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PIO XII

LETTERA ENCICLICA

FULGENS CORONA(1)

INDIZIONE DELL' ANNO MARIANO

 

La fulgida corona di gloria, con la quale il Signore cinse la fronte purissima della vergine Madre di Dio, ci sembra maggiormente risplendere mentre rievochiamo il giorno in cui, cento anni or sono, il Nostro predecessore di f.m. Pio IX, circondato da un'imponente schiera di cardinali e di vescovi, dichiarò, proclamò e solennemente definì con autorità infallibile «che è stata rivelata da Dio, ed è quindi da credersi con fede ferma e costante da ogni fedele la dottrina la quale insegna che la beatissima vergine Maria, nel primo istante del suo concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale».(2)

Tutta la cattolicità accolse con esultanza la sentenza del pontefice che essa già da lungo tempo ardentemente attendeva; e la devozione dei fedeli per la santa Vergine, che fa rifiorire al più alto grado i costumi dei cristiani, così risvegliata, trasse nuovo vigore, come pure di nuovo ardore si alimentarono gli studi che posero con maggior chiarezza nella debita luce la dignità e la santità della Madre di Dio.

Sembra che la stessa beata vergine Maria abbia voluto in maniera prodigiosa quasi confermare tra il plauso di tutta la chiesa la sentenza pronunziata dal vicario del suo divin Figlio in terra. Infatti non erano ancor trascorsi quattro anni, quando la santa Vergine, nelle vicinanze di un paese della Francia situato ai piedi dei monti Pirenei, apparve nella grotta di Massabielle ad una fanciulla semplice e innocente, in aspetto giovanile e affabile, vestita di candido abito e candido mantello, cinta di una fascia azzurra; e alla fanciulla che con insistenza chiedeva il nome di colei che si era degnata di apparirle, elevando gli occhi al cielo e con soave sorriso rispose; «Io sono l'Immacolata Concezione».

L'avvenimento, come era ovvio, venne rettamente interpretato dai fedeli, i quali, affluendo numerosissimi da ogni parte del mondo in pio pellegrinaggio alla grotta di Lourdes, ravvivarono la propria fede, stimolarono la pietà e si sforzarono di conformare la loro vita ai precetti cristiani; ivi pure non di rado ottennero miracoli tali da suscitare l'ammirazione di tutti e dimostrare che la sola religione cattolica è stata data e confermata da Dio.

Ciò naturalmente ben intesero in particolar modo i pontefici romani, che arricchirono di privilegi spirituali e con doni della loro munificenza il meraviglioso tempio eretto dopo pochi anni dalla pietà del clero e del popolo.

 

I

Invero, nella citata lettera apostolica, con cui il Nostro predecessore stabilì che questo punto della dottrina cristiana dovesse ritenersi fermamente e fedelmente da tutti i credenti, altro non fece se non raccogliere fedelmente e consacrare con la sua autorità, la voce dei santi padri e di tutta la chiesa, la quale a cominciare dai primi tempi aveva come spaziato lungo il corso dei secoli.

Anzitutto il fondamento di tale dottrina si trova già nella sacra Scrittura, dove Dio creatore di tutte le cose, dopo la lamentevole caduta di Adamo, si rivolge al serpente tentatore e seduttore con queste parole, che non pochi santi padri e dottori della chiesa e moltissimi autorevoli interpreti riferiscono alla vergine Madre di Dio: «Porrò inimicizia fra te e la donna, fra il seme tuo e il seme di lei ...» (Gn 3, 15). Se dunque in qualche momento la beata vergine Maria fosse rimasta priva della divina grazia, in quanto inquinata nel suo concepimento dalla macchia ereditaria del peccato, almeno per quell'istante, benché brevissimo, non avrebbe avuto luogo fra lei e il serpente quella perpetua inimicizia, di cui fino alla solenne definizione dell'Immacolata Concezione si parla già fin dalla più antica tradizione; ma invece ci sarebbe stato un certo asservimento.

