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LETTERA ENCICLICA
FAUSTO ASPPETENTE DIE

DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XV
I PATRIARCHI, PRIMATI,
ARCIVESCOVI, VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI
CHE HANNO PACE E COMUNIONE
CON LA SEDE APOSTOLICA
IN OCCASIONE DEL VII CENTENARIO DELLA MORTE
DI SAN DOMENICO DI GUZMÀN

 

Mentre si avvicina il lieto giorno nel quale, settecento anni fa, Domenico, grande astro di santità, passò dalle miserie terrene alle sedi dei beati, a Noi, che da tempo siamo fra i suoi più ferventi devoti, soprattutto da quando cominciammo a reggere la Chiesa di Bologna, che custodisce con religiosissima pietà le sue ceneri, a Noi — diciamo — giunge la grande gioia di poter esortare da questa Cattedra Apostolica il popolo cristiano a celebrare la memoria di un Santo così illustre. Così facendo, non solo intendiamo soddisfare la Nostra devozione, ma riteniamo anche di adempiere ad un grande dovere di gratitudine verso quel Santo legislatore e l’illustre Ordine da lui fondato.

Infatti, come egli fu del tutto uomo di Dio e veramente Dominicus [cioè: uomo del Signore], così fu tutto della santa Chiesa, la quale ha in lui un invincibile campione della Fede. L’Ordine dei Predicatori da lui istituito fu sempre valido baluardo in difesa della Chiesa Romana. Pertanto, non solo può dirsi che Domenico « fu ai suoi giorni ristoratore del tempio » [1], ma che provvide alla difesa di esso anche per il futuro, avverandosi le parole profetiche che Onorio III scrisse nel confermare l’Ordine nascente: «… i frati del tuo Ordine saranno gli atleti della Fede e veri luminari del mondo ».

Certamente, come tutti sanno, per propagare il regno di Dio, Gesù Cristo non si è servito di nessun altro mezzo all’infuori della predicazione del Vangelo, cioè della viva voce dei suoi araldi che avevano il compito di diffondere ovunque la celeste dottrina. Egli disse: « Insegnate a tutte le genti » [2]. « Predicate il Vangelo ad ogni creatura » [3]. Perciò, mediante la predicazione degli Apostoli e soprattutto di San Paolo, alla quale seguì successivamente l’insegnamento dei Padri e dei Dottori, fu possibile illuminare le menti degli uomini con la luce della verità e infiammare gli animi all’amore di tutte le virtù. Utilizzando in pieno tale sistema per la santificazione delle anime, Domenico propose a se stesso e ai suoi discepoli « di partecipare agli altri il frutto delle proprie meditazioni »; perciò, oltre alla povertà, alla purezza dei costumi e all’obbedienza religiosa, impose agli appartenenti al suo Ordine il santo e solenne dovere di attendere allo studio indefesso della dottrina e alla predicazione della verità.

In realtà, tre sono i caratteri della predicazione domenicana: una grande solidità di dottrina, una fedeltà assoluta alla Sede Apostolica ed una singolare devozione verso la Vergine Madre.

Infatti, quantunque Domenico si sentisse chiamato alla predicazione fin dai suoi teneri anni, tuttavia egli non si accinse a questa missione se non dopo avere arricchito nell’Università di Palencia il suo intelletto nelle scienze filosofiche e teologiche, e, sotto la guida dei santi Padri, dopo avere largamente bevuto alle fonti della Sacra Scrittura e specialmente di Paolo. Ben presto si vide quanto fosse profonda la sua dottrina quando egli iniziò le sue dispute contro gli eretici: quantunque questi facessero ricorso a tutti i mezzi e alle più ardite sottigliezze dottrinali per combattere i dogmi della Fede, tuttavia era meraviglioso vedere come egli li confutasse e li respingesse. Ciò si verificò soprattutto a Tolosa, nella città considerata allora il centro e la capitale dell’eresia, dove erano convenuti i più dotti avversari. È concorde la testimonianza degli storici che egli, insieme con i suoi principali compagni, potenti in opere ed in parole, tenne fronte all’insolenza dell’eresia; e non solo impedì che essa si propagasse, ma con la sua eloquente carità addolcì così gli animi che ricondusse migliaia di eretici al seno della Madre Chiesa. Iddio stesso gli venne visibilmente in aiuto mentre combatteva per la Fede; come quando, avendo raccolto la sfida lanciatagli dagli eretici di gettare ciascuno nel fuoco il proprio libro, solo il suo non fu toccato dalle fiamme, restandone inceneriti tutti gli altri. Così, per opera di Domenico, l’Europa fu liberata dal pericolo dell’eresia Albigese.

Egli volle pure che i suoi figli fossero dotati ampiamente di solida dottrina.

