene, aveva detto : « Meglio vale un pezzo di pane secco con la pace che una casa piena di carni colla discordia » (Prov., XVII, I).

Ma non dimenticate che tutti gli sforzi sarebbero vani e che voi non trovereste la felicità del vostro focolare, se Iddio non edifica la casa con voi (cfr. Ps., CXXVI, I), per dimorarvi quindi con la sua grazia. Anche voi dovete fare, per così dire, la « dedicazione » di questa « basilica », cioè dovete consacrare a Dio, sotto l'invocazione della Vergine Santissima e dei vostri santi Patroni, il vostro piccolo tempio familiare, ove il mutuo amore vuoi essere il re pacifico, nell'osservanza fedele dei precetti divini.

Con tale augurio di vera e cristiana felicità e come pegno dei favori celesti, Noi vi impartiamo di gran cuore, diletti sposi novelli, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, I,
  Primo anno di Pontificato, 2 marzo 1939 - 1° marzo 1940, pp. 391-392
  Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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