Inoltre, poiché la santissima Vergine viene salutata «piena di grazia» (Lc 1, 28), cioè kecharitōménē, e «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), tali parole, come sempre ha ritenuto la tradizione cattolica, chiaramente indicano che «con questo singolare e solenne saluto, mai prima d'allora udito; viene designato essere stata la Madre di Dio sede di tutte le grazie divine, adorna di tutti i carismi dello Spirito divino, anzi di essi tesoro quasi infinito e abisso inesauribile, di modo che mai fu soggetta alla maledizione».(3)

Tale dottrina nei primi tempi della chiesa fu insegnata abbastanza chiaramente e senza alcun contrasto dai santi padri, i quali affermarono essere stata la beata Vergine giglio fra le spine, terra del tutto intatta, immacolata, sempre benedetta, libera da ogni contagio del peccato, legno incorruttibile, fonte sempre limpida, figlia unica e sola non di morte ma di vita, germe di grazia e non di ira, per ogni verso illibata, santa e lontanissima da ogni macchia di peccato, più bella della bellezza, più santa della santità, sola santa, da superare tutti in santità, all'infuori di Dio, e per natura più bella, più graziosa e più santa degli stessi cherubini e serafini e di tutte le schiere degli angeli.(4)

Considerate diligentemente, come si conviene, queste lodi della beata Vergine Maria, chi oserebbe dubitare che Colei, la quale fu più pura degli angeli e pura in qualunque tempo(5) non sia rimasta monda in qualsiasi anche minimo istante, da ogni macchia di peccato? Ben a ragione dunque sant'Efrem si rivolge al divin Figlio di lei con queste parole: «Tu e la tua Madre, voi soli in verità siete per ogni verso e integralmente belli. Non vi è in te, o Signore, e neppure nella Madre tua macchia alcuna».(6) Da queste parole si rileva con evidenza che fra tutti i santi e le sante, di una solamente può dirsi, allorché si tratta di qualsivoglia macchia di peccato, non potersi neppure porre il quesito; e parimenti che questo singolarissimo privilegio, a nessuno mai concesso, ella per questo motivo lo ottenne dal Signore perché venne innalzata alla dignità di Madre di Dio. Tale eccelso officio, che fu solennemente riconosciuto e sancito nel concilio di Efeso contro l'eresia nestoriana(7) e di cui non sembra potervi essere altro maggiore, postula la pienezza della grazia divina e l'anima immune da qualsiasi peccato, perché esige la più alta dignità e santità dopo quella di Cristo. Anzi da questo sublime officio di Madre di Dio, come da arcana fonte limpidissima, sembrano derivare tutti quei privilegi e tutte quelle grazie che adornarono in modo e misura straordinaria la sua anima e la sua vita. Come ben dice l'Aquinate: «Poiché la beata Vergine è Madre di Dio, dal bene infinito che è Dio trae una certa dignità infinita».(8) E un illustre scrittore sviluppa e spiega lo stesso pensiero con le seguenti parole: «La beata Vergine ... è Madre di Dio; perciò è così pura e così santa da non potersi concepire purità maggiore dopo quella di Dio».(9)

Del resto, se noi approfondiamo l'argomento, e soprattutto se consideriamo l'infiammato e soave amore con cui Dio certamente amò e ama la Madre del suo unigenito Figlio, come potremmo soltanto sospettare che ella sia stata anche per un brevissimo istante soggetta al peccato e priva della divina grazia? Poteva senza dubbio Dio, in previsione dei meriti del Redentore, adornarla di questo singolarissimo privilegio; che non l'abbia fatto, non è neppur possibile pensarlo. Conveniva infatti che tale fosse la Madre del Redentore, da essere il più possibile degna di lui. D'altronde non sarebbe stata degna, se macchiata della colpa originale, anche solo nel primo istante della sua concezione fosse stata soggetta al triste dominio di satana.

