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RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII 
AI MALATI DI TUTTO IL MONDO

Lunedì, 21 novembre 1949

 

Agli ammalati,
che nel giorno stabilito
hanno offerto le loro sofferenze
per la salvezza delle anime
nell’anno del Giubileo.
 

Quante volte, ricevendo e benedicendo le folle dei pellegrini raccolti presso il Padre comune dei fedeli, il Nostro ansioso pensiero è corso verso gli assenti, verso di voi soprattutto, diletti figli e figlie, infermi e malati, d’Italia e di tutto il mondo, impediti come siete di unirvi agli altri, perché inchiodati sulla croce dei vostri dolori.

Quante volte abbiamo sentito stringente nel cuore il desiderio di venire a voi, di passare in mezzo a voi, in qualche modo come faceva Gesù nella sua vita terrena sulle sponde del lago, lungo le vie, nelle case, e come fa ora nella sua vita eucaristica, all’ombra dei grandi Santuari mariani, benedicendo e guarendo. Ma come venire a voi, dispersi su tutta la superficie della terra, di cui non un solo angolo è immune dalla malattia e dalla sofferenza?

Allora abbiamo pensato di visitarvi con la Nostra parola, di far pervenire la Nostra voce fino alle estremità del mondo, per raggiungere tutti senza eccezione, dovunque voi siete, negli ospedali, nei sanatori, nelle cliniche, nelle case private, parlare a ciascuno di voi, nella intimità, come se ognuno di voi fosse il solo, e chini sul vostro giaciglio, farvi sentire tutta la tenerezza del Nostro affetto paterno, applicare ai vostri dolori il balsamo che, se non sempre guarisce, sempre almeno conforta e solleva, il balsamo della Passione del dolce Salvatore nostro Gesù Cristo.

Noi vorremmo, all’approssimarsi dell’Anno Santo e in preparazione a questo grande tempo di grazie, aiutarvi a meglio comprendere ed apprezzare il frutto che voi potete raccogliere dalla meditazione dei patimenti di Gesù, per addolcire la vostra angosciosa sorte con la pazienza, illuminarla con la speranza, trasfigurarla con la coscienza del suo valore e della sua fecondità.

Il balsamo della Passione di Gesù vi darà la pazienza nella prova. Sotto il peso opprimente della malattia, della infermità, acuta o cronica, torturante per la sua intensità o per la sua durata senza fine, alla povera natura crocifissa riesce spesso ben difficile di rassegnarsi, di continuare a credere che Dio l’ama ancora, mentre la lascia tanto soffrire: Crocifissa? Sì; ma guardate Colui che è il « crocifisso » per eccellenza. Lo riconoscete voi? È il Figlio diletto, in cui il Padre si è compiaciuto [1].

Guardatelo, gli occhi negli occhi, e dite al buon Dio che voi credete al suo amore per voi. Distesi forse sopra un disagiato giaciglio, voltandovi ora da una parte ora dall’altra senza trovare mai tregua, guardatelo, immobilitato dai chiodi che lo configgono sul legno ruvido della nuda croce. La vostra gola è riarsa per la febbre? Le medicine sono amare? A Gesù, sul Golgota, non diedero che fiele e aceto [2].

E così a ciascuna delle vostre doglianze, Egli risponde dolcemente: Oh sì; io so quel che è; sono passato per le stesse pene. Avendo preso su di me tutti i dolori, sono anche per propria esperienza compassionevole e misericordioso.

Questo balsamo sosterrà anche la vostra speranza. Può essere che talvolta la sentiate vacillare. Quella sofferenza dura da tanto tempo! Durerà dunque così per sempre? Forse non è che una vostra impressione; ovvero, ahimè, è un male umanamente incurabile, e voi lo sapete! Voi avete pregato, ma forse non avete ottenuto né la guarigione né un miglioramento, e perciò vi credete abbandonati. Allora un senso di sconforto invade il vostro cuore, e vinti dalla sofferenza e dalla tristezza, lasciate sfuggire dal vostro labbro un gemito. Finché esso non trascende a mormorazione, il Padre vostro celeste non ve ne muove rimprovero. Egli vi sente quasi un eco del lamento del suo Figlio diletto, alla cui voce parve rimaner sordo. Guardate dunque Gesù. Prostrato nell’agonia. Egli aveva pregato: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. Nondimeno soggiunge subito: Però si faccia non la mia volontà, ma la tua! Moribondo sulla croce aveva gridato: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? E quindi, obbediente sino alla morte, Egli esclama: Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito. Ma, dopo, vedetelo risuscitato, glorioso, beatificato per tutta l’eternità. No, la vostra sofferenza non durerà per sempre. Aprite il vostro cuore alla speranza immortale e dite con l’afflitto Giobbe: So che il mio Redentore vive e che nell’ultimo giorno io risorgerò dalla terra, . . . nella mia carne vedrò il mio Dio [3]. Ascoltate l’Apostolo S. Paolo, il quale v’insegna che i patimenti del tempo presente non hanno proporzione con la futura gloria, che si manifesterà in noi [4].

