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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Parole impazzite

Giovedì, 5 dicembre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 280, Ven. 06/12/2013)

 

Le «parole cristiane» svuotate della presenza di Cristo sono come parole impazzite, senza senso e ingannatrici che sfociano nell’orgoglio e nel «potere per il potere». È un invito a un «esame di coscienza» sulla coerenza tra il dire e il fare quello proposto da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì mattina, 5 dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.

Prendendo spunto dalla liturgia odierna, il Pontefice ha ricordato che «molte volte il Signore ha parlato di questo atteggiamento», quello di conoscere la Parola senza però metterla in pratica. Come dice il Vangelo, Gesù «anche ai farisei rimproverava» di «conoscere tutto, ma di non farlo». E così «alla gente diceva: fate tutto quello che dicono, ma non quello che fanno, perché non fanno quello che dicono!». È la questione delle «parole staccate dalla pratica», parole che invece vanno vissute. Eppure «queste parole sono buone» ha avvertito il Papa, «sono belle parole». Ad esempio, «anche i Comandamenti e le beatitudini» rientrano fra queste «parole buone», così come anche «tante cose che Gesù ha detto. Noi possiamo ripeterle, ma se non ci portano alla vita non solo non servono, ma fanno male, ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta».

Nel passo evangelico di Matteo (7, 21.24-27), ha proseguito il Papa, il Signore dice che proprio colui «che ascolta la Parola e la mette in pratica sarà simile a quell’uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia». In fin dei conti si tratta, ha spiegato, di «un’equazione matematica: conosco la Parola — la metto in pratica — sono costruito sulla roccia». La questione essenziale però, ha precisato il Santo Padre, è «come la metto in pratica?». E ha sottolineato che proprio «qui sta il messaggio di Gesù: metterla in pratica come si costruisce una casa sulla roccia». E «questa figura della roccia si riferisce al Signore».

A questo proposito Papa Francesco ha richiamato il profeta Isaia che, nella prima lettura (26, 1-6), dice: «Confidate nel Signore sempre perché il Signore è una roccia eterna». Dunque, ha spiegato il Pontefice, «la roccia è Gesù Cristo, la roccia è il Signore. Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo». Invece «una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo. E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male».

Il Papa ha quindi ricordato lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) che «parlando sulle eresie» ha detto «che un’eresia è una verità, una parola, una verità che è diventata pazza». È un fatto, ha sottolineato il Pontefice, che «quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia». Isaia, ha proseguito, «è chiaro e ci indica qual è questa pazzia». Si legge infatti nel passo biblico: «Il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa». Sì, «coloro che abitavano in alto. Una parola cristiana senza Cristo — ha aggiunto il Pontefice — ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone».

Questa verità, ha spiegato, «è una costante nella storia della salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia». Sono «persone che vanno soltanto dietro una parola, senza Gesù Cristo». Fanno propria una parola che è cristiana «ma senza Gesù Cristo: senza il rapporto con Gesù Cristo; senza la preghiera con Gesù Cristo; senza il servizio a Gesù Cristo; senza l’amore a Gesù Cristo».

Per Papa Francesco «quello che il Signore oggi ci dice» è un invito a «costruire la nostra vita su questa roccia. E la roccia è Lui. Lo dice esplicitamente Paolo — ha precisato — quando si riferisce a quel momento nel quale Mosè colpì la roccia col bastone. E dice: la roccia era Cristo. Cristo è la roccia». Questa meditazione comporta, ha suggerito il Pontefice, «un esame di coscienza» che «ci farà bene». Un «esame di coscienza» che si può fare rispondendo a una serie di domande essenziali. Il Papa stesso le ha esplicitate: «Ma come sono le nostre parole? Sono parole sufficienti in se stesse? Sono parole che credono di essere potenti? Sono parole che anche credono di darci la salvezza? Sono parole con Gesù Cristo? Sempre è Gesù Cristo quando noi diciamo una parola cristiana?». Il Pontefice ha voluto nuovamente precisare di riferirsi espressamente «alle parole cristiane. Perché quando non c’è Gesù Cristo — ha detto — anche questo ci divide fra noi e fa la divisione nella Chiesa».

Papa Francesco ha concluso l’omelia chiedendo «al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà che dobbiamo avere: sempre dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo». E ha chiesto al Signore di aiutarci anche «in questa umiltà di essere discepoli, salvati, di andare avanti non con parole che, per crederci potenti, finiscono nella pazzia della vanità e nella pazzia dell’orgoglio». Che «il Signore — ha concluso — ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo. Fondate su Gesù Cristo».

 



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