Né si può dire che per questo venga diminuita la redenzione di Cristo, quasi che essa non si estenda all'intera progenie di Adamo, e che perciò venga detratto qualcosa dall'officio e dalla dignità del divin Redentore. Se infatti consideriamo a fondo e diligentemente la cosa, è facile vedere come Cristo Signore abbia in verità redento la divina sua Madre in un modo più perfetto essendo ella stata da Dio preservata immune da qualsiasi macchia ereditaria di peccato, in previsione dei meriti di lui. Perciò l'infinita dignità di Gesù Cristo e l'universalità della sua redenzione non vengono attenuate o diminuite da questo punto di dottrina, ma anzi accresciute in sommo grado.

Sono pertanto ingiusti la critica e il rimprovero che anche per questo motivo non pochi acattolici e protestanti fanno alla nostra devozione per la santa Vergine, come se togliessimo qualche cosa al culto dovuto a Dio solo e a Gesù Cristo. È vero invece che l'amore e la venerazione che noi dedichiamo alla nostra Madre celeste ridonda tutto senza dubbio in gloria del suo divin Figlio, non soltanto perché tutte le grazie e tutti i doni, anche eccelsi, da lui derivano come da prima fonte, ma anche perché «i genitori sono la gloria dei figli» (Pro 17, 6).

Fin dai più remoti tempi della chiesa, questo punto di dottrina venne sempre più in luce e sempre più si affermò, sia presso i sacri pastori, sia nella convinzione e nell'animo dei fedeli. Lo attestano, come dicemmo, gli scritti dei santi padri, i concili e gli atti dei romani pontefici; lo testimoniano infine le antichissime liturgie, nei cui libri, anche i più antichi, tale festa si considera come tramandata dai padri.

Inoltre, perfino presso tutte le comunità dei cristiani orientali, che già da lungo tempo si separarono dall'unità della chiesa cattolica, non sono mancati e non mancano coloro che, pur essendo animati da pregiudizi e da contrastanti opinioni, hanno accolto questa dottrina e ogni anno celebrano la festa della Vergine immacolata. Ciò non accadrebbe certo, se essi non avessero ricevuto tale verità fin dai tempi antichi, prima cioè che i medesimi si fossero staccati dall'unico ovile.

Ci piace dunque, al compiersi di un secolo da quando il pontefice Pio IX d'immortale memoria definì solennemente questo singolare privilegio della vergine Madre di Dio, riassumere e concludere il nostro assunto con queste parole, con cui lo stesso pontefice afferma tale dottrina essere stata «per giudizio dei padri, affidata alla sacra Scrittura, tramandata da tante e così gravi testimonianze dei medesimi, espressa e celebrata da tanti illustri monumenti della veneranda antichità, proposta infine e confermata dal più alto e autorevole giudizio della chiesa,(10) di modo che nulla è più caro e più dolce ai sacri pastori e a tutti i fedeli «che onorare, venerare, invocare e predicare con fervore e affetto la vergine Madre di Dio concepita senza macchia originale».(11)

Ci sembra poi che tale preziosissima gemma, onde si arricchì cento anni fa il sacro diadema della beata vergine Maria, oggi splenda di luce più fulgente essendo toccata a Noi, nell'anno giubilare 1950, per disposizione della divina Provvidenza, la felice sorte di definire - ed è ancor vivo nel Nostro cuore il gradito ricordo - che l'alma Genitrice di Dio è stata assunta in cielo in anima e corpo; e potemmo così corrispondere ai voti del popolo cristiano, che furono formulati in maniera particolare già quando fu solennemente sancito l'immacolato concepimento della Vergine. Allora, infatti, come scrivemmo nella lettera apostolica Munificentissimus Deus, «i cuori dei fedeli furono mossi da una più vivida speranza che anche il dogma dell'assunzione corporea della Vergine in cielo venisse al più presto definito dal supremo magistero ecclesiastico».(12)

Così Ci sembra che in maniera più profonda ed efficace tutti i fedeli possano volgere la mente e il cuore al mistero stesso dell'immacolata concezione della Vergine. Infatti per lo strettissimo rapporto che lega questi due misteri, dopo esser stata solennemente promulgata e posta nella debita luce l'assunzione della Vergine in cielo - che costituisce quasi la corona e il complemento dell'altro privilegio mariano - ne è venuto che con maggior pienezza e splendore si è manifestata la sapientissima armonia di quel piano divino con il quale Dio ha voluto che la vergine Maria fosse monda da ogni macchia originale.

