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DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XV
AI TERZIARI FRANCESCANI
IN OCCASIONE DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE PER IL SETTIMO CENTENARIO DELL'ISTITUZIONE DEL
TERZO ORDINE FRANCESCANO

Cortile di San Damaso
Lunedì, 19 settembre 1921

 

Generalmente il Papa saluta col nome di figli i fedeli adunati alla sua presenza: Noi invece oggi preferiamo salutare i presenti col nome di fratelli.

Non rinunziamo davvero a nutrire sentimenti di benevolenza paterna verso coloro che in questo momento Ci fanno cara corona. Ma essi proclamano di avere a padre San Francesco, e Francesco d’Assisi è pure il nostro padre dolcissimo. I figli di uno stesso padre sono fratelli. Salvete dunque, salvete, o dilettissini fratelli in San Francesco!

Il saluto da Noi preferito sembra destinato ad imprimere alle osservazioni, che per avventura Ci suggerisca l’ora presente, un carattere tanto più spontaneo e famigliare quanto meglio ne esclude l’autoritario, sempre implicito in ogni rapporto tra padre e figli. Epperò colla franchezza di fratello Ci sia dato di esporre le ragioni, per le quali Ci rallegriamo coi numerosi Terziarii Francescani, che da ogni regione d’Italia e da ogni paese dell’estero sono convenuti a Roma per prendere parte al Congresso internazionale, destinato a commemorare il settimo centenario della fondazione del Terz’Ordine secolare di San Francesco.

Se a questa solenne assemblea non avessero preceduto molteplici adunanze regionali o diocesane di Francescani, Noi avremmo temuto che il Congresso Internazionale di Roma potesse mancare di pratica utilità; forse invano avremmo sperato che semplici fiori accademici potessero cambiarsi in durevoli frutti di miglioramenti individuali e sociali.

Ma a Roma Voi avete portato, o fratelli, il risultato degli studii già fatti nelle vostre assemblee; avete portato la somma dei voti e dei propositi, già emessi dalle famiglie dei Terziarii di tutto il mondo Francescano. E perché non dire che a Roma vi ha guidato il desiderio di ottenere autorevole sanzione a quegli studii e a questi propositi? Ora la sanzione autorevole Voi l’avete ottenuta nel fortunato incontro con altri confratelli, sia perché ogni discussione è sempre ordinata a portar luce, sia più specialmente perché siete venuti a far conoscere il risultato dei vostri studi, e la somma dei vostri propositi, dove la luce splende più chiara, come quella che è irradiata dappresso alla Cattedra di verità. Vada dunque il Nostro plauso ai Confratelli convenuti al Congresso di Roma; vada ad essi, non solo per l’atto di fraterna amicizia compiuto verso altri figli di San Francesco, ma anche più specialmente per la circostanza del tempo, e per i savii intendimenti coi quali sono intervenuti al Congresso. Essi stanno ormai per allontanarsi da Roma; ormai sono prossimi a tornare in mezzo ai numerosi confratelli, dei quali nei passati giorni hanno degnamente sostenuto la rappresentanza in questa alma Città. Ma l’autorevole sanzione ottenuta dal Congresso non proclama l’utilità del loro intervento?

Dopo una siffatta sanzione si è naturalmente accresciuto l’ardore dello zelo, con cui già intendevano eseguire i propositi di individuale miglioramento: egli è anzi da credere che questo maggiore entusiasmo non tarderà a diffondersi tra i confratelli, in mezzo ai quali stanno per ritornare i fortunati membri del Congresso Internazionale. Oh! chi non vorrà dunque benedire a questo Internazionale Congresso, anche perché coll’ardore accresciuto nei presenti, e coll’entusiasmo propagato nei lontani, può agevolare l’adempimento delle risoluzioni prese dai Terziari Francescani nelle adunanze, diocesane o regionali, che hanno opportunamente preceduto il Congresso di Roma?

Non potrà negare il suo plauso a questa solenne assemblea chi porrà mente all’efficacia che le risoluzioni, in essa proposte o sanzionate, possono avere pel miglioramento della società, in un’ora nella quale la società ha tanto bisogno di essere migliorata. Imperocché, come già si era potuto ammirare nelle precedenti adunanze particolari, così nel recente Congresso Internazionale « ha aleggiato lo spirito di S. Francesco », giusta l’autorevole parola dell’Eminentissimo Cardinale, che si è fatto interprete di tutta la famiglia Francescana. Ma se lo spirito di San Francesco, come pur osservava testé lo stesso Eminentissimo oratore, è « spirito di concordia, di amore e di pace », chi non dirà che il Congresso di Roma merita di essere apprezzato anche per un altro titolo, quello cioè di aver fatto meglio conoscere i rimedii, dei quali abbisogna la società nell’ora presente, per essere guarita dalle spirituali infermità che sì crudelmente l’affliggono?

