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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

La grazia del pentimento

Venerdì, 6 ottobre 2017

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.230, 07/10/2017)

Il nostro «primo nome è “peccatore”». Per questo «chiediamo al Signore la grazia di vergognarci» davanti a Dio onnipotente che «ci abbraccia» con tutta la sua misericordia. E «per chiedere perdono la strada giusta ce la indica oggi il profeta Baruc» ha affermato Papa Francesco nella messa celebrata venerdì mattina, 6 ottobre, a Santa Marta.

Infatti «la prima lettura è un atto di pentimento» ha fatto subito notare riferendosi proprio al passo del libro di Baruc (1, 15-22). «Il popolo si pente davanti al Signore e chiede perdono dei suoi peccati: si pente guardando la gloria del Signore e le cose brutte che ha fatto». E «il passo del profeta Baruc incomincia così: “Al Signore, nostro Dio, la giustizia” perché lui è giusto e “a noi il disonore sul volto”».

Dunque, ha affermato il Pontefice, «si sentono così, senza onore e con questo cuore chiedono perdono». E «non dicono: “abbiamo fatto questo, questo, questo, questo…”: le cose che hanno fatto sempre, le dicono in rapporto con il Signore, davanti al Signore». È questo «il modo di pentirsi: tutto il popolo si pentì, in quel momento, e chiede perdono per tutti “gli abitanti di Gerusalemme, per i nostri re e per i nostri capi, per i nostri sacerdoti e i nostri profeti e per i nostri padri, perché abbiamo peccato contro il Signore”».

«Questo vuol dire che tutti siamo peccatori, tutti» ha rilanciato Francesco. Tanto che «nessuno può dire “io sono giusto” o “io non sono come quello o come quella”». Ma riconoscere, piuttosto, che «io sono peccatore». E «io direi che quasi è il primo nome che tutti abbiamo: peccatori» ha affermato il Papa, chiedendosi poi: «Perché siamo peccatori? Abbiamo disobbedito, sempre in rapporto con il Signore: lui ha detto una cosa e noi ne abbiamo fatto un’altra; non abbiamo ascoltato la voce del Signore: lui ci ha parlato tante volte». In effetti, ha insistito, «nella nostra vita ognuno può pensare: “quante volte il Signore ha parlato a me, quante volte non ho ascoltato!”». Per esempio, ha proseguito, «ha parlato con i genitori, con la famiglia, con il catechista, nella chiesa, nelle prediche, ha parlato anche nel nostro cuore: sentiamo la voce del Signore» ma «non abbiamo ascoltato quella voce che ci diceva di “camminare secondo i decreti” che lui aveva dato».

Si legge ancora nel passo di Baruc proposto dalla liturgia: «Noi ci siamo ribellati al Signore nostro Dio». E «il peccato è sempre quello» in quanto «il peccato isolato non esiste». Perché «il peccato sempre è peccato perché è in rapporto con Dio». Anzi, ha spiegato il Pontefice, «il peccato isolato» è nella «descrizione nei libri ma, nella vita, un peccato è sempre una cosa brutta davanti a Dio, nel rapporto con lui». E così, ha proseguito il Papa riprendendo le parole del brano di Baruc, «ci siamo ribellati» a lui, «ci siamo ostinati a non ascoltare la sua voce»: ecco «l’ostinazione del cuore».

«Io penso — ha confidato Francesco — che il profeta ci insegna come pentirci; ci insegna qual è la strada per chiedere perdono, la vera strada». Baruc scrive che «con il peccato ci sono venuti addosso tanti mali»: e questo «perché — ha notato il Papa — il peccato rovina, rovina il cuore, rovina la vita, rovina l’anima: indebolisce, ammala». Si legge ancora nel passo di Baruc: «Non abbiamo ascoltato la voce del Signore» e, anzi, «ognuno di noi, invece di ascoltare la voce del Signore “ha seguito le perverse inclinazioni del suo cuore, ha servito dèi stranieri e ha fatto ciò che è male agli occhi del Signore”».