A motivo di questi insigni privilegi concessi alla Vergine, tanto l'alba del suo pellegrinaggio terreno, quanto il tramonto s'illuminarono di fulgidissima luce; alla perfetta innocenza dell'anima di lei, immune da qualsiasi macchia, corrisponde in maniera consona e meravigliosa la più ampia glorificazione del suo corpo virgineo; ed ella, come fu congiunta al suo Figlio unigenito nella lotta contro il serpente infernale, così insieme con lui partecipò al glorioso trionfo sul peccato e sulle sue tristi conseguenze.

 

II

Occorre tuttavia che questa celebrazione centenaria non solo riaccenda negli animi di tutti la fede cattolica e la devozione ardente verso la santa Vergine, ma sia altresì di stimolo per conformare, il più possibile, i costumi dei cristiani sull'esempio della vergine Maria. Come tutte le madri provano soavissimi sentimenti quando scorgono che il volto dei propri figli riproduce per qualche particolare somiglianza le loro fattezze, così Maria, Madre nostra dolcissima, non può avere maggiore desiderio né più grande gioia nel veder riprodotti nei pensieri nelle parole e nelle azioni di coloro che ella accolse come figli sotto la croce del suo Unigenito, i lineamenti e le virtù della sua anima.

Ma perché la pietà non rimanga vuota parola, né diventi immagine fallace della religione, né sentimento debole e caduco di un istante, ma sia sincera, vera, efficace, essa deve indubbiamente sospingere noi tutti, secondo la condizione di ciascuno, al raggiungimento della virtù. È necessario anzitutto che essa sproni noi tutti a quell'innocenza e integrità di costumi, che rifugge e aborre anche dalla più piccola macchia di peccato: poiché commemoriamo il mistero della santissima Vergine, la cui concezione fu immacolata e immune da qualsiasi colpa originale.

La beatissima vergine Maria, la quale nell'intero corso della sua vita - sia nel gaudio da cui fu soavemente inondata, sia nella tribolazione e negli atroci dolori, per cui primeggia Regina dei martiri - mai si allontanò, neppure minimamente, dai precetti e dagli esempi del suo divin Figliuolo, Ci sembra che ripeta a tutti e a ciascuno di noi quelle parole che pronunciò durante le nozze di Cana, quasi additando Gesù Cristo ai servi del convito: «Fate tutto quello che egli vi dirà» (Gv 2, 5). Sembra che a noi tutti oggi ella ripeta quella stessa esortazione, in un senso ancora più vasto, poiché è di assoluta evidenza che la radice di tutti i mali da cui sono con tanta veemenza e asprezza tribolati gli uomini, angustiati i popoli e le nazioni, hanno principalmente origine dal fatto che molti «abbandonate le sorgenti di acqua viva, si sono scavate cisterne sconnesse, che non possono contenere le acque» (Ger 2, 13) e hanno disertato da Colui che solo è «via, verità e vita» (Gv 14, 6). Se dunque si è errato, bisogna ritornare sulla diritta via; se le tenebre dell'errore hanno avvolto le menti, senza indugio devono essere dissipate dalla luce della verità; se quella morte, che è la vera morte, si è impadronita degli animi, bisognerà con vivo efficace desiderio accostarsi alla vita: a quella celeste vita, che non conosce tramonto perché ha origine da Cristo Gesù; se con animo fiducioso e fedele lo seguiremo in questa terra di esilio, certamente, insieme con lui godremo nei cieli la beatitudine eterna.

