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RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
PER LA «GIORNATA DEGLI AMMALATI»*

Domenica, 14 febbraio 1954

 

Allorché, docili alle divine ispirazioni, indicemmo nello scorso settembre la celebrazione dell'Anno Mariano, e poco dopo, nella festività della Immacolata, Noi stessi volemmo darne solenne principio dall'aurea Basilica Liberiana, recandoCi colà a deporre le Nostre suppliche ai piedi di Colei che è la « Salute del popolo romano » e delle genti tutte, fin dall'ora pensavamo a voi, diletti figli e figlie malati, con particolare diritto tra i più vicini al Nostro spirito e stretti al Nostro cuore.

Sopra di voi, infatti, si china con amorosa tenerezza la Madre di Dio, premurosa di asciugare le lacrime degli afflitti, ricorrenti al suo materno seno come a porto sicuro tra le tempeste. Parimente su di voi, che della Chiesa di Dio siete preziosi gioielli e valida fonte di spirituali energie, fa assegnamento il Vicario di Cristo, per ottenere in questo anno benedetto i molteplici ed urgenti frutti proposti nella Nostra Enciclica « Fulgens Corona » a salute della umanità e della stessa Chiesa.

Questa viva speranza Ci muove ad indirizzarvi la Nostra parola nella presente giornata, con l'intento di raccogliervi tutti sotto l'amorevole protezione della Madre comune, l'Immacolata, di circondarvi della canta Nostra e di tutti i fedeli che per voi pregano, e di ricordarvi la missione, alla quale vi ha destinati la Provvidenza nella infermità.

Grazie alla tecnica moderna possiamo parlare direttamente a molti malati e Ci auguriamo di poter raggiungere per altra via coloro che non possono ascoltarCi. Certo vorremmo avere la onnipresenza di Dio: vorremmo accostarCi ad ognuno di voi, diletti figli e figlie, languenti nei grandi e piccoli ospedali, nei sanatori, nelle cliniche, negli ospizi, nelle prigioni, nelle caserme, nelle desolate soffitte dei più poveri o nelle appartate camerette delle vostre case. Fanciulli dai volti pallidi come fiori cresciuti senza il calore del sole; giovani, il cui raro sorriso esprime piuttosto la forza dell'animo che non la freschezza dell'età; uomini maturi, sottratti amaramente al dinamismo lor proprio; vecchi, alla cui naturale stanchezza la malattia aggiunge disagi e sofferenze.

Noi abbiamo sempre supplicato Gesù di fare il Nostro cuore in qualche modo simile al Suo: cuore buono, cuore mite, cuore aperto a tutte le sofferenze, a tutte le pene. Ma quanto vorremmo avere un qualche riflesso della onnipotenza di Lui! Come desidereremmo di passare in mezzo a voi, asciugando lacrime, recando conforti, sanando ferite, ridonando vigore e salute!

Dobbiamo accontentarCi di essere con lo spirito in mezzo a voi; sostiamo accanto ai bimbi con cuore di madre; accanto ai genitori trepidanti al pensiero di dover forse lasciare orfani i loro figli. E a ciascuno diamo la Nostra benedizione, pregando Iddio onnipotente, Padre amoroso, di volervi donare, servendosi di essa, quanto ritiene conveniente allo speciale ordine di provvidenza da Lui scelto per ciascuno di voi. E voglia il Signore che al termine di questo Nostro breve, misterioso passaggio fra voi, ognuno senta il benefico effetto spirituale e materiale della Nostra affettuosa benedizione, cosi come il conforto della parola che con tutto cuore vi rivolgiamo.

1.  Ecco: Ci par di vedere là, in quella corsia, un giovane che soffre e soffrendo impreca. Un giorno era forte, era bello; formava l'orgoglio dei genitori, i quali ora hanno lo schianto nel cuore, perché temono di perderlo, minato da un male che non perdona. E il giovane sente quasi sfuggire da lui la vita: addio salute, addio vigore; addio fremiti di speranza; addio progetti carezzati con l'entusiasmo di un fanciullo; addio amore. E il giovane si ribella: « Perché, perchè? Non ho anch'io diritto alla vita? E può un Dio buono lasciarmi tanto soffrire, lasciarmi morire? Che ho fatto di male? ».

Quanti siete, o figliuoli, o figliuole? Quanti avete contraffatto il volto e fremete con l'ira nel cuore e avete l'imprecazione sulle labbra? A voi specialmente vorremmo accostarCi, vorremmo posare dolcemente la Nostra mano sulle fronti bruciate dalla febbre. Vorremmo, con infinita tenerezza, sussurrare a ciascuno di voi: O anima angosciata, perchè ti ribelli? Lascia cadere nel tetro mistero del dolore i raggi di luce che promanano dalla Croce di Gesù! Che aveva fatto Egli di male? Vedi: forse sul tuo lettuccio, nella tua corsia vi è l'immagine della Madonna. Che male aveva Ella fatto? O anima desolata, perchè oppressa dal male, ascolta: Gesù e la sua Madre hanno sofferto, certamente non per propria colpa, ma volenterosamente e con piena conformità al disegno divino. Ti sei mai chiesta perchè?

Forse ti è accaduto di fare il male. Ripensaci. Forse hai offeso Iddio tante volte e in tante maniere. Tu sai che una colpa grave fa meritare alle anime la eterna dannazione; tu invece sei ancora in vita, sotto lo sguardo misericordioso di Dio, tra le braccia amorevoli di Maria. Se dunque il Signore stesse anche castigando una tua colpa, non dovresti per questo imprecare né avvilirti; tu non sei quasi uno schiavo punito da un padrone crudele, ma un figlio di Dio Padre, che non vuole vendicarsi, ma correggerti. Vuole che tu gli dica: « Ho fatto male », per darti il Suo perdono, per ridonarti la vita dell'anima.

