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ENCICLICA
ELAPSO PROXIME ANNO
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XIV

 

Agli Inquisitori del Sant’Offizio delegati contro la perversa eresia.

Il Papa Benedetto XIV.
Diletto Figlio, salute e Apostolica Benedizione.

In data 15 marzo dello scorso anno 1750, fu da Noi pubblicata una Costituzione che incomincia Officii nostri sopra l’immunità locale delle Chiese.

In essa, inerendo alle Costituzioni dei Nostri Predecessori Gregorio XIV, Benedetto XIII e Clemente XII, dopo aver eliminati alcuni cavilli ed alcuni sotterfugi con i quali se ne impediva l’esecuzione, dichiarammo che – rifugiandosi qualche reo di delitto eccettuato in luogo immune – ne dovesse essere estratto ogni volta in cui vi fossero indizi sufficienti alla tortura comprovanti il delitto. Dichiarammo altresì che l’estrazione non si dovesse fare che con l’autorizzazione del Vescovo e con l’intervento di persona Ecclesiastica da designarsi da lui stesso; e che facendosi la consegna alla Curia secolare le si intimassero le censure previste qualora l’Estratto non fosse restituito alla Chiesa, ogni volta che nel prosieguo della causa fossero rimossi gl’indizi che erano contro di lui. E poiché i suddetti Nostri Predecessori avevano stabilito che l’estrazione dal luogo immune potesse essere effettuata soltanto dai Vescovi o da Prelati superiori ad essi, esclusi gl’inferiori, benché Ordinari e benché nullius Dioecesis ed aventi territorio separato, nel qual caso l’estrazione si devolvesse al Vescovo viciniore, Noi pure nella citata Nostra Costituzione stabilimmo nello stesso modo.

1. Come ben sapete, il delitto dell’Eresia è delitto eccettuato, ed il reo non gode dell’asilo nella Chiesa, anche ai sensi della Costituzione di Gregorio XIV che regola l’immunità locale. Poiché nella Congregazione della Santa Inquisizione tenuta, come al solito davanti a Noi, nella Feria quinta il 28 gennaio del corrente 1751, è stato sollevato il dubbio come dovesse praticarsi, ed in qual modo dovesse effettuarsi l’estrazione di un reo d’Eresia dalla Chiesa in cui si fosse rifugiato o per non essere imprigionato, o per essere fuggito dopo l’arresto, oppure condannato alla galera o ad opus o punito con altra pena detentiva, riservammo a Noi, che nell’anno precedente avevamo emanato la predetta Costituzione, di pronunciarci in materia. Questa è la Nostra risoluzione.

2. O si tratta di delitto di Eresia, che è la principale materia di competenza del Tribunale del Sant’Offizio; o si tratta di altri delitti eccettuati che non godono d’immunità; oppure di altri delitti non eccettuati che godono d’immunità ma che appartengono al Tribunale, essendo stati commessi da qualcuno che, essendo sottoposto alla sua giurisdizione, deve essere giudicato dallo stesso.

3. Se si tratta di delitto d’Eresia, essendo già stato determinato dal Nostro Predecessore Giovanni XXI, detto XXII, nella sua Costituzione che comincia Ex parte vestra (nel Bollario Romano al tomo 1) che gli Eretici, o sospetti d’Eresia, e che gli Ebrei convertiti alla Fede Cattolica e che successivamente cadono in apostasia, se si rifugiano nelle Chiese ne siano immediatamente estratti dall’Inquisitore, non intendiamo derogare alla predetta Costituzione. Anzi, ne prescriviamo l’osservanza, ma con la seguente aggiunta: facendosi l’estrazione dalla Chiesa, non si trascuri di effettuarla con il dovuto rispetto alla Casa di Dio; e giacché non è in alcun modo praticabile che prima dell’estrazione si comunichino al Vescovo gl’indizi che si hanno contro il reo, poiché lo vieta la legge del Segreto; e giacché, quand’anche ciò potesse farsi, sarebbe inutile dato che il Santo Tribunale non procede alla cattura se non dispone di una attendibile prova del delitto, non si trascuri però – o prima o dopo la cattura – di darne comunicazione al Vescovo e per il dovuto ossequio alla Dignità e per adempiere come si può a quanto stabilito nelle Costituzioni di Gregorio, Benedetto, Clemente e Nostra. Ciò viene ordinato anche da Noi, essendosi proposto il caso nella Congregazione del Sant’Offizio tenuta davanti al Nostro Predecessore Urbano VIII nella Feria quinta, il 10 giugno 1638, ed essendosi disputato il seguente dubbio: “An Reus de haeresi inquisitus, confugiens ad Ecclesiam, debeat extrahi ab Episcopo vel Inquisitore, il Pontefice “Auditis votis respondit: Reum posse extrahi ab Inquisitore, certiorato, ante, vel post, Ordinario”.

4. Trattandosi poi di altri delitti eccettuati, ma che non sono d’Eresia, ancorché appartengano alla giurisdizione del Sacro Tribunale o per essere stati commessi da qualcuno ad esso sottoposto, o per altro capo d’imputazione, dichiariamo che i rei dei casi non eccettuati debbano godere dell’immunità, e che per i rei dei casi eccettuati, quando non sono rei di Eresia, dovendosi estrarli dalla Chiesa, si osservi puntualmente quanto stabilito nella Nostra Costituzione e nelle altre precedenti: si comunichino al Vescovo gl’indizi sufficienti alla tortura, non ostando qui la legge del Segreto; non si compia l’estrazione se non con l’autorizzazione del Vescovo e con l’intervento di persona Ecclesiastica da designarsi dallo stesso, e nel rispetto di tutto quanto è prescritto nelle predette Costituzioni.

5. Quanto si è detto finora deve essere praticato anche nei confronti di coloro che fuggono dalle carceri, o dalle galere, o dal luogo della loro relegazione e che si rifugiano in qualche Chiesa o luogo immune, in quanto, se sono rei o condannati per il delitto d’Eresia, l’estrazione dovrà essere effettuata dall’Inquisitore dandosene notizia, prima o poi, al Vescovo. Se si tratta di rei o condannati per altro delitto eccettuato, e non per quello d’Eresia, o per altro delitto non eccettuato: quanto ai primi si faccia l’estrazione con l’autorizzazione del Vescovo e con l’intervento di persona Ecclesiastica da designarsi dallo stesso; quanto ai secondi, si lascino nell’Asilo a cui sono ricorsi, ancorché siano scappati dalle galere con le catene, purché non siano ricercati dai Ministri di dette galere o da altri Ministri di giustizia, quando il Vescovo non abbia dalla Sede Apostolica l’indulto di poter estrarre dalle Chiese i fuggiti dalle galere. In questo caso si può ricorrere a lui per riavere nelle mani il fuggitivo e si può anche ricorrere alla Sede Apostolica quando il Vescovo non abbia il predetto indulto, in quanto la Santa Sede non rifiuta in casi particolari di dare ai Vescovi, quando il delitto lo richieda, l’autorità di estrarre dalle Chiese i fuggitivi dalle carceri e dalle galere, benché rei di delitto non eccettuato. Ciò è quanto dovevamo significare agl’Inquisitori, e frattanto impartiamo a ciascuno di loro l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 20 febbraio 1751, undicesimo anno del Nostro Pontificato.

 



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