Questo ci insegna e a queste cose ci esorta la beata vergine Maria, madre nostra dolcissima, la quale ci ama di autentico amore, certamente più di tutte le madri terrene. Come ben sapete, venerabili fratelli, di queste esortazioni e inviti a un ritorno a Cristo e a una diligente ed efficace conformità ai suoi insegnamenti hanno gran bisogno gli uomini d'oggi, in un momento in cui tanti si sforzano di svellere radicalmente dagli animi la fede di Cristo, o con mascherate e astute insidie, o anche con una propaganda e un'esaltazione aperta e ostinata dei loro errori da essi propalati così impudentemente, come se fossero gloria del progresso e dello splendore di questo secolo. Ma rigettata la nostra santa religione, negati i divini voleri che sanciscono il bene e il male, appare evidente che quasi a nulla giovano le leggi e quasi a nulla è ridotta la pubblica autorità; si ha di conseguenza che gli uomini, perduta con queste dottrine fallaci la speranza e l'attesa dei beni immortali, è naturale che cerchino smodatamente i beni terreni, avidamente desiderino quelli altrui e talora, quando l'occasione e la possibilità si offrono loro, se ne impadroniscano anche con la violenza. Di qui prorompono gli odi, le invidie, le rivalità e le discordie tra cittadini; di qui nasce la perturbazione della vita pubblica e privata, e gradatamente si scalzano quelle fondamenta dello stato che mal potrebbero essere sostenute e rafforzate dall'autorità delle leggi civili e dei governanti; di qui infine la diffusa decadenza dei costumi a motivo dei licenziosi spettacoli, dei libri, dei giornali e di tanti delitti.

Non neghiamo che in questo campo l'autorità dello stato possa far molto; tuttavia il risanamento di tante sciagure è da ricercarsi in rimedi più profondi. È necessario chiamare in aiuto una forza maggiore di quella umana, che penetri negli animi e li rinnovi con la divina grazia rendendoli col suo ausilio migliori.

Solamente allora sarà lecito sperare che torni a fiorire ovunque la vita cristiana; che i veri principi sui quali si fonda la società si consolidino il più possibile; che intervenga in mezzo alle varie classi sociali una mutua, retta e sincera esumazione delle cose, unita con la giustizia e la carità, e che una buona volta tacciano gli odi, le cui faville dànno esca a nuove miserie e molto spesso spingono gli animi esacerbati al versamento di sangue; che, infine, attenuati e placati i contrasti che si agitano tra le classi alte e basse della società, con imparzialità si compongano e armonicamente coesistano i giusti diritti di ambo le parti, con il vicendevole consenso e il dovuto rispetto, per il comune vantaggio.

Ciò senza dubbio soltanto è reso possibile a fondo e con saldezza dagli insegnamenti della morale cristiana - purché realmente messi in pratica - alla cui attiva e fruttuosa osservanza ci sprona tutti la Vergine Madre. Tenendo nella dovuta considerazione queste cose, venerabili fratelli, invitiamo voi tutti e singoli con la presente lettera enciclica a fare in modo che secondo il vostro ufficio rivolgiate al clero e al popolo a voi affidato un'esortazione per la celebrazione dell'anno mariano che indiciamo ovunque, dal prossimo mese di dicembre sino allo stesso mese dell'anno seguente, nel compiersi cioè del primo centenario da quando la Vergine Madre di Dio rifulse di una nuova gemma, tra il plauso del popolo cristiano, allorché, come dicemmo, il Nostro predecessore di i.m. Pio IX decretò e sancì solennemente la sua immacolata concezione. Confidiamo pienamente che questa celebrazione mariana possa dare quei frutti desideratissimi e salutari che tutti vivamente aspettiamo.

Per raggiungere più facilmente e più efficacemente lo scopo, desideriamo che in ciascuna diocesi siano tenuti al riguardo opportuni discorsi e conferenze, per maggiormente chiarire alle menti questo punto della dottrina cristiana: di modo che la fede del popolo si accresca, arda ogni giorno più la devozione verso la santa Vergine e tutti seguano con operoso volere le vestigia della nostra madre celeste.

E poiché in tutte le città, paesi e villaggi, ovunque fiorisce il cristianesimo, vi è sempre una qualche cappella, o altare almeno, dove rifulge l'immagine della beata vergine Maria esposta alla venerazione del popolo cristiano, Noi desideriamo, venerabili fratelli, che i fedeli vi si rechino con la maggior frequenza possibile e innalzino, con un sol cuore e una sola voce, pubbliche preghiere alla soavissima madre nostra.

