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EPISTOLA
QUANDOQUIDEM NON
DEL PAPA BENEDETTO XV
AL R. P. FRANCESCO KORDAC,
ARCIVESCOVO DI PRAGA.
CON LA QUALE INVITA I VESCOVI DELLA BOEMIA
A RIUNIRSI A PRAGA
PER ESAMINARE I PROBLEMI SORTI NELLE LORO DIOCESI

 

Venerabile Fratello,
salute e Apostolica Benedizione.

Dal momento che avevamo offerto non poche testimonianze del Nostro affetto paterno per il popolo Boemo, si era aperta la speranza che presso di voi la Chiesa cattolica potesse raggiungere in breve tempo una migliore condizione. In verità, da ogni parte Ci giunge notizia che quella situazione, se mai, ha cominciato ad aggravarsi; perciò, Venerabile Fratello, dato il tuo zelo pastorale, puoi facilmente comprendere quanto essa Ci rattristi e Ci tormenti. Perciò, sospinti dalla missione di Pastore di tutto il gregge cristiano e sollecitati da un particolare amore per i figli che si trovano in tanti pericoli, pensiamo sia Nostro dovere esortare vivamente te, Venerabile Fratello, e i tuoi confratelli nell’Episcopato, ai quali essi sono strettamente affidati, affinché esaminiate con molta attenzione la presente situazione. Pertanto, perché possiate chiaramente rendervi conto di come stanno le cose e quindi possiate adottare opportuni rimedi, pensiamo sia necessario che quanto prima vi raduniate insieme a Praga. Questo convegno, per la gravità delle questioni da affrontare senza indugio, dovrà svolgersi non oltre la metà del prossimo mese di febbraio. Tu dunque, Venerabile Fratello, non appena avrai ricevuto questa lettera, trasmetterai questa Nostra disposizione ai tuoi colleghi; inoltre vedrai se le condizioni di salute e lo stato della sua Chiesa consentiranno al Nostro diletto Figlio, il Cardinale Arcivescovo di Olomouc, di intervenire al convegno: Noi infatti vorremmo caldamente che egli fosse presente tra voi e che per i suoi meriti, come è giusto, presiedesse il convegno.

È evidente che la situazione si è fatta più grave particolarmente in seguito alla condotta di alcuni sacerdoti, di coloro soprattutto che fanno parte della Associazione del clero boemo detta « Jednota » e che con pervicacia insistono nel chiedere insane novità. Sappiamo che coloro che pretendono tali innovazioni sono sicuramente una esigua parte del clero boemo; tuttavia abbiamo appreso quanto sia sugli altri l’ascendente dei pochi che sono alla presidenza dell’Associazione. Perciò nel prossimo convegno voi dovrete esaminare in primo luogo l’opera di questa Associazione e dovrete considerare attentamente se essa può essere emendata, così che sia salva la sostanza della disciplina ecclesiastica, o se essa sia da sciogliere e si debba proibire a tutti i sacerdoti di aderire ad essa se la stessa continuerà ad esistere contro la Nostra volontà. Circa poi i principali obiettivi che sono stati proposti a tale Associazione, non è necessario ripetere a questo punto ciò che a te dicemmo personalmente quando fosti ammesso alla Nostra presenza, e ciò che dicemmo con grande fermezza a quei sacerdoti che nel mese di giugno ultimo scorso erano stati inviati a Roma da costà per consultazioni: ossia che la legge del celibato ecclesiastico, come principale titolo d’onore del sacerdozio cattolico e fonte delle sue più alte virtù, è da considerare santa e inviolabile, e non accadrà mai che questa Apostolica Sede voglia abolirla o mitigarla. Parimenti non possiamo permettere che il clero rivendichi a sé qualche diritto tra le prerogative di codesta Sede Arcivescovile. Noi stessi abbiamo attentamente considerato la dignità e la grandezza di codesta Sede, e in ogni caso spetta a Noi giudicare se e in che modo sia opportuno promuoverla a più alto grado di onore. È desiderabile che codesto clero, recedendo da tali insane richieste, rimanga fermo nei suoi doveri e che a voi, Venerabili Fratelli, non sia dato motivo di biasimarlo seriamente. Confidiamo che quel clero, che si adorna della gloria e del patrocinio di Giovanni Nepomuceno, insigne come martire del dovere sacerdotale, ubbidirà fedelmente alle leggi sacrosante che lo avvincono, e che anzi sia preparato ad affrontare ogni sacrificio per essere all’altezza delle necessità di questi tempi, e che agisca con voi per rianimare il senso religioso e i costumi di codesto Popolo. Come auspicio di tale evento e come testimonianza della Nostra paterna benevolenza, a te, Venerabile Fratello e agli altri Vescovi che con te si riuniranno, impartiamo con grande affetto la Benedizione Apostolica, propiziatrice della grazia divina.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 3 gennaio 1920, nel sesto anno del Nostro Pontificato.

 

BENEDICTUS PP. XV

 

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