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  DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI PARROCI E AI QUARESIMALISTI DI ROMA*

Martedì, 6 febbraio 1951

 

Ancora sotto il peso della dolorosa commozione per la repentina perdita del Nostro desideratissimo Cardinale Francesco Marchetti-Selvaggiani, che durante venti anni — e quali anni! e quanto difficili! — consacrò tutto sè stesso al bene della Nostra diocesi di Roma, e che giunto, nella piena freschezza del suo vivacissimo spirito, alla sera della sua lunga e laboriosa giornata terrena, chinò tranquillo il capo, pronto a seguire la voce del Maestro che lo chiamava alla eterna luce, — Noi proviamo un senso di grato conforto nel vedervi oggi riuniti intorno a Noi, sotto la guida del nuovo Nostro Vicario Generale, il Cardinale Clemente Micara, a Noi e a voi carissimo, che con zelo e con amore vi condurrà e vi sosterrà nell'esercizio del vostro santo ed arduo ministero.

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Se questo incontro, diletti figli, non significasse, con l'imminenza del tempo quaresimale e pasquale, il principio per voi di un'accresciuta attività pastorale, l'augurio del Nostro cuore, la Nostra paterna esortazione risonerebbe come un eco dell'invito di Gesù agli Apostoli: Requiescite pusillum (Marc. 6, 31): Riposatevi un poco; concedetevi il tempo necessario per ripassare e approfondire interiormente le ricche esperienze, che avete accumulate in tutto il corso dell'anno passato, dell'Anno Santo. Esso è ora chiuso per Roma; mantenete perciò vivo nella vostra memoria e nel vostro cuore il ricordo delle grandiose manifestazioni di pietà, a cui avete assistito; ravvivatelo come una scintilla sempre presta a riaccendere la fiamma delle vittoriose e gioiose professioni di fede cattolica, e servitevene per il bene spirituale dei fedeli affidati alle vostre cure.

Veramente — Ci è caro di ripeterlo dinanzi a voi — il felice successo dell'Anno giubilare ha superato tutte le aspettazioni, tutte le speranze, tutte le previsioni. Particolarmente in un duplice aspetto.

Innanzi tutto rivediamo ancora in spirito i pellegrini accorsi senza interruzione da tutte le parti del mondo alla Città eterna. Riviviamo l'impressione edificante, che essi davano con l'esempio di una fede ardente e della più fervida devozione. Nel corso della loro storia multisecolare, le grandi Basiliche Patriarcali hanno veduto sfilare nella loro navate tanti magnifici cortei; giammai però forse alcuno eguale a questo, come torrente che incessantemente cresceva, man mano che trascorrevano i dodici mesi dell'anno, e i cui tumidi flutti facevano salire verso Dio, come « voce di molte acque » (Apoc.1, 15), la supplica dei popoli imploranti la misericordia, la grazia e la pace. Spettacolo, il cui incanto affascinava la stessa Roma, « ai trionfi avvezza », testimone già di tante meraviglie.

Anch'essa, alla sua volta, ha ben diritto al tributo di ammirazione, che si è meritata e che ha ricevuto dai pellegrini suoi ospiti, i quali hanno dimostrato di riconoscerla e sentirla come Città Santa. Senza dubbio può avere a ciò contribuito la buona organizzazione, che ha permesso ai « romei », nel tempo così breve e col programma sovraccarico del loro soggiorno, di per correre metodicamente la Roma cristiana, di visitare i suoi più celebri e venerandi santuari, depositari delle memorie più preziose nella storia della Chiesa. In giornate così piene essi hanno appena avuto il tempo di dare uno sguardo all'altra Roma. Ma ciò che li ha colpiti più vivamente, è stata la vista del fervore, della premura, della devozione dello stesso popolo romano, che fino agli ultimi giorni dell'Anno Santo prendeva parte in folle imponenti alle solennità giubilari, unito nella preghiera e nella penitenza ai pellegrini venuti di fuori, gustando con modesta e fraterna fierezza il suo privilegio di essere la comunità cristiana di Roma, erede della comunità primitiva del Principe degli Apostoli.