Dove poi vi è un tempio in cui la Vergine è maggiormente venerata - il che avviene in quasi tutte le diocesi - in determinati giorni dell'anno vi concorrano pie moltitudini di pellegrini con solenni manifestazioni pubbliche della comune fede e del comune amore verso la Vergine santissima. Ciò senza dubbio si farà soprattutto alla grotta di Lourdes, dove la Vergine immacolata è venerata con tanta fervida pietà.

Ma preceda tutti con l'esempio quest'alma città, la quale fin dai primi tempi del cristianesimo ha avuto un particolare culto alla Madre celeste e propria patrona. Vi sono qui non poche chiese, come è noto, in cui ella è proposta alla pietà dei romani; ma fra tutte, senza dubbio, eccelle la Basilica Liberiana, ove ancora rifulge il mosaico del Nostro predecessore di v.m. Sisto III, monumento insigne della divina maternità di Maria vergine, e dove benignamente arride l'immagine della «Salvezza del popolo romano». Là dunque specialmente accorrano i cittadini a pregare, e davanti a quella sacra immagine tutti elevino i loro voti, chiedendo soprattutto che l'Urbe, centro dell'orbe cattolico, sia altresì a tutti maestra di fede, di devozione, di santità. «Infatti - Ci rivolgiamo a voi figli di Roma con le stesse parole del Nostro predecessore di s.m. Leone Magno benché tutte le chiese diffuse sulla terra debbano fiorire per ogni genere di virtù, a voi tuttavia si addice sopra tutti gli altri popoli primeggiare nel merito della pietà, a voi che, fondati sulla stessa base della rocca apostolica, foste con tutti gli altri redenti da nostro Signor Gesù Cristo e, a preferenza di tutti gli altri, istruiti dal beato apostolo Pietro».(13)

Molte grazie tutti debbono implorare nelle presenti circostanze dall'aiuto della beata Vergine, dal suo patrocinio, dalla sua potenza mediatrice. Chiedano innanzi tutto - come abbiamo già detto - che i propri costumi, con il soccorso della divina grazia, sempre più si uniformino agli insegnamenti cristiani, perché la fede senza le opere è morta (cf. Gc 2,20.26), e perché nessuno può fare convenientemente casa alcuna per il pubblico bene, se prima egli stesso non rifulga come esempio di virtù agli altri.

Chiedano con insistenza che la generosa e balda gioventù cresca sana e pura, né lasci contaminare dall'aria corrotta del secolo e infiacchire nei vizi il bel fiore della propria età; che sappia governare con retta guida le inclinazioni sregolate e l'impulsività ardente e, rifuggendo da ogni insidia, non si rivolga alle cose cattive e dannose, ma elevi il cuore a tutto ciò che è bello, santo, amabile, eccelso.

Chiedano, pregando in comune, che l'età virile e matura si distingua su tutte per onestà e cristiana fortezza; che la società domestica rifulga di un'inviolata fedeltà, sia fiorente per la sana e religiosa educazione dei figli e si rafforzi nella concordia e nel vicendevole aiuto.

Implorino finalmente che i vegliardi si rallegrino dei frutti di una vita spesa nel bene, così che avvicinandosi il termine della vita non abbiano nulla da temere, non siano afflitti da rimorsi o da angosce di coscienza, né abbiano motivo alcuno di arrossire, ma fermamente confidino di ricevere presto il premio della loro lunga fatica.

Chiedano, inoltre, nella preghiera alla divina Madre, il pane per gli affamati, la giustizia per gli oppressi, la patria per i profughi e gli esuli, una casa ospitale per i senza tetto, la debita libertà per coloro che ingiustamente furono gettati in carcere o nei campi di concentramento; il desideratissimo ritorno in patria per coloro che sono ancora prigionieri nonostante che da tanti anni sia terminata la guerra e internamente sospirano e gemono; per coloro che sono ciechi nel corpo o nell'anima la letizia della fulgida luce; e per tutti quelli che sono divisi fra loro dall'odio, dall'invidia, dalla discordia, che ottengano pregando la carità fraterna, l'unione degli animi e quell'operosa tranquillità che è fondata sulla verità, sulla giustizia, sulle relazioni amichevoli.