Questo balsamo infine metterà nei vostri dolori una dolcezza ineffabile, perché la Passione di Gesù vi rivela la fecondità della sofferenza per voi, per gli altri, per il mondo. Più che per tutto il resto, voi soffrite nel sentirvi inattivi, inoperosi, inutili, di peso per coloro che vi circondano, e gemete per la vostra vita stroncata e sterile. Eppure non è forse vero che la malattia, serenamente sopportata, affina lo spirito, suscita nell’animo alti pensieri, ai cuori sviati mostra la vanità e la stoltezza dei piaceri mondani, risana le piaghe morali, ispira generosi propositi? Ma vi è di più. Guardate la Croce, guardate tutti quelli che hanno sofferto! Con le sue parole e coi suoi esempi Gesù ha ammaestrato gli uomini; coi suoi miracoli è passato facendo il bene; ma con la sua Passione e la sua Croce ha salvato il mondo: « Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi, quia per Crucem tuam redemisti mumdum ». Lo stesso Gesù, esortandovi a portare la vostra croce e a seguirlo, v’invita, per ciò stesso, a cooperare con Lui all’opera della redenzione. Come il suo Padre celeste ha inviato lui, così Egli invia voi; e la missione, che Egli vi affida, Noi, suo Vicario quaggiù, la confermiamo e la benediciamo. Cari malati, cari infermi, durante il prossimo Anno Santo, Noi facciamo assegnamento sui lavori e sulle preghiere di tutti i fedeli, ma anche più Noi contiamo sulla santa sofferenza che, unita alla Passione di Gesù, dà all’azione degli uni e alla contemplazione degli altri, la loro perfezione e la loro efficacia.

Il balsamo di questa Passione, che vi fortifica con la pazienza e con la speranza nella vostra prova, che ve ne fa apprezzare l’incomparabile valore e la sovrana potenza, è lungi dall’irrigidirvi in una orgogliosa parvenza d’insensibilità, che non avrebbe nulla di comune con la filiale conformità alla volontà del Padre divino. Questa conformità non chiude né il cuore né le labbra alla preghiera, ma le dona il profumo dell’incenso, che il fuoco fa salire sino al trono di Dio.

Sì, o Gesù; che la Nostra preghiera, unita ai dolori della tua Santissima Madre, porti con sé anche quella di quanti soffrono nella loro propria carne o nella carne di coloro che essi amano più della loro vita. Volgi il tuo sguardo verso quel povero padre di famiglia, ridotto dalla malattia all’inazione, che non può più nutrire col sudore della sua fronte ed educare i figli ancor piccoli. Volgilo verso quella madre che, stremata di forze, deve lasciare nell’abbandono il focolare, che ella ordinava e dirigeva con tanto amore per il bene e la gioia di tutta la famiglia. Volgilo su quei giovani, pieni di ardore e di virili propositi, i quali non domandavano che di lavorare e di donarsi, e che si vedono invece inchiodati al letto del dolore, mentre tanti altri dissipano follemente la loro salute e il loro giovanile vigore. Volgilo su quelle adolescenti, che si aprivano alla vita e avanzavano sorridenti verso un avvenire ricco di promesse. Volgilo su quegli uomini e quelle donne caritatevoli, provvidenza visibile dei poveri, degli afflitti, degli smarriti, che lascerebbero dietro di loro tanti orfani, quanti sono gl’infelici a cui giungeva la loro mano pietosa.

O Gesù, ascolta la nostra voce, come esaudisti le suppliche del Centurione per il suo servo, del regolo per il suo figlio, di Giairo per la sua figlia morente nel fiore della giovinezza, della Cananea, la cui fede commosse così profondamente il tuo cuore.

Ma se nel segreto dei tuoi adorabili consigli la prova dovesse prolungarsi ancora o non essere abbreviata che dalla morte, oh allora dà agli uni la serenità di un dolce e santo trapasso, agli altri, con la rassegnazione filiale, il pieno godimento dei frutti soprannaturali del Giubileo, la consolazione suprema di adempire, nella invalidità delle loro membra, anzi per mezzo della stessa invalidità, l’alta e salutare missione che hai loro affidata. Dà a quelli, che stanno in lacrime al loro capezzale, la forza d’incoraggiarli con la loro presenza e di unire le loro angosce al dolore della tua purissima Madre ritta ai piedi della tua Croce.

Ed ora, in pegno dei più abbondanti conforti divini, scenda su tutti con l’effusione del Nostro cuore l’Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XI,
 Undecimo anno di Pontificato, 2 marzo 1949 - 1° marzo 1950, pp. 285-288
 Tipografia Poliglotta Vaticana

[1] Cf. Matth., 17, 5.

[2] Matth., 27, 34, 48.

[3] Iob., 19, 25-26.

[4] Rom., 8, 18.

 



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