Di tutto ciò Noi ringraziamo umilmente il Signore. Ma anche a voi, diletti figli, — a voi di cui Dio si é servito, come di suoi ministri, per effondere sulla comunità romana l'abbondanza delle grazie dell'Anno Santo, — si rivolge l'espressione della Nostra riconoscenza. Poichè ben sappiamo con quale lavoro, con Quale dedizione, avete contribuito a un così felice risultato, voi e con voi tutti coloro che, animati spesso da uno zelo commovente, vi hanno apportato senza risparmio la loro cooperazione. Voi avete dovuto, in questi tempi particolarmente difficili, fare sforzi quasi sovrumani, fornire una somma pressochè incalcolabile di abnegazione e di sacrifici. Ma non vi siete prodigati invano, e i frutti raccolti provano la fecondità dell'opera vostra. Siano essi una parte della vostra ricompensa; siano al tempo stesso, per voi e per i vostri collaboratori e collaboratrici, un motivo di solida speranza e un potente impulso a raddoppiare la vostra sollecitudine per coltivare coraggiosamente la vigna del Signore, in questa Nostra amatissima diocesi di Roma.

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Tuttavia, diletti figli, anche l'« altra Roma », che abbiamo or ora sfiorata con una parola, — coloro cioè che vivono ignari o immemori dei comandamenti di Dio e delle leggi della Chiesa, — è pur là.

Quando pensiamo alla presente condizione di cose nelle grandi città — e ciò che vogliamo dire, vale pur troppo non di rado anche più oltre, fino alle remote campagne —, non possiamo allontanare da Noi una grave apprensione: questo mondo palpitante, sospeso fra il ricordo spaventoso di una guerra crudele appena terminata e il timore di un nuovo conflitto, che sarebbe incomparabilmente più atroce, invoca con grida di angoscia la sicurezza della sua esistenza. Voglia Iddio però che della sicurezza, che esso attende, non debba dirsi ciò che S. Agostino nel De civitate Dei (lib. 2 cap. 20) scriveva dei pagani del suo tempo, quando le invasioni barbariche nell'Impero romano apportavano a Roma e nelle provincie, con indicibili sofferenze, i prodromi di una rapida decadenza.

Non vi è forse una somiglianza fra le condizioni di allora e le presenti? E non dovrebbero quindi tutti coloro, che ne hanno una parte di responsabilità, moltiplicare i loro sforzi per dominare e frenare l'invasione del male morale, che ammorba l'aria della vita pubblica e privata?

Ma, per tornare ai doveri della cura pastorale, Noi abbiamo recentemente, nel Nostro ultimo Messaggio Natalizio, reso manifesto l'urgente bisogno, che ora s'impone all'apostolato cattolico, di riconquistare spiritualmente le anime debilitate, illanguidite o vacillanti nella fede. Applicate questo pensiero alla città di Roma. Potreste voi contemplare con fredda placidità il triste stato di quelle anime? Ognuno di voi deve nutrire le intenzioni e adempire la missione del buon Pastore verso tutti coloro che dimorano nel territorio della sua parrocchia.

D'altra parte, è spesso sommamente difficile al sacerdote di avvicinare direttamente alcuni ceti. Ed ecco appunto un vasto campo di lavoro, aperto alla collaborazione dei laici. Non abbiamo necessità di raccomandarvi ancora una volta l'Azione cattolica, la grande organizzazione che tanti segnalati servigi rende alla Chiesa. Ma inoltre Noi sappiamo che alcuni laici cattolici — sotto l'impulso e la direzione del sacerdote — hanno formato piccole società o circoli, ove una o due volte il mese, secondo le circostanze, colleghi di professione, parenti, amici, si adunano per trattare e discutere, con una guida competente, tra gli altri argomenti anche questioni religiose. È sorprendente — Ci si assicura — quante conversioni in quei circoli si sono già ottenute. E col capo di casa o con ambedue i coniugi si è ordinaria mente insieme guadagnata l'intera famiglia.

