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INCONTRO CON I BAMBINI DI ROMA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV

30 luglio 1916 

 

Era ben giusto e naturale che all’invito da Noi rivolto a tutti i bambini di Europa affinché in questo giorno, anniversario di luttuoso avvenimento, si accostassero numerosi e ferventi alla sacra Mensa Eucaristica, corrispondessero per primi i Fanciulli della Nostra Roma. Più vicino al cuore del Vicario di Cristo, essi ne veggono più dappresso i bisogni, ne conoscono meglio le aspirazioni, i dolori; nati cittadini di Roma, essi sentono, pur nella loro tenera età, le pulsazioni di quel cuore del mondo, che è la Sede del Papa; discendenti dai fortunati progenitori di nostra fede, portano essi nelle loro vene il sangue di Tarcisio, che spinge il loro cuore verso il Sacramento dell’altare, nel quale vive ogni ragione della loro fede e della loro romanità.

Epperò siamo grati a Lei, signor Cardinale, di averci oggi procurata la soddisfazione di poter contemplare questa eletta e numerosa schiera di fanciulli, che dagli altari e dalla mensa del Dio Invisibile sono venuti fino a Noi, continuatori visibili dell’autorità e della Persona di Cristo: li vediamo, spiranti candore ed amore, portarCi ancor caldo di divino affetto il loro semplice cuore, e li udiamo schiudere al Nostro saluto le incontaminate loro labbra, risonanti tuttora di quella suprema preghiera che della universale comunione abbiamo voluta compagna.

Più volte Ci siamo mestamente domandati se non sia forse difforme dallo spirito di cristiana mortificazione, imperiosamente suggerito dalle condizioni dei tempi, la vita che, lungi dai campi di battaglia, ma non lungi dai conseguenti orrori della guerra, vive anche oggi l’umana società. E purtroppo Ci siam dovuti rispondere che la desolazione, la quale una seconda volta, secondo le parole della Scrittura, dèsola ogni terra, non appare dipinta sui volti; ed anzi, non ostante i richiami al raccoglimento ed alla penitenza, che forti si levano da tante stragi, non sanno gli adulti distaccarsi dalle attrattive della vita mondana.

Tremando perciò sulla salute dell’uman genere, ma non disperando tuttavia del compatimento di Chi fece sanabili i popoli, Noi cerchiamo rifugio in un pensiero ed in un augurio; che piaccia, cioè, alla longanime bontà del Divin Padre attendere, più che alla penitenza dei grandi, alla innocenza dei piccoli. E perciò a voi Ci siamo rivolti, o fanciulli, che come raccogliete tutto l’affetto dei vostri genitori, ne lenite i patimenti e ne formate l’avvenire, così raccogliete l’affetto specialissimo del Padre dei fedeli, ne addolcite le amarezze, ne costituite, le speranze.

Guardando a voi, cari figliuoli, e in voi guardando tutti i fanciulli, che oggi in ogni parte del mondo si sono appressati al Cibo Eucaristico, Noi vediamo in mille facce la stessa immagine di Dio, riflessa nel puro specchio della candida anima vostra, e contrassegnata da quella tal quale onnipotenza, che è propria del vostro labbro supplichevole.

Onnipotenza, in primo luogo, che è figlia della vostra innocenza, poiché al cospetto di Dio è di gran lunga più efficace l’accento di un cuore sempre puro che quello di un cuore penitente e purificato.

Onnipotenza, in secondo luogo, che è compagna della vostra debolezza, essendo che l’Autore di ogni possanza sceglie per confondere la fallace forza del mondo non altro che « infirma mundi ».

Che se tanto vi rendono potenti la vostra innocenza e la vostra fralezza, quanto più vi renderà valevoli la predilezione tutta particolare che vi porta Gesù?

E chi abbracciò mai Gesù Cristo se non i bambini? E chi se non essi Egli raccolse per via, e volle non fossero mai impediti di avvicinarlo? A chi ci impose di renderci somiglianti per entrare nel Cielo? Chi proclamò non doversi mai disprezzare, e chi disse tanto stargli a cuore che chi l’anima ne offenda abbia ad inabissarsi nel mare? Imperocché, per darne la ragione che Gesù ne diede, la sorte e l’autorità dei bambini è tanto grande quanto è quella di un principe ereditario, destinato non già ad un qualunque effimero e vano regno del mondo, ma alla corona del regno dei Cieli: « talium est enim regnum coelum ». Onde essi hanno in Cielo, cioè nel loro regno, i propri Ministri, interpreti presso il Trono di Dio delle loro preghiere, come i Ministri lo sono in terra per le preghiere da Sovrano a Sovrano; e questi loro Ministri, cioè i loro Angeli, non han d’uopo di essere introdotti presso il loro Signore, ma veggono sempre il volto del Padre.

Su questa cotale onnipotenza Noi abbiamo confidato, o bambini, allorché in un anniversario di così lugubri memorie vi abbiamo rivolto l’invito di avanzarvi tutti alla Mensa Celeste.

Del gran motivo che ispirò il Nostro invito, i vostri parroci ed i vostri istitutori, sotto la savia guida del Nostro Cardinale Vicario, non hanno certo omesso di darvi un cenno, proporzionato alla vostra intelligenza.

