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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Salvi a modo nostro

Venerdì, 3 ottobre 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.226, Sab. 04/10/2014)

 

L’uomo vive «dentro di sé il dramma di non accettare la salvezza di Dio», perché vorrebbe «essere salvato a modo suo». E Gesù arriva persino a piangere per questa «resistenza» dell’uomo, riproponendo sempre la sua misericordia e il suo perdono. Insomma, non possiamo proprio dire «Salvaci, Signore, ma a modo nostro!» ha fatto presente Papa Francesco nella messa celebrata venerdì 3 ottobre nella cappella della Casa Santa Marta.

Nel passo del Vangelo proposto dalla liturgia, Luca (10, 13-16) presenta Gesù che «sembra un po’ arrabbiato». E «parla a questa gente per farla ragionare» dicendo: «Se nelle città pagane fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e comparse di cenere, si sarebbero convertite. E voi, no». Così Gesù traccia «proprio un riassunto di tutta la storia di salvezza: è il dramma di non volere essere salvati; è il dramma di non accettare la salvezza di Dio». È come se dicessimo: «Salvaci, Signore, ma a modo nostro!».

Gesù stesso ricorda tante volte «come questo popolo abbia respinto i profeti, abbia lapidato quelli che sono stati loro inviati perché risultavano scomodi». Il pensiero è sempre lo stesso: «Vogliamo la salvezza, ma come noi la vogliamo! Non come la vuole il Signore».

Siamo davanti, ha precisato il Pontefice, al «dramma della resistenza a essere salvati». Si tratta di «una eredità che tutti noi abbiamo ricevuto», perché «anche nel nostro cuore c’è questo seme di resistenza a essere salvati come il Signore vuole salvarci».

Il contesto del brano evangelico di Luca vede Gesù che «parla ai suoi discepoli tornati da una missione». E anche a loro dice: «Chi vi ascolta, ascolta me; chi vi disprezza, disprezza me; e chi disprezza me, disprezza colui che mi ha inviato. Lo stesso hanno fatto i vostri padri con i profeti». Di nuovo è il pensiero di voler «essere salvati» a modo nostro. Certo «il Signore ci salva nella nostra libertà» ha precisato il Papa, aggiungendo però che «noi vogliamo essere salvati non con la libertà, ma con l’autonomia nostra: le regole le facciamo noi».

Proprio «questo — ha fatto notare Francesco — è il dramma delle storie della salvezza, dal primo momento». È anzitutto «un dramma del popolo», perché «il popolo si ribella tante volte, nel deserto per esempio». Comunque, ha aggiunto, «con le prove il popolo matura: è più maturo». E così «riconosce in Gesù un grande profeta e dice anche: Dio ha visitato il suo popolo».

Invece, ha proseguito, «è proprio la classe dirigente quella che chiude le porte al modo col quale Dio vuole salvarci». In questo senso «si capiscono i dialoghi forti di Gesù con la classe dirigente del suo tempo: litigano, lo mettono alla prova, gli fanno trappole per vedere se cade», perché in loro c’è appunto «la resistenza a essere salvati».

Di fronte a questo atteggiamento Gesù dice loro: «Ma io non vi capisco! Voi siete come quei bambini: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. Ma cosa volete?». La risposta è ancora: «Vogliamo fare la salvezza a modo nostro». Ritorna, dunque, «sempre questa chiusura» al modo di operare di Dio.

Poi «quando il Signore va avanti — ha ricordato il Papa — anche nel gruppo vicino a loro incominciano i dubbi». Lo riferisce Giovanni nel sesto capitolo del suo Vangelo, dando voce a quanti dicono di Gesù: «Ma quest’uomo è un po’ strano, come può darci da mangiare il suo corpo? Ma forse è un po’ strano». Probabilmente qualcuno diceva queste cose, ha affermato Francesco, e persino «i suoi discepoli incominciarono a tornare indietro». Così «Gesù guarda i dodici» e dice loro: «Se anche voi volete andare...».