Simili modi amichevoli di apostolato prendono poi forme svariate per adattarsi ai bisogni e alle possibilità particolari. Così, per esempio, talvolta cattolici ferventi e zelanti invitano nella intimità del loro focolare persone lontane dalla religione e ancora ben lungi dal lasciarsi indurre ad andare in chiesa e assistere alla santa Messa; allora ascoltano insieme alla radio la trasmissione cattolica della domenica o qualche altra lettura religiosa, o forse anche si uniscono per recitare una preghiera in comune.

Ma diranno forse alcuni: questi buoni cattolici, uomini e donne, si contentano di ben poco! Ben poco? Eppure è già qualche cosa, e giova qui di ricordare le parole di Gesù Cristo: « Chi... non è contro di noi, è per noi » (Marc. 9, 40 - secondo il testo greco; cfr. Merk pag. 151). Se non si può, di punto in bianco, ottenere di più, sarà pur sempre un avviamento, che, presto o tardi, faciliterà forse una presa di contatto con la Chiesa almeno nell'uno o nell'altro punto, in attesa di una adesione più piena, che finirà col condurre non pochi ai piedi dell'altare, confortati coi santi Sacramenti.

Con tutto l'animo Noi lodiamo questo lavoro apostolico dei laici e vi esortiamo, diletti figli, a fare ad esso buon viso, a incoraggiarlo e soprattutto a lasciarlo liberamente svilupparsi, sia che quei gruppi rimangano nei limiti della parrocchia o che sì estendano anche fuori, sia che si ricolleghino all'Azione cattolica organizzata oppur no. In ogni caso, è sempre in sè apostolato dei laici, e della miglior lega.

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Noi vorremmo infine invitarvi a considerare un pensiero, che dovrebbe guidare e illuminare tutta la vostra azione pastorale. Dedicatevi ad essa con tutta l'anima vostra, date a tutta la vostra attività l'impronta personale del vostro spirito e del vostro cuore. Così dicendo, Noi intendiamo di mettervi in guardia contro l'eccesso della burocrazia nella cura delle anime. Senza dubbio il buon andamento dell'Ufficio parrocchiale si impone come un obbligo rigoroso. Tuttavia è necessario che i vostri parrocchiani sentano sempre e dappertutto la bontà, l'affezione paterna che fa battere il cuore del pastore. Ognuno dei vostri fedeli deve provarla, deve potervi facilmente avvicinare, e trovare in voi l'ausilio e l'appoggio, a cui corrisponderà la loro fiducia.

Ciò però suppone evidentemente una esatta conoscenza della vostra parrocchia, strada per strada, casa per casa, una veduta sicura delle condizioni religiose, come dei nuovi problemi e bisogni, del popolo che dimora nel vostro territorio; e questa conoscenza esige essa stessa, per essere completa e profonda, una preparazione anche tecnica, alla quale lo schedario parrocchiale offre uno strumento assai utile. Esso permette infatti di trovare in un momento tutte le notizie concernenti ciascuna delle famiglie e ciascuno dei fedeli.

Si dovrà forse per questo dare tutta l'importanza od anche una importanza maggiore a tale documentazione? Essa non deve essere che un aiuto — certo assai prezioso — ai vostri rapporti personali, vivi, coi parrocchiani. Mostrate in una maniera effettiva l'interesse e l'affetto, che nutrite per loro. Occupatevi direttamente della istruzione religiosa dei fanciulli, almeno nelle parti principali. È ben facile — voi ne avete la esperienza — di guadagnare per mezzo dei figli il cuore dei genitori, affine di ricondurli così, quando occorra, alla fede e alle pratiche religiose.

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Ma uno dei vostri impegni più cari nella formazione cristiana degli adolescenti deve essere la cura delle vocazioni ecclesiasti che, e Noi moveremmo a Noi stessi rimprovero, se lasciassimo passare questa occasione senza farvene parola. È un dovere che s'impone da sè stesso, e a cui ogni sacerdote zelante si consacra spontaneamente con amore. Tuttavia la sua gravità è tale che la Chiesa ne ha fatto una prescrizione positiva, e Noi non abbiamo bisogno di ricordarvi il canone 1353 del Codice di diritto canonico, che obbliga particolarmente i parroci, ma anche i sacerdoti in generale, a prendersi cura speciale dei fanciulli, i quali danno segni di vocazione, per conservarli nella virtù, formarli alla pietà, provvedere ai loro primi studi e coltivare il germe prezioso deposto da Dio nei loro cuori.