Ma affinché per tutta la vita vi rimanga scolpito nell’animo il ricordo di questo momento, e sempre abbiate a rammemorare ciò che in epoca così funesta avrete ascoltato dalla bocca stessa del Vicario di Cristo, sappiate anche da Noi, o figliuoli, che, da ben due lunghi anni, gli uomini che già furono innocenti ed amorevoli come voi, e che più non sono né amorevoli né innocenti, si dilaniano e si massacrano. Il vostro cuore, mite per natura e mansueto come quello di Gesù; la vostra fantasia, fatta per le liete immagini e rifuggente dalle orride scene, non abbracciano l’ampiezza delle stragi che l’uomo all’uomo cagiona. Forse taluno fra voi avrà raccolta più viva l’eco del conflitto, dal babbo, dal fratello, dal congiunto strappati alle domestiche mura, partiti per la guerra, e poi rimasti — che Dio nol voglia! — feriti, prigionieri, dispersi. Ma ai più di voi sfugge, fortunatamente, la comprensione del tremendo spettacolo, e basta al vostro intelletto potere oggi accogliere l’idea, maturabile più tardi al lume della storia, essere voi oggi inconsapevoli spettatori della più fosca tragedia dell’odio umano e della umana demenza; ed assistere voi alla più terrificante espiazione, che Iddio, con arcano ed infinito consiglio, abbia mai operata colle braccia stesse della peccatrice società.

Noi, al contrario, Padre di tutti i fedeli, Noi nel cui cuore si ripercuotono e si accentrano i dolori ed i gemiti di tutti i Nostri figli, Noi da ormai quasi due anni soffriamo, esortiamo e preghiamo.

Se non che vane finora riuscirono le Nostre esortazioni a deporre le armi, vano il Nostro invito a cercare colle vie della ragione e della giustizia quell’assetto, che valga a dar termine a questa disonorante carneficina. Ond’è che, come a tavola nel naufragio, Noi abbiamo risoluto di ricorrere alla invocazione del divino soccorso coll’onnipotente mezzo della vostra innocenza.

Forse — pensammo — stanco, se non placato, dal duro fio dei suoi sempre immemori figli, sarà Iddio commosso da un gemito innocente, che è gemito di giusto, come di giusto era il gemito del Figliuol suo Redentore del mondo.

Forse — dicemmo — si rinnoverà ai piedi degli altari il prodigio del figliuolo di Agar, errabondo in solitudine di morte, e condannato a spegnersi in un colla madre. Perduta Agar ogni speranza, e rassegnatasi a perire, « exaudivit Deus vocem pueri… de loco in quo est » (Gen. XXI, 17) e come un Angelo chiamò allora Agar dal Cielo, e le disse: « non temere », così potrà Iddio esaudire l’invocazione di questi bambini « exaudivit Deus vocem puerorum de loco in quo sunt », cioè dall’altare, e affidare alla loro innocenza il messaggio della speranza e della salute.

Stendete adunque, o cari ed onnipossenti fanciulli, una mano al Vicario di Cristo, e confortatene gli indeclinabili voti colle vostre preziose preghiere.

Vi seguiranno nell’umile domanda i vostri genitori, i vostri fratelli, gli adulti tutti delle vostre famiglie?

Sì, vi seguiranno; perché se irresistibile è per Iddio il vostro supplice accento, irresistibile sarà il vostro esempio anche ai cari vostri, dei quali voi siete tutto.

Voi sapete ciò che Noi vogliamo. Noi vogliamo che l’umana società cessi dall’odio e dalle stragi, e, dopo di essere stata così nefandamente degna di Caino, torni ad essere degna di Abele, nelle opere della pace, del lavoro, del perdono.

In che maniera? Sulla maniera Noi non formuliamo progetti, per tema che ai Nostri figli, tutti egualmente a Noi cari, possano non egualmente care riuscire le proposte.

Noi oggi Ci teniam paghi di riaffermare il Nostro voto, e ne rimettiamo il compimento all’Onnipotente di cui teniamo le veci, Dio di giustizia, di misericordia e di perdono. Egli disporrà, al disopra dei disegni degli uomini, ciò che nella economia provvida, saggia ed indulgente delle umane generazioni, vegga essere più conducente a questo sommo ed improrogabile bene.

Intanto siate voi oggi, o figliuoli, in questa Roma e nel mondo intero, massime poi nei tristi luoghi, troppo vasti e troppo luttuosi, dove imperano il ferro ed il fuoco, siate dinanzi a Dio i Nostri Messaggeri di pace. Un solo fanciullo, per lo splendore della sua grazia, commuove il cuore di Dio: un fanciullo solo posto in braccio al navigatore Albuquerque presso il Capo di Buona Speranza, poté altra volta sedare la tempesta e salvare l’equipaggio; e mille fanciulli, migliaia di fanciulli, non moveranno oggi il Cuore di Gesù?

Siate, sì, siate, o diletti, imitatori dei fanciulli degli Ebrei, fattisi incontro al trionfante Signore. Portanti rami di olivo, essi, decoro puerile, offrirono al Pacifico Re gloria, lode ed onore, pio osanna al figliuolo di Davidde. Anche voi innalzate l’olivo, simbolo ormai dimenticato; e fatevi antesignani, imploratori, siam per dire autori della pace.

E Iddio che i figli degli Ebrei risparmiò da morte per il segno del sangue rosseggiante sulle porte delle loro case, a voi, alle vostre famiglie, al mondo intero risparmi ogni ulteriore scorrere di sangue, mercé quello, infinitamente prezioso, che bagnò la croce del Divin Figlio, e che oggi, dopo il mistico banchetto, rosseggia sulle vostre labbra, simbolo ancora una volta della Redenzione e del perdono, che solo può dare Gesù.

La benedizione di Dio affretti l’appagamento di questo voto che Ci esce dal cuore più che dal labbro.



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