È doloroso constatare le agitazioni che il mal seme della discordia, alimentato da fazioni di parte, ha suscitato in mezzo a popolazioni fino a ieri calme e tranquille: stringe il cuore l’aspetto di fratelli che si dilaniano e si uccidono: è certamente alieno dagli usi dei popoli civili il continuare atteggiamenti di guerra fra sudditi di nazioni che, se ieri furono belligeranti, oggi sono strette da trattati di pace. Donde deriva tanta enormità di mali? Dipende dall’oblìo dell’ordine che deve regnare nel mondo; dipende dal non volersi praticamente riconoscere la diversità delle classi che Iddio pose nella societià; dipende dall’errato concetto che tutto finisce quaggiù, senza che i beni dell’esilio si riconoscano ordinati all’acquisto di quelli della patria. Ma a questi errori dell’intelletto, a questi vizii del cuore si oppone direttamente lo spirito di San Francesco, opportunamente definito « spirito di concordia, di amore e di pace ». Oh! come dunque Ci rallegra il sapere che questo spirito ha aleggiato sul recente Congresso! Noi ne argomentiamo, che le risoluzioni informate ad esso non tarderanno ad apparire il buon sale della terra, il rimedio opportuno ai mali dell’epoca nostra.

È lungi da Noi il pensiero che i Terziarii Francescani, convenuti ora al Congresso di Roma, avessero bisogno di cominciare a conoscere i precetti di un amore atto a generare frutti di pace e di concordia. Ma non senza motivo Noi abbiamo detto che i membri del Congresso Francescano debbono allontanarsi da esso più accesi di ardore, o più entusiasmati nell’adempimento di quei doveri, che già conoscevano proprii di Terziarii Francescani. Ci è dunque lecito sperare che l’opera necessaria pel loro miglioramento individuale vorranno coronare con un’azione di apostolato sociale; come dal fuoco si sprigiona la fiamma, quando è ben nutrito di carbone o di legna, e l’aria penetra in mezzo al combustibile, così i Terziarii Francescani, che nel Congresso Internazionale hanno conosciuto ognora meglio lo spirito di San Francesco, devono procurare che dai loro petti si alzi la fiamma dello zelo, e diffonda anche in altri cuori lo spirito di concordia, di amore e di pace.

Oh! dolce e soave speranza di prossima ristorazione sociale! Il miglioramento degli individui è ordinato a quello delle famiglie, e le famiglie migliorate non possono non darci migliorata la società, perché questa si compone di famiglie, come le famiglie sono formate dagli individui. Ma chi non vede quanto potrà essere agevolata la riforma delle famiglie e della società, se gli individui all’immancabile lezione del buon esempio congiungeranno anche l’opera dell’apostolato? Questa cara speranza è così fortemente radicata nell’animo Nostro, che accresce le ragioni, per le quali oggi abbiamo voluto rallegrarCi coi numerosi Terziarii Francescani convenuti al Congresso Internazionale di Roma.

A favorire lo sviluppo della fiamma dello zelo, che dere sprigionarsi dal fuoco di carità acceso nel petto di ogni Terziario, non può mancare l’aura soave della divina grazia, perché lo spirito di San Francesco è spirito di Gesù Cristo. Nondimeno Noi non ci contenteremo che quest’aura spirasse solo in maniera comune nei singoli fratelli nostri in San Francesco. E poiché, senza rinunziare al nome da Noi oggi preferito per salutare i presenti, dobbiamo pur riconoscere che l’altissima dignità, di cui siamo rivestiti senza alcun merito Nostro, Ci autorizza a presentare a Dio le necessità e le aspirazioni della famiglia Francescana; non vogliamo omettere di attirare su di essa, mercé l’apostolica benedizione, una più larga copia di celesti favori.

O Signore! questi cari confratelli si sono testé adunati nel nome tuo, all’ombra del vessillo Francescano. Tu sei stato in mezzo ad essi, come sei sempre « dove due o più persone si raccolgono insieme nel nome tuo ». Ma, ora che tornano alle case loro, deh! tu li accompagni con un aumento di grazia, affinché non solo appariscano migliorati individualmente, ma zelino l’onor tuo e la propagazione dello spirito di San Francesco. A questo fine ti piaccia, o Signore, di rendere efficace la benedizione che Noi impartiamo ad essi, coll’autorità che tu Ci hai data. E questa efficacia non si limiti ai presenti, ma si estenda a tutte le Congregazioni Terziarie del mondo francescano affinché apparisca, e sia confermato dall’esperienza, che lo spirito di San Francesco può migliorare gli individui, può riformare le famiglie, può risanare la società.

 

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