Chi potrebbe mai pensare che questa legge, promulgata già da oltre trent'anni, abbia perduto qualche cosa della sua forza e della sua necessità? Gli avvenimenti che si sono succeduti, la guerra con le sue conseguenze e tutte le condizioni presenti, non hanno fatto che accrescere la sua urgenza, aggravando i danni derivanti dalla penuria dei sacerdoti, soprattutto in alcune regioni.

Perciò Noi abbiamo anche recentemente, nella Esortazione « Menti Nostrae », richiamato su tale argomento l'attenzione e lo zelo di tutto il clero. Qui, nella intimità di questa Udienza, Noi Ci rivolgiamo con raddoppiata istanza ai sacerdoti di Roma, vogliamo dire al clero, e più specialmente ai parroci, della Nostra amata diocesi. Non è qui il luogo né il momento di presentarvi le statistiche, le quali confermano il lamento doloroso, che giunge spesso al Nostro orecchio, sul numero troppo piccolo dei sacerdoti romani. Queste statistiche le abbiamo avute sotto gli occhi, e potrebbero causare grave sgomento, se il male fosse senza rimedio. Ma non è così. L'esperienza dei sacerdoti, che si dedicano alla cura spirituale della gioventù nelle case di Prima Comunione, nelle Congregazioni mariane, nei circoli di Azione cattolica, nel Piccolo Clero, Ci assicura che in Roma non mancherebbero le vocazioni; ma, affinchè i buoni germi arrivino a maturazione, occorre che siano rettamente coltivati nella parrocchia e nella famiglia.

Il clero parrocchiale è spesso sovraccarico di lavoro, esaurito dal ministero ordinario, dalle esigenze dell'amministrazione, dalle organizzazioni cattoliche. Sarebbe però miglior cosa ridurre alquanto alcune attività più appariscenti, ma meno necessarie, per darsi più intensamente alla formazione della gioventù. Del resto, anche fuori del clero addetto alle parrocchie, quanti ecclesiastici in Roma potrebbero fervorosamente cooperare a una causa così santa, importante fra tutte!

Grazie a Dio, il clero romano può gloriarsi della bella tradizione di quei sacerdoti, i quali, non avendo officio con cura d'anime, si circondavano di giovanetti, che educavano a una vita più pia e generosa, istruivano nei primi elementi, e incammina vano a poco a poco verso il Seminario, offrendo un esempio ammirabile di questo apostolato nobilissimo, che certamente non dovrà mai venir meno.

Ma la Nostra fiducia si dilata nel vedere oggi unito al clero parrocchiale il gruppo eletto dei predicatori quaresimalisti, che apporteranno, in questo tempo sacro, il contributo della loro eloquenza persuasiva, così dal pergamo, come nei rapporti privati coi fedeli. Anche a voi, diletti figli, oratori sacri, raccomandiamo di aiutare, in quanto vi sarà possibile, a scoprire e a di scernere nei cuori dei fanciulli e degli adolescenti i segni di vocazione, e a destare negli animi dei genitori il senso della loro responsabilità, quando il divino Maestro venisse a domandare loro la « parte di Dio », cioè l'uno o l'altro dei figli, per farne un ministro dell'altare. È impossibile che l'influsso della vostra parola, del vostro esempio, delle vostre preghiere, non faccia sentire i suoi benefici effetti.

Sia dunque la preghiera di voi tutti, come anche quella dei vostri fedeli e delle anime sante delle vostre parrocchie, ardente e costante! La Nostra sale incessantemente verso Dio e verso la Regina degli Apostoli, per attirare su di voi e su quanti sono affidati al vostro zelo le più abbondanti grazie divine, in pegno delle quali vi impartiamo con effusione di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII,
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 437 - 443
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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