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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI DOCENTI ED ALUNNI DELLA PONTIFICIA SCUOLA
SUPERIORE DI MUSICA SACRA

16 maggio 1918

 

Nell’accogliere una seconda volta alla Nostra presenza la Pontificia Scuola Superiore di Musica Sacra, si rinnovano in Noi quelle dolci impressioni che provammo quando Ci fu dato di accoglierla per la prima volta. Come allora, così adesso sentiamo di dover ravvisare in questa Pontificia Scuola un’eredità carissima lasciataCi dal venerato Nostro antecessore; così adesso come allora, sentiamo di dover fare gran conto del principale istrumento che Pio X, di santa memoria, Ci pose in mano per proseguire l’opera della riforma della musica sacra, da Lui sapientemente iniziata. Vorremmo anzi dire che questo secondo ricevimento, non solo rinnova ma anche accresce la soddisfazione dell’animo Nostro. Se tanto più si apprezza il ferro quanto meglio resiste ai colpi del martello e quanto meno consuma sotto l’azione del fuoco, perché non avremo in gran pregio un Istituto che, dopo di aver resistito al martello delle contraddizioni, non ha ora ceduto al fuoco delle pubbliche calamità?

L’E.mo Protettore della Scuola di musica sacra rilevava testé che l’immane disastro della guerra non ha recato al Nostro Istituto quei gravi danni, che se ne potevano temere; che anzi « non solo non venne mai meno la regolare istruzione, ma agli ordinarii corsi di studio già da due anni altri se ne sono aggiunti nelle ore serali, e in quest’anno, lungi dal diminuire, è cresciuto il numero degli studiosi in tutti i rami d’insegnamento ». Queste nobili e appropriate parole sono riuscite a Noi di molta soddisfazione; ma sentiamo che la compiacenza Nostra dipende principalmente dall’obbligo che abbiamo di attribuire a Dio autore di ogni bene il consolante sviluppo della Pontificia Scuola di musica sacra.

Certamente Ci è grato esprimere anche in pubblico, i sensi del grato animo Nostro verso i generosi benefattori dell’Istituto e in particolar modo verso il Comitato ausiliare, istituito negli Stati Uniti di America da illustri signori e da piissime dame, al fine di compiere la fondazione della Scuola Pontificia. Ma poiché la mano del Signore si vede nelle grandi e nelle piccole cose, ed anche le piccole divengono grandi solo quando da quella mano divina sono formate, chi non attribuirà alla mano del Signore lo sviluppo di una Scuola che ebbe umili principii? Poc’anzi, nell’ascoltare magistralmente eseguito il magnifico mottetto del Palestrina « dextera Domini fecit virtutem », sembrava a Noi che, appunto dalla Pontificia Scuola di musica sacra, uscisse una voce che dicesse di sé: « dextera Domini exaltavit me », e quando abbiamo inteso soggiungere le parole del Salmo che tengono dietro alle citate, avremmo voluto interrompere per appropriarle un’altra volta alla Nostra Scuola di musica sacra, facendole dire che ormai non deve morire, deve anzi sussistere per cantare le glorie del Signore: « non moriar sed vivam et narrabo opera Domini ».

È troppo agevole comprendere che alla sincerità dell’affetto con cui facciamo dire alla Scuola di musica sacra la parola: « non moriar », deve corrispondere dalla Nostra parte il proposito di continuare ad adoperarCi per l’ulteriore sviluppo del benemerito Istituto. Epperò siamo lieti di affermare che Noi non verremo mai meno a quel proposito a cui Ci siamo fin qui ispirati, anzi accoglieremo tutte le forme che Ci appariranno più atte a significare ognor meglio la Nostra benevolenza verso la già fiorente Scuola di musica sacra.

Al coro di lodi in favore di questo Istituto Noi desideriamo che facciano eco anche da lontano i Vescovi, scegliendo tra le fila del loro giovane clero chi possa essere mandato a Roma per compiervi gli studi di musica sacra. E non dubitiamo che, così i professori con la loro paziente assiduità nell’insegnamento, come gli alunni con la loro diligenza nel frequentare le lezioni dei dotti maestri, attesteranno non solo l’altissimo conto in cui tengono la Scuola a cui hanno la sorte di appartenere, ma anche il loro vivo desiderio di adoperarsi in ogni miglior modo per farla prosperare sempre più.

Oh! si accresca di anno in anno il numero dei chierici e dei giovani sacerdoti, che nelle aule della Nostra Scuola superiore e da maestri scelti e valenti apprendano il vero modo di interpretare il canto liturgico della Chiesa e le classiche composizioni della Scuola Romana! Così essi potranno un giorno con maggiore e pratica conoscenza diffondere quanto hanno qui imparato, zelando e promovendo nelle loro diocesi quella mirabile restaurazione della musica sacra a cui mirava Pio X di venerata memoria col magistrale suo Motu proprio.

«Non moriar sed vivam », potranno cantare i cultori della musica sacra ogni qualvolta vedranno tornare alle diocesi d’Italia e dell’estero gli alunni della Nostra Scuola Pontificia; ma l’Angelo del Signore aggiungerà una nota a quel cantico, dicendo: « et narrabo opera Domini ». Narreranno le opere del Signore i sacerdoti, che dalla scuola di Roma avranno imparato a dirigere e ad eseguire « un canto di chiesa che sia preghiera ». Imperocché questo principalmente Ci sta a cuore, che la musica sacra sia un’elevazione dell’anima a Dio. A ciò unicamente intese la sollecitudine di Pio X; a ciò dovranno sempre intendere i Pontefici, custodi dei principii regolatori del canto della Chiesa.

Ci piace sperare che all’appagamento di questo Nostro voto possa concorrere quell’aggregazione alla Nostra Scuola dei cari fanciulli di S. Salvatore in Lauro a cui accennava poc’anzi l’E.mo Protettore con parole di plauso, alle quali congiungiamo volentieri l’assicurazione della Nostra benevolenza. E vi concorrerà anche meglio il desiderato ripristino dell’antica Congregazione di Santa Cecilia se, come auguriamo, indurrà i vari elementi musicali destinati al servizio del culto a far capo alla Pontificia Scuola come a centro artistico per la musica sacra, per averne conforto di istruzione, di vigilanza, e di protezione morale e materiale.

Ma il pieno appagamento dei voti, che formiamo per l’incremento e la prosperità della Pontificia Scuola di musica sacra, Noi non possiamo averlo senza la benedizione di Dio « a quo bona cuncta procedunt ». Questa benedizione, pertanto, invochiamo copiosa su tutti coloro che alla Nostra Scuola dedicano l’intelligente loro zelo o la paziente loro cura. Ne sia confortato anzitutto l’E.mo Protettore, che alla Scuola prende l’interesse di un padre; e coloro che ne secondano lo zelo siano partecipi delle benedizioni ad essi augurate, come già sono delle sollecitudini di lui. La benedizione di Dio allieti pure tutti i maestri, gli alunni e gli studiosi esterni della Nostra Scuola, rallegrando anche le famiglie dei singoli. Oh! nei soavi studii della Scuola possano tutti pregustare le melodie della patria celeste, dove sperano di cantare le glorie di Dio anche coloro che ammirano, ma non sanno imitare, gli armoniosi canti di quaggiù.  

 

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