In sostanza, ha affermato il Pontefice, «il Signore ci ha parlato» ma «ognuno di noi ha fatto il contrario: è caduto nell’idolatria, le piccole idolatrie di ogni giorno, ha fatto quello che è male agli occhi del Signore e ha seguito “le perverse inclinazioni del cuore”».

«Noi sappiamo — ha detto suggerendo di fare una riflessione personale — che nel nostro cuore ci sono tante volte inclinazioni verso i peccati: verso la cupidigia, verso l’invidia, verso l’odio, verso la maldicenza». E «pensiamo» proprio alla «maldicenza: forse voi no — non so — ma quante volte io ho parlato male degli altri? Quante volte io ho sparlato?». La maldicenza, infatti, «è un’inclinazione del cuore: rovinare la vita altrui». Di più: «Noi ci strappiamo le vesti quando sentiamo le notizie delle guerre, ma sparlare è una guerra, è una guerra del cuore per distruggere l’altro». E quando «il Signore ci dice: “no, non sparlare, stai zitto”», invece «io faccio quello che voglio».

È importante dunque, ha fatto presente Francesco, «guardare sempre il peccato in questo rapporto con il Signore che ci ama, ci dà tutto», anche se «noi facciamo quello che vogliamo». Per questa ragione, ha suggerito ancora, «quando noi facciamo l’esame di coscienza o ci prepariamo alla confessione, non dobbiamo fare solamente un elenco dei peccati, come l’elenco telefonico o l’elenco che esce nei supermercati: no». Bisogna invece riconoscere «questo peccato che ho fatto davanti al Signore: Sempre fare il rapporto: “Io ho fatto questo davanti a te”».

Molte volte, ha fatto notare, «andiamo alla confessione con la lista dei peccati — brutti, quello è vero — e buttiamo lì tutto davanti al prete, e rimaniamo tranquilli». Ma, ha proseguito, «io mi domando: dove c’è il Signore, lì? Ho pensato che questo peccato è contro il Signore? “Ah, non mi è venuto in mente”». Eppure «non è una macchia da toglierti, se fosse una macchia basterebbe andare alla tintoria e farsi pulire». Invece, ha spiegato il Papa, «il peccato è un rapporto di ribellione contro il Signore: è brutto in sé stesso, ma brutto contro il Signore che è buono». Allora «se io penso così i miei peccati, invece di entrare in depressione sento quel grande sentimento: la vergogna, il disonore di cui parla il profeta Baruc». Perché «la vergogna è una grazia: sentire vergogna davanti al Signore».

Da qui la proposta di un esame di coscienza personale: «Nessuno risponda, ma sì, si risponda nel cuore: voi avete sentito vergogna davanti al Signore, per i vostri peccati? Avete chiesto la grazia della vergogna, la grazia di vergognarmi davanti a te, Signore, che ti ho fatto questo? Perché io sono cattivo: guariscimi, Signore». E «che il Signore ci guarisca tutti» ha auspicato il Papa, ricordando che la vergogna «apre la porta alla guarigione del Signore».

Da parte sua, ha continuato Francesco, «cosa fa il Signore? Fa quello che abbiamo pregato nell’orazione colletta all’inizio: “Signore, Tu che riveli la tua onnipotenza, soprattutto con la misericordia e il perdono”». Dunque, «quando il Signore ci vede così» dobbiamo «vergognarci di quello che abbiamo fatto e con umiltà chiedere perdono: lui è l’onnipotente, cancella, ci abbraccia, ci accarezza e ci perdona». Ma «per arrivare al perdono la strada è quella che oggi ci insegna il profeta Baruc».

«Lodiamo oggi il Signore — è stata l’esortazione del Papa — perché ha voluto manifestare l’onnipotenza proprio nella misericordia e nel perdono; poi, anche nella creazione del mondo, ma questo è secondo». E «soprattutto nella misericordia e nel perdono e davanti a un Dio così buono, che perdona tutto, che ha tanta misericordia, chiediamo la grazia della vergogna, di vergognarci; la grazia di sentire il disonore». Come scrive Baruc, «al Signore nostro Dio, la giustizia; a noi, il disonore, cioè la vergogna». E «con questa vergogna, avvicinarsi a lui che è tanto onnipotente nella misericordia e nel perdono».



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