Desideriamo in modo speciale, o venerabili fratelli, che con le ardenti preghiere che saranno elevate a Dio nella prossima celebrazione dell'anno mariano, si chieda supplichevolmente che, sotto l'auspicio della Madre del divin Redentore e Madre nostra dolcissima, la chiesa cattolica possa finalmente ovunque godere della libertà che le compete e che essa, come insegna la storia, adoperò sempre a vantaggio dei popoli e mai a loro rovina, sempre per raggiungere la concordia dei cittadini, delle nazioni, delle genti, e mai per dividere gli animi.

Tutti sanno in quali tribolazioni viva, in alcuni luoghi, la chiesa e da quali menzogne, calunnie, spoliazioni sia travagliata; tutti sanno come in alcune regioni i vescovi siano miseramente dispersi, incarcerati senza motivo, o talmente ostacolati da non potere esercitare liberamente, come si conviene, il loro pastorale ministero; tutti sanno infine che in quei luoghi non si possono avere scuole proprie, né pubblicamente per mezzo della stampa si può insegnare, difendere, propagare la dottrina cristiana e educare convenientemente la gioventù secondo i suoi insegnamenti. Quelle esortazioni, pertanto, che a tale riguardo spesso, quando si è presentata l'occasione, vi abbiamo indirizzato, insistentemente ve le ripetiamo per mezzo della presente lettera enciclica, nella piena fiducia che in questo anno mariano dovunque siano innalzate supplichevoli preghiere alla potentissima vergine Madre di Dio e soave Madre nostra, affinché quei sacri diritti che competono alla chiesa e che sono richiesti dallo stesso rispetto della libertà e della civiltà, siano riconosciuti apertamente e sinceramente da tutti, con sommo vantaggio di ognuno e incremento della comune concordia.

Questa nostra parola, che Ci è dettata da un fervido senso di carità, desideriamo giunga anzitutto a coloro che, costretti al silenzio e circondati da ogni genere di insidie, vedono con animo addolorato la loro comunità cristiana afflitta, turbata e priva di ogni umano aiuto. Anche questi dilettissimi fratelli e figli Nostri, in strettissima congiunzione con Noi e con gli altri fedeli, interpongano presso il Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione (cf. 2 Cor 1, 3), il potentissimo patrocinio della vergine Madre di Dio e Madre nostra, e chiedano a lei celeste aiuto e divine consolazioni. Mentre perseverano con indomabile animo nella fede dei padri, facciano proprie in questi gravi frangenti le seguenti parole del Dottore Mellifluo, quasi distintivo di cristiana fortezza: «Staremo in piedi e combatteremo sino alla morte, se sarà necessario, per nostra madre (la chiesa), con le armi che ci saranno consentite: non con gli scudi e le spade, ma con la preghiera e le lacrime a Dio».(14)

Anche coloro che sono separati da Noi per l'antico scisma e che del resto Noi amiamo con animo paterno, li invitiamo a unirsi a queste comuni preghiere e a queste suppliche, poiché ben sappiamo che essi hanno in somma venerazione la grande Madre di Gesù Cristo e ne celebrano la concezione immacolata. La medesima beata vergine Maria riguardi tutti quei cristiani, congiunti almeno dai vincoli della carità, che rivolgono a lei supplichevoli gli occhi, gli animi, le preghiere, impetrando quella luce che illumina le menti di uno splendore soprannaturale, e chiedendo quella unità per la quale finalmente si faccia un solo ovile sotto un solo pastore (cf. Gv 10, 16).

