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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE DEI DIRIGENTI
DELLA CONFEDERAZIONE GENERALE DEL COMMERCIO*

Venerdì, 17 febbraio 1956

 

Or sono dieci anni, il 16 febbraio 1946, si costituiva, mediante la fusione delle Associazioni dei Commercianti, che dopo la fine della guerra si erano andate formando nell'Italia centro-meridionale e nelle regioni settentrionali, la vostra Confederazione Generale Italiana del Commercio ». Per celebrare degnamente il decimo anniversario di questo importante avvenimento, voi avete voluto riunire in Roma un « Convegno Nazionale di Dirigenti delle Organizzazioni Sindacali... di tutte le Provincie e di tutte le categorie »; la numerosa assemblea, che abbiamo ora il gradimento di contemplare qui presente, mostra chiaramente quale entusiasmo quel vostro proposito ha suscitato. Siamo certi che gli scambi di vedute, ai quali partecipate in questi giorni, vi ispireranno nuovi motivi per continuare la collaborazione amichevole, che vi ha permesso di perseguire e di attuare tanti scopi utili a ciascuno di voi e all'insieme della professione del commercio.

L'ampiezza del lavoro compiuto dalla fondazione della vostra Confederazione apparisce dai documenti che Ci sono stati cortesemente rimessi, vale a dire la serie delle « Relazioni sull'attività confederale » e gli « Atti » dei diversi Congressi e Convegni tenuti nel corso di questa decade. Essi eloquentemente attestano il posto importante occupato dalle vostre attività nella vita della nazione. Ciò nondimeno non è raro oggidì che l'ufficio del commerciante non sia apprezzato nel suo giusto valore. Si mette in dubbio la sua utilità; si cerca di fare a meno dei suoi servigi; si sospetta che voglia trarre un profitto esagerato dalla sua funzione economica. Ora voi stessi avete il più grande interesse di indagare se questi giudizi sono o no fondati; se forse qua e là il commercio inutilmente protrae e complica il cammino dal produttore al consumatore.. E tuttavia, ora come in tutte le epoche della storia, il commerciante esercita una funzione specifica. Si qualificherebbe male, se si vedesse in lui soltanto un mediatore tra il produttore e il consumatore; è anche questo senza dubbio, e possiede a tal fine una esperienza preziosa acquistata non senza pene e rischi; ma è anche, e in primo luogo, un animatore della economia, capace non soltanto di assicurare la opportuna ripartizione delle merci, ma altresì di incitare efficacemente il produttore a fornire oggetti di migliore qualità e a minor prezzo e ad aprire nella più grande misura al consumatore l'accesso al mercato. Ogni scambio di prodotti, infatti, oltre che soddisfare determinati bisogni o desideri, rende possibile la messa in opera di nuovi mezzi, suscita energie latenti e talvolta inaspettate, stimola lo spirito di intrapresa e d'invenzione. Questo istinto, innato nell'uomo, di creare, di migliorare, di progredire, spiega l'attività commerciale altrettanto e anche più della semplice brama di lucro. Occorre al commerciante una accurata e ben ponderata formazione professionale. Occorre una mente sempre desta per comprendere e seguire i fatti economici nella loro evoluzione, per trattare gli affari con felice esito, per prevedere le reazioni delle masse e la loro psicologia, talvolta di un così gran peso nel giuoco degli scambi. Le solide qualità morali non sono meno indispensabili: il coraggio in periodo di crisi, la tenacia per vincere l'apatia e l'incomprensione, l'ottimismo per rinnovare le formule e i metodi di azione, per cogliere e utilizzare al massimo le probabilità di buona riuscita. Queste qualità voi mettete al servizio della comunità nazionale e avete diritto con ciò alla stima e alla considerazione di tutti.