Infatti, appena ottenuta dalla Sede Apostolica l’approvazione del suo Ordine e la conferma del nobile titolo di Predicatori, egli fondò i suoi conventi il più vicino possibile alle più celebri Università, affinché più facilmente i suoi alunni potessero dedicarsi ad ogni genere di studi, e un maggior numero di studiosi si aggiungesse a questa nuova famiglia. In tal modo l’Istituto Domenicano ebbe fin da principio la caratteristica di Ordine dotto, e fu costantemente sua cura precipua di risanare i guasti profondi causati dai vari errori e di diffondere la luce della Fede cristiana, dato che nessuna cosa riesce di maggiore ostacolo alla eterna salvezza quanto l’ignoranza della verità e il pervertimento delle opinioni. Non deve pertanto stupire se tutti restarono colpiti e conquistati da questa nuova forma di apostolato, la quale, mentre si basava saldamente sul Vangelo e sulle dottrine dei Padri, tuttavia si faceva apprezzare per la vastità delle cognizioni in ogni disciplina.

Sembrò addirittura che la stessa sapienza di Dio si manifestasse attraverso la parola dei frati domenicani, quando il nuovo Ordine ebbe predicatori ed assertori della Fede Giacinto di Polonia, Pietro Martire, Vincenzo Ferreri, e uomini prestigiosi per ingegno e dottrina come Alberto Magno, Raimondo da Pennafort e Tommaso d’Aquino, quel gran figlio di Domenico, per mezzo del quale specialmente si può dire che « Dio illuminò la sua Chiesa ».

Perciò quest’Ordine fu sempre tenuto in grandissimo conto per il suo insegnamento della verità, e conseguì un altissimo onore quando la Chiesa fece sua la dottrina di Tommaso, salutando questo Dottore con i più insigni elogi dei Pontefici, e lo assegnò alle scuole cattoliche come maestro e patrono.

Insieme a sì fervido zelo nel custodire e difendere la Fede, Domenico nutriva un profondo ossequio verso la Sede Apostolica. È noto infatti che essendosi egli inginocchiato dinanzi a Innocenzo III per consacrare tutte le sue energie alla difesa del Romano Pontificato, nella susseguente notte quel Nostro Antecessore vide in sogno Domenico sostenere vigorosamente coi suoi omeri la Basilica del Laterano vacillante. È altresì conformato dalla storia che mentre Domenico attendeva alla formazione dei suoi primi religiosi, pensò di raccogliere intorno a sé dei laici pii e devoti per creare una santa milizia che lavorasse alla difesa dei diritti della Chiesa e contemporaneamente resistesse validamente all’eresia. Da qui ebbe origine il Terz’Ordine Domenicano, il quale, diffondendo la pratica della perfezione cristiana in mezzo ai secolari, veniva a dare alla madre Chiesa un appoggio e un valido aiuto.

Tramandato dal Fondatore, l’attaccamento a questa Cattedra passò in eredità ai discepoli. Perciò, ogni volta in cui per il dilagare degli errori le menti umane erano smarrite o la Chiesa fu travagliata da rivolgimenti popolari o da prepotenze di prìncipi, questa Sede Apostolica trovò nei Domenicani dei validi patrocinatori della verità e della giustizia che l’aiutarono a conservare il prestigio della sua autorità. E chi non sa quanto sia stato ammirevole a questo riguardo la condotta di quella discepola di Domenico, Caterina da Siena, la quale, animata dalla carità di Gesù Cristo, superando incredibili difficoltà, ottenne quello che nessuno aveva potuto conseguire: persuadere cioè il Sommo Pontefice a far ritorno, dopo 70 anni, alla sua sede di Roma; e, lavorando successivamente, mentre la Chiesa d’Occidente era lacerata da un funesto scisma, a mantenere nella fede un gran numero di cristiani, obbedienti al legittimo Pontefice?

Infine, pur tacendo di altri fatti gloriosi, non si può ignorare che dalla famiglia Domenicana sono usciti quattro Pontefici Romani di grande fama, l’ultimo dei quali, San Pio V, rese immortali servizi alla cristianità e alla società civile quando, dopo insistenti esortazioni, unì in alleanza le forze militari dei prìncipi cattolici alle proprie, e sconfisse per sempre, presso le isole Curzolari, le forze dei Turchi con l’auspicio e l’aiuto della Vergine Madre di Dio, che, a seguito di quell’avvenimento, ordinò fosse invocata quale « Aiuto dei Cristiani ».

Questo episodio mette in splendida luce il terzo elemento che, come dicemmo, caratterizza la predicazione dei Domenicani: la particolarissima devozione verso la grande Madre di Dio. In proposito si narra che il Pontefice apprese per divina visione la vittoria di Lepanto nello stesso momento in cui avveniva, e mentre in tutto il mondo cattolico le pie confraternite invocavano Maria con la preghiera del santissimo Rosario, che il Fondatore dei Predicatori aveva istituita e che in seguito aveva diffuso in tutto il mondo attraverso i suoi discepoli. Infatti, amando la beatissima Vergine con affetto filiale e confidando al massimo grado nel suo patrocinio, Domenico si accinse a sostenere la causa della Fede. Pertanto, nella lotta contro gli eretici Albigesi, i quali, tra le altre verità della Fede, negavano la divina maternità e la verginità di Maria con tantissime ingiurie, egli, nel difendere strenuamente questi dogmi, invocava spessissimo il soccorso della stessa Vergine Madre con queste parole: « Considerami degno che io ti possa lodare, o santissima Vergine; dammi la forza contro i tuoi nemici ».

