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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AL PRIMO CONVEGNO ITALIANO
DELLA PICCOLA INDUSTRIA*

Aula della Benedizione - Venerdì, 21 gennaio 1956

 

Per la prima volta, diletti figli, voi tenete un Convegno Nazionale, e avete voluto cogliere questa occasione per offrirCi il vostro filiale omaggio. Con particolare compiacimento salutiamo il vostro numeroso gruppo, che rappresenta qui i settanta mila titolari di piccole aziende industriali. Senza dubbio questo primo Congresso, che vi ha riuniti nell'Urbe, rispondeva a una attesa profonda, al vostro desiderio d'incontrarvi in una larga e fraterna adunata con quanti partecipano ad analoghe sollecitudini sociali ed economiche, che conoscono le stesse difficoltà e sperano egualmente di trovare salde e durevoli soluzioni. Noi siamo certi che la vostra attesa non è andata delusa e che voi tornerete alle vostre dimore più fiduciosi nell'avvenire, più illuminati sulle risoluzioni da prendere, e più sicuri della collaborazione e dell'appoggio efficace di quanti hanno l'ufficio di tutelare, difendere e promuovere i vostri legittimi interessi.

Fra i motivi, che giustificavano la convocazione del vostro Congresso, voi avete posto in primo luogo « la rivendicazione della non sostituibile funzione dell'imprenditore privato », la quale manifesta in modo eminente quello spirito di libera intraprendenza, a cui si devono i notevoli progressi effettuati massime nell'ultimo cinquantennio, specialmente nel campo industriale. Questo tema ben corrisponde non soltanto a una esigenza della condizione presente, ma anche all'insegnamento della Chiesa, che attua così nelle applicazioni sociali una dottrina più alta e fondamentale, quella della vocazione trascendente della persona umana e della sua personale responsabilità dinanzi a Dio e alla umana società.

Le parole « impresa privata » potrebbero essere erroneamente comprese, quasi che essa, e particolarmente la piccola industria, fossero abbandonate nella loro organizzazione e nella loro attività alla discrezione del padrone, sollecito unicamente del giuoco dei suoi personali interessi. Ma voi avete esplicitamente affermato le vostre intenzioni, mettendo in rilievo che la tutela della impresa privata e della piccola industria deve essere concepita in riguardo alla collettività nazionale, verso la quale esse hanno diritti e doveri. Il sentimento più netto, che emana da una riunione come la vostra, è quello del considerevole potenziale economico che rappresentano quelle settanta mila aziende industriali. Si pensi alla somma dei servizi resi alla comunità nazionale con tante diverse attività, sia che si tratti della edilizia, o del vestiario, delle derrate alimentari, di meccanica o di elettricità; in tutti questi campi bisogna mettere a vantaggio del pubblico una mano d'opera specializzata, competente, capace di rispondere agilmente a tanti vari bisogni.

Questi caratteri di qualificazione tecnica e di adattabilità alle domande del consumatore imprimono le loro esigenze nella struttura e nell'andamento delle vostre imprese. Noi vorremmo rilevare qui la necessità per i dirigenti di possedere le qualità di vero capo, e per i subordinati il proposito di una collaborazione fiduciosa e sincera con la direzione. Se nelle grandi fabbriche le funzioni del padrone si ripartiscono in diversi settori e si esercitano per mezzo di numerosi impiegati e addetti scelti, esse al contrario tendono nelle piccole imprese ad essere da lui praticate tanto più immediatamente, quanto più il numero dei lavoratori è ristretto. Le difficoltà tecniche, economiche e sociali finiscono quasi sempre col metter capo alla stessa persona, che deve rispondere di tutto, e occuparsi dell'insieme come dei particolari, delle questioni puramente pratiche come dei problemi umani. Ciò suppone, con le qualità intellettuali più varie, un carattere forte e versatile, e soprattutto un senso morale aperto e generoso. Specialmente poi si attende dal capo dell'impresa un intenso desiderio di vero progresso sociale. In molti non manca certo la buona volontà, ma bisogna talvolta osservare che un soverchio attaccamento ai vantaggi economici offusca in una maniera più o meno estesa la percezione dello squilibrio e della ingiustizia di alcune condizioni di vita. Il vostro senso cristiano vi aiuterà certamente a superare questo ostacolo e ad esercitare la vostra autorità in un modo conforme all'ideale del Vangelo.

Un presupposto indispensabile per il felice successo delle piccole imprese è di poter fare assegnamento sulla collaborazione fedele dei loro addetti. Diciamo subito che il fattore determinante di essa sarà il padrone stesso, perchè da lui in primo luogo dipende lo spirito che anima i suoi dipendenti. Se si noterà in lui la cura di porre l'interesse di tutti al di sopra del vantaggio individuale, riuscirà ben più facile di mantenere questa disposizione dei subordinati. I quali comprenderanno senza difficoltà che il capo, cui si sottomettono, non intende di lucrare ingiustamente a loro spese e di profittare al massimo del loro lavoro, ma che invece, provvedendoli dei mezzi per il sostentamento loro e delle loro famiglie, dà ad essi anche il modo di perfezionare le proprie capacità, di fare opera utile e benefica, di contribuire, per quanto è da loro, al servizio della società e alla sua elevazione economica e morale. Allora, in luogo del sentimento deprimente di delusione e di atteggiamenti rivendicatori, si instaurerà un'aura di vivacità, di spontaneità, di apporto volenteroso al miglioramento di una comunità di lavoro, divenuta interessante, comprensiva, costruttiva. Quando una fabbrica, un laboratorio, ha creato un tale spirito, il lavoro riprende tutto il suo significato, tutta la sua nobiltà; diviene più umano, avvicina più a Dio.

Noi vi auguriamo, diletti figli, di continuare a lavorare con ardore e perseveranza, mettendo in opera tutte le vostre facoltà di spirito e di cuore per sviluppare le vostre intraprese nelle vie provvidenziali, ove esse troveranno la prosperità temporale, mentre al tempo stesso aiuteranno i loro membri a compiere il loro destino di uomini e di figli di Dio.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVII,
 Diciassettesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1955 - 1° marzo 1956, pp. 487 - 489
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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