A queste preghiere comuni siano associate pie opere di penitenza; l'amore alla preghiera, infatti, fa sì che «l'animo sia sostenuto, si prepari alle cose ardue, si innalzi alle cose divine; la penitenza ci fa ottenere il dominio su noi stessi, specialmente sul corpo, il quale per il peccato originale è fortemente ribelle alla ragione e alla legge evangelica. È evidente che queste virtù sono strettamente congiunte tra loro, e vicendevolmente si sostengono e mirano insieme all'identico scopo di distaccare l'uomo, nato per il cielo, dalle cose caduche, e di sollevarlo quasi a un celeste commercio con Dio».(15)

Siccome però ancora non ha brillato sui popoli e nelle anime una pace solida, sincera, tranquilla, si sforzino tutti i fedeli piamente pregando di raggiungerla e consolidarla felicemente e pienamente; in modo che, come la beata Vergine ci donò il Principe della pace (cf. Is 9, 6), ella stessa con il suo patrocinio e con la sua tutela congiunga gli uomini tra loro in amichevole concordia. Solo allora essi potranno godere quel tanto di serena prosperità che è possibile ottenere nel breve corso della vita, quando tra loro non saranno separati da invidie, lacerati miseramente da discordie, né sospinti violentemente a lottare tra loro con minacce e fraudolenti consigli; ma, fraternamente uniti, si scambieranno tra loro il bacio di quella pace che è «tranquilla libertà»(16) e che, sotto la guida della giustizia e l'aiuto della carità, fa delle diverse classi dei cittadini e delle diverse genti e nazioni una sola famiglia unita, come si conviene, e concorde.

Il divin Redentore, auspice e mediatrice l'amorevolissima Madre sua, voglia nella maniera più larga e consolante portare a compimento questi Nostri ardentissimi voti, ai quali, come pienamente confidiamo, corrisponderanno i voti non solo di tutti i Nostri figli ma anche di tutti coloro ai quali stanno a cuore gli interessi della civiltà cristiana, e il progresso civile.

Intanto sia propiziatrice dei divini favori, e testimonianza del Nostro affetto paterno, la benedizione apostolica che a voi tutti e singoli, venerabili fratelli, insieme al clero e ai fedeli a voi affidati, impartiamo con effusione di cuore.

Roma, presso San Pietro, l'8 settembre, festa della natività di Maria ss.ma, nell'anno 1953, XV del Nostro pontificato.

 

PIO PP. XII


(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Fulgens corona quibus Annus Marianus ubique gentium celebrandus indicitur, primo exeunte saeculo a definito dogmate immaculatae conceptionis B. Mariae Virginis, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos, aliosque locorum Ordinarios, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 8 septembris 1953: AAS 45 (1953), pp. 577-592.

Ricordata la ricorrenza centenaria della definizione dogmatica dell'Immacolata e la conferma di Lourdes, la lettera richiama gli argomenti teologici della stessa verità definita da Pio IX, ne rimuove le difficoltà, ne rileva la relazione con la definizione dogmatica dell'Assunta e gli influssi di pietà e di santificazione nei fedeli più che mai auspicabili e necessari. A questo scopo indice l'Anno mariano universale, di cui precipua manifestazione saranno i pellegrinaggi ai santuari mariani locali e diocesani per chiedere a Maria le grazie più necessarie ai singoli e alla chiesa: specialmente quella di una vera pace.

(2) Bulla dogm. Ineffabilis Deus (8 dec. 1854): EE 2/app.

(3) Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(4) Bulla dogm. Ineffabilis Deus, passim: EE 2/app.

(5) Cf. Bulla dogm. Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(6) Carmina Nisibena, ed. Bickell, 123.

(7) Cf. PIUS XI, Enc. Lux veritatis: AAS 23(1931), p. 493ss; EE 5/820ss.

(8) Cf. Summa theol., I, q. 25, a. 6 ad 4. 

(9) CORNELIUS A LAPIDE, In Matth., I, 16.

(10) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app. 

(11) Bulla Ineffabilis Deus: EE 2/app.

(12) AAS 42(1950), p. 754s; EE 6/1936. 

(13) Serm. III, 14: PL 54, 147-148.

(14) S. BERNARDUS, Epist. 221, 3: PL 182, 36.387.

(15) LEO XIII, Enc. Octobri mense (22 sept. 1891): Acta Leonis XIII, XI, p. 312; EE 3.

(16) CIC., Phil., II, 44.

 



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