Con quanta benevolenza la Regina dei cieli corrispondesse alla pietà del suo servo, lo si può facilmente comprendere dal fatto che Ella si servì di lui per insegnare alla Chiesa, sposa di suo Figlio, il suo santo Rosario; cioè quella preghiera che essendo contemporaneamente vocale e mentale — per l’intreccio della meditazione sui principali misteri della religione accompagnata dalla recitazione di quindici Pater e di altrettante decine di Ave Maria — è adattissima ad eccitare e a mantenere nel popolo la carità ed ogni virtù. Quindi giustamente Domenico prescrisse ai suoi discepoli, quando predicavano la parola di Dio, di inculcare spesso e con impegno negli animi degli uditori questa forma di preghiera, della quale conosceva pienamente l’utilità. Sapeva infatti che Maria, per una parte, aveva tanto potere presso il suo Figlio divino che questi concede grazie all’umanità se non attraverso la mediazione e la decisione di Lei, e dall’altra che Ella è per natura così benigna e clemente che, essendo solita a soccorrere spontaneamente gl’infelici, non può assolutamente rifiutare il suo aiuto a coloro che lo chiedono. Pertanto, Colei che la Chiesa saluta abitualmente quale « madre di grazia e madre di misericordia », si è sempre rivelata tale, soprattutto quando si è pregato tramite il Rosario. Conseguentemente, i Pontefici Romani non tralasciarono alcuna occasione per esaltare con somme lodi il Rosario Mariano e per arricchirlo con i tesori dell’Indulgenza Apostolica.

Per la verità — come voi stessi comprendete, Venerabili Fratelli — l’Ordine Domenicano non è attualmente meno opportuno di quanto lo fosse ai tempi del suo Fondatore. Quanti sono, anche oggi, coloro che per mancanza del pane della vita, che è la celeste dottrina, periscono d’inedia; quanti, in mezzo a tanti errori, ingannati da una parvenza di vero, si allontanano dalla Fede! E come potrebbero i sacerdoti, col ministero della divina parola, provvedere come si conviene a tutti questi bisogni, se non fossero pieni di zelo per la salute delle anime e ben preparati nelle scienze divine? Senza dire che non pochi sono gli ingrati e gli immemori fra i figli della Chiesa, i quali per ignoranza o per cattiva volontà, avversando il Vicario di Gesù Cristo, devono essere ricondotti all’amplesso del Padre comune! A sanare pertanto codesti ed altri mali di ogni genere di questo secolo, abbiamo bisogno della materna protezione di Maria!

Perciò i Domenicani hanno dischiuso davanti a sé un campo d’azione quasi infinito, dove possono operare in modo assai utile per il bene comune. Conseguentemente Noi esortiamo quanti appartengono a tale Ordine a rinnovarsi in queste feste centenarie sul modello del loro santo Fondatore, e a diventare sempre più degni del loro grande Padre. Ovviamente, coloro che appartengono al primo Ordine daranno l’esempio, in proposito, agli altri, applicandosi con sempre maggior zelo alla predicazione della parola di Dio al fine di aumentare l’ossequio al successore di San Pietro, la devozione alla Vergine Madre e la conoscenza della verità. Ma anche dai Terziari Domenicani molto si aspetta la Chiesa se, conformandosi sempre più allo spirito del loro Patriarca, cercheranno d’istruire i figli del popolo nella dottrina cristiana. Noi desideriamo e Ci auguriamo che molti di loro si dedichino con assiduità a tale apostolato: si tratta infatti di cosa della massima importanza per la salvezza delle anime. Infine vogliamo che tutti i seguaci di Padre Domenico si prendano una cura speciale affinché il popolo cristiano renda abituale, ovunque, la pratica del Rosario Mariano, che Noi stessi, seguendo l’esempio dei Nostri Predecessori, e specialmente di Leone XIII di felice memoria, per l’occasiono raccomandiamo vivamente in questi tempi calamitosi. Se ciò avverrà, riterremo assai fruttuosa la celebrazione di questa ricorrenza centenaria.

Frattanto, in auspicio delle grazie divine e quale testimonianza della Nostra benevolenza, impartiamo, Venerabili Fratelli, con tanto affetto nel Signore, l’Apostolica Benedizione a voi, al vostro clero e al popolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 29 giugno 1921, festa dei Prìncipi degli Apostoli, nell’anno settimo del Nostro Pontificato.

 

BENEDICTUS PP. XV 

 


[1] 1 Eccli, L, 1.

[2]Matth. XXVIII, 19.

[3] Marc. XVI, 15.

 

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