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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI LAVORATORI DEGLI STABILIMENTI FIAT DI TORINO*

Domenica, 31 ottobre 1948

 

Siate i benvenuti, diletti figli e figlie, da Torino, da questa industriosa metropoli, cui il moderno lavoro e la moderna tecnica hanno dato un volto speciale fra le città d'Italia; benvenuti nella eterna Roma, eterna non solo per le opere e il valore degli uomini, ma per quella divina virtù del Vangelo, di cui l'Apostolo Paolo parla sul principio della sua Lettera ai Romani (1, 16), per il sangue dei Principi degli Apostoli, che l'hanno sublimata a maestra di verità, per la Sede di Pietro e dei suoi Successori nella lunga serie dei Romani Pontefici.

Quale impulso o quale brama vi ha qui condotti, uomini e donne del lavoro, del modernissimo ed oggi anche così urgente lavoro nei celebri Stabilimenti « Fiat »? Dal luogo delle vostre indefesse fatiche voi siete venuti in pellegrinaggio al centro della Santa Chiesa Cattolica, perchè siete persuasi che nè il solo lavoro, nè la sua più perfetta organizzazione e il più potente attrezzamento valgono a formare ed assicurare la dignità del lavoratore, ma bensì la religione, e tutto ciò che da questa è nobilitato e santificato. L'uomo è immagine di Dio uno e trino, e quindi anch'egli persona, fratello dell'Uomo-Dio Gesù Cristo e con lui e per lui erede di una vita eterna: ecco qual è la sua vera dignità.

Se mai alcun uomo al mondo, certamente il lavoratore deve sempre più convincersi ed impregnarsi di questa verità. Si è già da molto tempo affermato e si continua ad affermare che la religione rende il lavoratore fiacco e rilassato nella vita quotidiana, nella difesa dei suoi privati e pubblici interessi, che essa come oppio lo addormenta, acquietandolo interamente con la speranza di una vita dell'al di là. Manifesto errore! Se la Chiesa nella sua dottrina sociale insiste sempre sul riguardo dovuto all'intima dignità dell'uomo, se essa richiede per l'operaio nel contratto di lavoro il giusto salario, se esige per lui una efficace assistenza nelle sue necessità materiali e spirituali, quale ne è il motivo, se non che il lavoratore è una persona umana, che la sua capacità di lavoro non deve essere considerata e trattata come una « merce », che la sua opera rappresenta sempre una prestazione personale?

Precisamente quei rinnovatori del mondo, che rivendicano per sè la cura degli interessi degli operai quasi come un loro proprio monopolio e dichiarano che il loro sistema è il solo veramente « sociale », non tutelano la dignità personale del lavoratore, ma fanno della capacità produttiva di lui un semplice oggetto, di cui la « società » dispone a sua piena volontà e a suo intero arbitrio.

La Chiesa, diletti figli e figlie, vuole e cerca sinceramente il vostro bene. Essa vi dice che la libertà umana ha i suoi limiti nella legge divina e nei molteplici doveri che la vita porta con sè; ma al tempo stesso essa si adopera e si adoprerà fino all'ultimo, affinchè ognuno, nella felicità del focolare ed in tranquille e oneste condizioni, possa trascorrere i suoi giorni in pace con Dio e con gli uomini (cfr. 1 Tim. 2, 1-2). La Chiesa non promette quella assoluta eguaglianza, che altri proclamano, perchè sa che la umana convivenza produce sempre e necessariamente tutta una scala di graduazioni e di differenze nelle qualità fisiche e intellettuali, nelle interne disposizioni e tendenze, nelle occupazioni e nelle responsabilità. Ma in pari tempo essa assicura la piena eguaglianza nella dignità umana, come anche nel cuore di Colui, che chiama a sè tutti quelli che sono affaticati e aggravati, e li invita a prendere sopra di loro il suo giogo, per trovare pace e riposo alle loro anime, perchè il suo giogo è soave e leggiero il suo carico (cfr. Matth. 28-30).