Se poi non avessi fatto nulla di male, se tu fossi innocente, non dovresti ugualmente ribellarti. Infatti l'idea del castigo non spiega sempre le infermità e le sventure umane. Ricordi quel che è scritto nel Santo Vangelo? Un giorno Gesù incontrò un cieco nato, e avendogli chiesto i discepoli se aveva peccato lui o i suoi genitori, rispose: « Nè egli, nè i suoi genitori hanno peccato, ma era necessario che fossero manifestate in lui le opere di Dio » (/o. 9, 2-3). Anche le sventure dell'innocente sono dunque misteriosa manifestazione della gloria divina. Per non stancarti con lunghe riflessioni, guarda: ecco là una Madre immacolata e santa; tiene nel suo grembo il corpo esangue del suo divino Figliuolo. Puoi forse pensare che la Madonna addolorata imprechi contro Dio? Che chieda a Lui il perchè di tanta sofferenza? Noi non avremmo la redenzione se quella Madre non avesse veduto il suo Figlio morire fra i tormenti; e non vi sarebbe stata per noi possibilità di salvezza.

Per tutti voi, diletti figli, che non sapete dire ancora l'Amen della rassegnazione e della pazienza, Noi invochiamo la benedizione di Dio, pregandolo affinchè mandi un raggio della Sua luce nelle vostre menti, e cessiate di contrariare con la vostra volontà il pensiero, il volere e l'opera di Lui; affinchè acquistiate la convinzione che la Sua divina paternità rimane amorevole e benevola anche quando giudica necessario di usare il calice amaro del dolore.

2. - Ma non sempre è così, diletti figli; non sempre vi sono anime ribelli, anime che imprecano sotto la pressione della sofferenza. Vi sono, grazie a Dio, anime rassegnate alla divina volontà; vi sono anime serene, anime liete; anime, perfino, che hanno positivamente cercato la sofferenza. Di una, in particolare, Noi udimmo un giorno la storia nel radioso Anno Santo, quando i Nostri figli accorrevano straordinariamente numerosi a Noi da ogni parte del mondo.

Era una giovane di venti anni, modesta di origine, a cui il Signore aveva donato tanta freschezza e insieme tanto candore. Tutti ne sentivano il fascino, perché ella spargeva intorno a sè il profumo di una vita incontaminata. Ma un giorno ella temette di poter divenire occasione di peccato, e avendone avuta quasi un'interiore certezza, andò a ricevere Gesù e in un impeto di generosità gli chiese di toglierle ogni bellezza e perfino la salute. Dio l'esaudì, accettando l'offerta di quella vita per la salvezza delle anime. Noi sappiamo che vive ancora, anche se arde e si consuma come lampada viva davanti al trono della giustizia e dell'amore di Dio. Ella non impreca, non mormora. Non chiede a Dio: « Perchè? ». Ha sempre il sorriso sul volto, mentre conserva perenne nell'anima la calma e la gioia. Bisognerebbe chiedere a lei perchè accetta di soffrire, perché ne gode, perchè ha cercato i patimenti. E come a lei, bisognerebbe chiederlo a migliaia di anime, che si offrono a Dio in silenzioso olocausto.

3.  Diletti figli e figlie! Se al vostro sguardo languido di malati l'universo intero si contrae tetro e pesante nell'angusto spazio di una cameretta, esso riacquista subito alla luce della fede le sue sconfinate dimensioni. La fede non vi farà certo amare la sofferenza per sè stessa, ma vi farà intravvedere per quanti nobilissimi fini la malattia può essere serenamente accettata e perfino desiderata.

Quell'uomo ha molte colpe da espiare, o quanto meno ha delle macchie nell'anima: la sofferenza lo purificherà. Quella giovane donna era già buona, ma non aveva il carattere forte così necessario a chi deve essere sposa e madre : la sofferenza è stata per lei come un fuoco che l'ha temprata, donandole una grande fortezza. Tu, forse, desideravi il martirio : avevi sognato che capitasse anche a te l'occasione di soffrire per Gesù: dà rRn gloria a Dio : questa afflizione del tuo corpo è quasi un'effusione di sangue, è una forma reale di martirio. E tu, vuoi somigliare a Gesù? Vuoi trasformarti in Lui? Vuoi essere strumento di vita per Lui? Nella malattia puoi trovare la croce ed esservi confitto, per morire a te stesso, affinchè sia Egli a vivere servendosi di te. Quanti di voi, diletti figli, vorrebbero aiutare Gesù a salvare le anime! Offrite dunque a Lui le vostre sofferenze secondo tutte le intenzioni, per le quali Egli s'immola continuamente sugli altari. Il vostro sacrificio, unito al sacrificio di Gesù, farà ritornare al Padre molti peccatori; molti infedeli troveranno la vera fede; molti deboli cristiani riceveranno la forza di vivere integralmente la dottrina e la legge di Cristo. E nel giorno in cui sarà svelato in cielo il mistero della Provvidenza nella economia della salvezza, voi intenderete finalmente di quanto vi è debitore il mondo dei sani.

Ecco, diletti figli e figlie, Noi vi lasciamo. Preghiamo Gesù, amico dei sofferenti, di rimanere accanto a voi, di rimanere in voi. Preghiamo la Vergine Immacolata, vostra affettuosissima Madre, di confortarvi col suo sorriso e di proteggervi sotto il suo manto.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XV,
 Quindicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1953 - 1° marzo 1954, pp. 577 - 581
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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