Non c’è dubbio, ha spiegato il Pontefice, che «questa parola è dura: la parola della croce sempre è dura». Ma è anche «l’unica porta di salvezza». E «il popolo credente la accetta: cercava Gesù per guarire» e «per sentire la sua parola». Infatti diceva: «Questo parla con autorità. Non come la nostra classe, i farisei, i dottori della legge, i sadducei che parlavano un linguaggio che nessuno capiva». Per questi tutta la salvezza era nel compimento dei numerosissimi comandamenti «che la loro febbre intellettuale e teologica aveva creato». Ma «il povero popolo non trovava un’uscita di salvezza». La trova invece in Gesù.

Tuttavia alla fine, ha affermato il Papa, «hanno fatto lo stesso dei loro padri: hanno deciso di uccidere Gesù». Il Signore rimprovera questo modo di fare: «I vostri padri hanno ucciso i profeti, ma voi per pulirvi la coscienza, fate loro un monumento bello». Ecco, dunque, che «prendono la decisione di uccidere Gesù, cioè di farlo fuori», perché, dicono, «quest’uomo ci porterà problemi: questa salvezza noi non la vogliamo! Vogliamo una salvezza ben disciplinata, sicura. Questa noi non la vogliamo!». Di conseguenza «decidono anche di uccidere Lazzaro, perché è il testimone di quello che porta Gesù: la vita», in quanto è «risorto dai morti».

«Con questa decisione quella classe dirigente cancella l’onnipotenza di Dio» ha commentato il vescovo di Roma, ricordando che «oggi nella preghiera, all’inizio della messa, abbiamo lodato tanto bene l’onnipotenza di Dio: “Signore che riveli la tua onnipotenza, principalmente nella misericordia e nel perdono”». Il «dramma della resistenza alla salvezza» porta a non credere «nella misericordia e nel perdono» ma nei sacrifici. E spinge a volere «tutto ben sistemato, tutto chiaro».

È «un dramma», ha ricordato Francesco, che «ha dentro anche ognuno di noi». Per questo ha suggerito alcune domande per un esame di coscienza: «Come voglio io essere salvato? A modo mio? Al modo di una spiritualità, che è buona, che mi fa bene, ma che è fissa, ha tutto chiaro e non c’è rischio? O al modo divino, cioè sulla strada di Gesù, che sempre ci sorprende, che sempre ci apre le porte a quel mistero dell’onnipotenza di Dio, che è la misericordia e il perdono?».

Gesù, ha assicurato il Pontefice, «quando vede questo dramma della resistenza, anche quando vede la nostra, piange». Egli «ha pianto davanti alla tomba di Lazzaro; ha pianto guardando Gerusalemme» e dicendo: «Ma tu che uccidi i profeti e lapidi tutti quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali!». E piange anche «davanti a questo dramma di non accettare la sua salvezza, come il Padre la vuole».

Papa Francesco ha invitato perciò a «pensare che questo dramma è nel nostro cuore», insistendo perché ciascuno di noi domandi a se stesso: «Come penso che sia la strada della mia salvezza: quella di Gesù o un’altra? Io sono libero per accettare la salvezza o confondo libertà con autonomia e voglio la mia salvezza, quella che io credo che sia la giusta? Credo che Gesù sia il maestro che ci insegna la salvezza o vado dappertutto ad affittare guru che me ne insegnino un’altra? Un cammino più sicuro o mi rifugio sotto il tetto delle prescrizioni e dei tanti comandamenti fatti da uomini? E così mi sento sicuro e con questa — è un po’ duro dire questo — sicurezza compro la mia salvezza che Gesù dà gratuitamente, con la gratuità di Dio?».

Tutte queste domande, che «ci farà bene oggi farci», culminano nell’ultima proposta del Papa: «Io resisto alla salvezza di Gesù?».

 



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