Affinchè il commerciante possa agire utilmente, ha bisogno di trovare dinanzi a sè un campo aperto, cui un regolamento troppo complicato o troppo stretto non sbarri la via con molti ostacoli. Egli si augura di affrontare una concorrenza leale, operante nelle medesime condizioni in cui egli stesso si trova, e la quale non disponga di privilegi ingiustificabili; e osa al tempo medesimo sperare che imposte troppo numerose e gravose non gli sottraggano una parte eccessiva dei meritati guadagni. Senza dubbio si nutre, ora più che nel passato, il desiderio di assicurare a tutte le classi sociali garanzie che le preservino da contraccolpi e da casi inerenti alle fluttuazioni della economia, che proteggano l'impiego e la retribuzione, che prevedano le malattie e le incapacità suscettibili di ridurre un uomo alla inazione e privarlo dei mezzi di sostentamento. Sono queste ben giuste sollecitudini; in molti casi del resto il sistema di sicurezza sociale non riesce ancora a far cessare condizioni penose e a guarire piaghe sempre aperte. Importa però che la cura della sicurezza non prevalga sulla prontezza al rischio fino al punto di inaridire ogni volontà creatrice, imporre all'impresa condizioni di esercizio troppo pesanti, scoraggiare coloro che vi si dedicano. È pur troppo una tendenza molto umana quella di obbedire alla massima del minimo sforzo, di evitare oneri, di esimersi da una pratica personale per far ricorso al sostegno della società e vivere a spese dì questa. Soluzioni queste ben facili, in cui la responsabilità del singolo si trincera dietro quella della collettività anonima. Se il commerciante ha interessi propri da difendere e far prosperare, se porta egli stesso le conseguenze dei suoi atti, tratterà e risolverà i problemi economici con maggior ardore, maggior abilità e maggior prudenza. Nessuno negherà la necessità di accertamenti, di una vigilanza esercitata dalla pubblica autorità a vantaggio dei commercianti stessi, come del bene comune. Ma sia lecito di augurare che lo Stato sappia rimanere nei limiti della sua funzione di supplire alla intrapresa privata, che la segua, che al bisogno l'aiuti, ma che non si sostituisca ad essa, quando può agire con utilità e buon successo. Tra i due componenti del movimento economico, le forze di progresso e gli elementi di organizzazione, l'equilibrio deve essere mantenuto, se non si vuol cadere nella anarchia o nel ristagno.

Se a voi appartiene di rappresentare nell'economia nazionale l'elemento motore che facilita e stimola gli scambi, voi rivendicate a buon diritto la libertà di compiere veramente ed efficacemente questa funzione, e intendete di farne uso non soltanto al servizio d'interessi privati o di quelli di una determinata categoria, ma anche a profitto di tutto il Paese. Si attende infatti dal commerciante che possieda una coscienza professionale e una integrità riconosciute. Non mancano le tentazioni, conformi alle debolezze della umana natura, di utilizzare procedimenti poco corretti, di attuare guadagni illeciti, di sacrificare la dignità morale all'attrattiva dei beni materiali. Tentazione anche più pericolosa in un tempo, in cui il progresso tecnico e la espansione della economia tendono a consolidare maggiormente negli animi la cura di accrescere al massimo grado la quantità e la diversità dei beni medesimi. Tale aspirazione non è condannabile, finché essa rimane equilibrata dal desiderio anche più vivo di progresso spirituale e dalla volontà di promuovere, così nei singoli, come nei gruppi sociali, il vero disinteresse, la premura di sollevare le sofferenze e le miserie altrui. L'uomo deve persuadersi che il suo destino non si limita a procurare il più comodo assetto della vita temporale. Chi si contenta di questo ideale, non può trovare in sè stesso le energie sufficienti per resistere agl'impulsi meno nobili derivanti dal fondo della sua natura, dagli esempi e dagli allettamenti di coloro in mezzo a cui vive, come anche, pur troppo, dalla necessità di difendersi da simili maneggi provenienti da altri. La libertà d azione economica non può giustificarsi e mantenersi se non a condizione di servire una libertà più alta e di saper al bisogno rinunziare a una parte di sè medesima, per non venir meno a imperativi morali superiori. Altrimenti sarà difficile di frenare l'impulso progressivo verso un tipo di società, la cui organizzazione economica e politica costituisce la negazione stessa di ogni libertà.

Noi facciamo voti che ognuno dei membri delle vostre Associazioni abbia il vanto di esercitare la sua professione non al solo scopo di lucro, ma con la coscienza di compiere un ufficio necessario e altamente proficuo al bene di tutti. Voi avete messo in luce condizioni difficili che vi son fatte oggidì, gli ostacoli che si oppongono al buon esito delle vostre intraprese, gli oneri che pesano gravemente su di voi. Noi ben comprendiamo le ragioni di queste lagnanze. Tuttavia vi esortiamo, pur nella difesa e nella protezione dei vostri interessi, ad usare una giusta moderazione, che tenga conto della condizione della economia generale e dei fattori numerosi e delicati che entrano nel regolamento della struttura sociale. Con la volontà di effettuare le opportune riforme, apportate uno spirito costruttivo, desideroso di rispettare tutti gli aspetti di una realtà economica e sociale assai complessa, senza dimenticare l'essenziale, cioè i valori permanenti di ordine spirituale, che sfuggono a tutte le mire particolari e rimangono i soli capaci di assicurare la salvezza della civiltà moderna.

Possiate nelle ore dello sconforto, e anche più nei momenti del più alto successo, non perdere di vista queste considerazioni, che — amiamo sperare — vi aiuteranno sempre a risolvere felicemente e stabilmente i problemi che travagliano i vostri spiriti nel campo economico e nel campo umano.

Con tale augurio e in auspicio dei più abbondanti favori divini, che invochiamo su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti i membri della vostra Confederazione, v'impartiamo di gran cuore la Nostra Benedizione Apostolica.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVII,
 Diciassettesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1955 - 1° marzo 1956, pp. 545 - 549
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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