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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Tutti abbiamo un angelo

Giovedì, 2 ottobre 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.225, Ven. 03/10/2014)

 

Tutti abbiamo un angelo sempre accanto, che non ci lascia mai soli e ci aiuta a non sbagliare strada. E se sapremo essere come bambini riusciremo a evitare la tentazione di bastare a noi stessi, che sfocia nella superbia e anche nel carrierismo esasperato. È proprio il ruolo decisivo degli angeli custodi nella vita dei cristiani che Papa Francesco ha ricordato, nel giorno della loro festa, durante la messa celebrata giovedì 2 ottobre a Santa Marta.

Sono due le immagini — l’angelo e il bambino — che, ha fatto subito notare Francesco, «la Chiesa ci fa vedere nella liturgia di oggi». Il libro dell’Esodo (23.20-23a), in particolare, ci propone «l’immagine dell’angelo», che «il Signore dà al suo popolo per aiutarlo nel suo cammino». Si legge infatti: «Io mando un angelo davanti a te per custodirti nel tuo cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato». Dunque, ha commentato il Papa, «la vita è un cammino, la nostra vita è un cammino che finisce in quel luogo che il Signore ci ha preparato».

Ma, ha puntualizzato, «nessuno cammina da solo: nessuno!». Perché «nessuno può camminare da solo». E «se uno di noi credesse di poter camminare da solo, sbaglierebbe tanto» e «cadrebbe in quello sbaglio, tanto brutto, che è la superbia: credersi di essere grande». Finendo anche per avere quell’atteggiamento di «sufficienza» che porta a dire a se stessi: «Io posso, io ce la faccio» da solo.

Invece il Signore dà una chiara indicazione al suo popolo: «Vai, tu farai quello che io ti dirò. Tu camminerai la tua vita, ma ti darò un aiuto che ti ricorderà continuamente quello che tu devi fare». E così «dice al suo popolo come dev’essere l’atteggiamento con l’angelo». La prima raccomandazione è: «Abbi rispetto della sua presenza». E poi: «Dai ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui». Perciò oltre a «rispettare» si deve anche saper «ascoltare» e «non ribellarsi».

In fondo, ha spiegato il Papa, «è quell’atteggiamento docile, ma non specifico, dell’obbedienza dovuta al padre, che è proprio dell’obbedienza del figlio». Si tratta in sostanza di «quell’obbedienza della saggezza, quell’obbedienza dell’ascoltare i consigli e scegliere il meglio secondo i consigli». E bisogna, ha aggiunto, «avere il cuore aperto per chiedere e ascoltare consigli».

Il passo del Vangelo di Matteo (18, 1-5.10) propone invece la seconda immagine, quella del bambino. «I discepoli — ha detto il vescovo di Roma commentando il brano — litigavano su chi fosse il più grande tra loro. C’era disputa interna: il carrierismo. Questi che sono i primi vescovi avevano questa tentazione del carrierismo» e dicevano tra loro: «Io voglio diventare più grande di te!». In proposito Francesco ha rimarcato: «Non è un buon esempio che i primi vescovi abbiano fatto questo, ma è la realtà».

Da parte sua «Gesù insegna loro il vero atteggiamento»: chiama a sé un bambino, lo pone in mezzo a loro — riferisce Matteo — e così facendo indica espressamente «la docilità, il bisogno di consiglio, il bisogno di aiuto, perché il bambino è proprio il segno del bisogno di aiuto, di docilità per andare avanti».

«Questa è la strada», ha assicurato il Pontefice, e non quella di stabilire «chi è più grande». In realtà, ha ribadito ripetendo le parole di Gesù, «sarà più grande» colui che diventerà come un bambino. E qui il Signore «fa quel collegamento misterioso che non si può spiegare, ma è vero». Dice infatti: «Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

In pratica, ha suggerito Francesco, «è come se dicesse: se voi avete questo atteggiamento di docilità, questo atteggiamento di stare a sentire i consigli, di cuore aperto, di non voler essere il più grande, quell’atteggiamento di non volere camminare da solo il cammino della vita, sarete più vicini all’atteggiamento di un bambino e più vicini alla contemplazione del Padre».

«Tutti noi secondo la tradizione della Chiesa — ha spiegato ancora il Papa — abbiamo un angelo con noi, che ci custodisce, ci fa sentire le cose». Del resto, ha confidato, «quante volte abbiamo sentito: “Ma, questo... dovrei fare così... questo non va... stai attento!”». È proprio «la voce di questo nostro compagno di viaggio». E possiamo essere «sicuri che lui ci porterà alla fine della nostra vita con i suoi consigli». Per questo bisogna «dare ascolto alla sua voce, non ribellarci». Invece «la ribellione, la voglia di essere indipendente, è una cosa che tutti noi abbiamo: è la stessa superbia, quella che ha avuto il nostro padre Adamo nel paradiso terrestre». Di qui l’invito del Papa a ciascuno: «Non ribellarti, segui i suoi consigli!».

In realtà, ha confermato il Pontefice, «nessuno cammina da solo e nessuno di noi può pensare che è solo: c’è sempre questo compagno». Certo, capita che «quando noi non vogliamo ascoltare il suo consiglio, ascoltare la sua voce, gli diciamo: “Ma vai via!”». Ma «cacciare via il compagno di cammino è pericoloso, perché nessun uomo, nessuna donna può consigliare se stesso: io posso consigliare un altro, ma non consigliare me stesso». Infatti, ha ricordato Francesco, «c’è lo Spirito Santo che mi consiglia, c’è l’angelo che mi consiglia» e per questo ne «abbiamo bisogno».

Il Papa ha invitato a non considerare «questa dottrina sugli angeli un po’ fantasiosa». Si tratta invece di una «realtà». È «quello che Gesù, che Dio ha detto: “Io mando un angelo davanti a te per custodirti, per accompagnarti nel cammino, perché non sbagli”».

In conclusione Francesco ha proposto una serie di domande perché ciascuno possa fare un esame di coscienza con se stesso: «Com’è il rapporto con il mio angelo custode? Lo ascolto? Gli dico buongiorno, al mattino? Gli dico: custodiscimi durante il sonno? Parlo con lui? Gli chiedo consiglio? È al mio fianco?». A questi interrogativi, ha detto, «possiamo rispondere oggi»: ciascuno di noi può farlo per verificare «com’è il rapporto con quest’angelo che il Signore ha mandato per custodirmi e accompagnarmi nel cammino, e che vede sempre la faccia del Padre che è nei cielo».

 



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