In tal guisa, per tutelare la libertà e la dignità umana, e non per favorire gl'interessi particolari di questo o di quel gruppo, la Chiesa respinge ogni totalitarismo di Stato, nè coi pensieri dell'al di là indebolisce la giusta difesa dei diritti (lei lavoratori sulla terra. Piuttosto quei rinnovatori del mondo, a cui abbiamo accennato, mentre fanno balenare agli occhi del popolo il miraggio di un avvenire di chimerica prosperità e d'irraggiungibile ricchezza, con la superstizione della tecnica e della organizzazione sacrificano la dignità della persona umana e la felicità domestica agli idoli di un malinteso progresso terreno.

La Chiesa, sperimentata educatrice della umana famiglia e fedele alla missione affidatale dal suo divino Fondatore, proclama la verità dell'unica perfetta beatitudine che ci è preparata nel cielo. Ma appunto perciò pone i fedeli saldamente e potentemente sul terreno della realtà presente. Poichè il Giudice supremo, che ci attende al termine della vita terrestre sulla soglia della eternità, ammonisce tutti, in alto e in basso, di far uso coscienziosamente dei doni ricevuti da Dio, di evitare ogni ingiustizia e di trarre profitto da ogni occasione per opere di amore e di bene. Tale è l'unica misura di ogni vero progresso, perchè questo allora soltanto è genuino e non fittizio, se è anche avanzamento verso Dio e nella somiglianza con lui. Tutte le misure puramente terrene del progresso sono una illusione, staremmo per dire una irrisione dell'uomo in mezzo ad un mondo, che è sotto la legge del peccato originale e delle sue conseguenze, e il quale perciò, mentre anche con la luce e con la grazia divina è imperfetto, senza questa luce e questa grazia cadrebbe in un abisso di miseria, d'ingiustizia e di egoismo.

Soltanto questa idea religiosa dell'uomo può condurre altresì ad una unica concezione delle sue condizioni di vita. Dove Dio non è principio e fine, dove l'ordinamento della sua creazione non è per tutti guida e misura della libertà e dell'azione, la unità fra gli uomini è inattuabile. Le condizioni materiali della vita e del lavoro, prese da sè sole, non possono mai costituire il fondamento della unità della classe lavoratrice sulla base di un'asserita uniformità d'interessi. Non significherebbe forse questo un far violenza alla natura e non creerebbe soltanto nuove oppressioni e divisioni nella famiglia umana. in un momento in cui ogni onesto lavoratore aspira ad un ordine giusto e pacifico nella privata e pubblica economia e in tutta la vita sociale?

Diletti figli e figlie: Ogni legittimo potere sugli uomini non può trarre origine ed esistenza che dalla potestà di Colui, il quale per sua natura la possiede in cielo ed in terra, senza limiti di tempo e di spazio: Gesù Cristo, che domina sui grandi del mondo, il quale ci ama e ci ha redenti dal peccato col suo sangue; a cui è gloria e impero pei secoli (cfr. Apoc. 1, 5-6). A Lui vada il tributo della vostra adorazione e della vostra gratitudine. Mettetevi al suo servizio per aprire al suo « regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace » il cammino nelle file dei vostri compagni e delle vostre compagne di officina, affinchè ai raggi che emanano da Lui, sole di giustizia e fornace ardente di amore, ogni sentimento peccaminoso, ogni invidia, ogni odio, ogni discordia si dileguino e la pace di Dio regni nei cuori, nelle case e negli opifici, nelle città e nelle campagne, nei datori di lavoro e nei prestatori di opera, nel proprio popolo, e in tutte le nazioni. Perchè al Padre piacque che per Lui fossero seco riconciliate tutte le cose, sia della terra che del cielo (cfr. Col. 1, 20).

Con questo voto, impartiamo di cuore a voi, alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari, ai vostri compagni e alle vostre compagne di lavoro, come pegno ed auspicio delle più elette grazie, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, X,
 Decimo anno di Pontificato, 2 marzo 1948 - 1° marzo 1949, pp. 265 - 268
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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