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GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 7 luglio 1982

 

1. Durante l’incontro di mercoledì scorso, abbiamo cercato di approfondire l’argomentazione, di cui si serve san Paolo nella prima lettera ai Corinzi per convincere i suoi destinatari che colui che sceglie il matrimonio fa “bene” e chi invece sceglie la verginità (ossia la continenza secondo lo spirito del consiglio evangelico) fa “meglio” (1 Cor 7, 38). Continuando oggi questa meditazione, ricordiamo che secondo san Paolo “chi non è sposato si preoccupa . . . come possa piacere al Signore” (1 Cor 7, 32).

Il “piacere al Signore” ha, come sfondo, l’amore. Questo sfondo emerge da un ulteriore confronto: chi non è sposato si preoccupa di come piacere a Dio, mentre l’uomo sposato deve preoccuparsi anche di come accontentare la moglie. Qui appare, in un certo senso, il carattere sponsale della “continenza per il regno di Dio”. L’uomo cerca sempre di piacere alla persona amata. Il “piacere a Dio” non è quindi privo di questo carattere, che distingue la relazione interpersonale degli sposi. Da una parte, esso è uno sforzo dell’uomo che tende a Dio e cerca il modo di piacergli, cioè di esprimere attivamente l’amore; d’altra parte, a quest’aspirazione corrisponde un gradimento di Dio che, accettando gli sforzi dell’uomo, corona la propria opera col dare una nuova grazia: sin dall’inizio, infatti, quest’aspirazione è stata suo dono. Il “preoccuparsi (di) come piacere a Dio” è quindi un contributo dell’uomo al continuo dialogo della salvezza, iniziato da Dio. Evidentemente ad esso prende parte ogni cristiano che vive di fede.

2. Paolo osserva, tuttavia, che l’uomo legato col vincolo matrimoniale “si trova diviso” (1 Cor 7, 34) a causa dei suoi doveri familiari (cf. 1 Cor 7, 34). Da questa constatazione sembra quindi risultare che la persona non sposata dovrebbe essere caratterizzata da una integrazione interiore, da una unificazione, che gli permetterebbero di dedicarsi completamente al servizio del Regno di Dio in tutte le sue dimensioni. Tale atteggiamento presuppone l’astensione dal matrimonio, esclusivamente “per il Regno di Dio”, e una vita indirizzata unicamente a questo scopo. Diversamente, “la divisione” può furtivamente entrare anche nella vita di un non sposato, il quale, essendo privo da una parte della vita matrimoniale e dall’altra di un chiaro scopo per cui dovrebbe rinunciare ad essa, potrebbe trovarsi davanti a un certo vuoto.

3. L’Apostolo sembra conoscere bene tutto ciò, e si premura di specificare che egli non vuole “gettare un laccio” a colui al quale consiglia di non sposarsi, ma lo fa per indirizzarlo a ciò che è degno e che lo tiene unito al Signore senza distrazioni (cf. 1 Cor 7, 35). Queste parole fanno venire in mente ciò che Cristo durante l’Ultima Cena, secondo il Vangelo di Luca, dice agli Apostoli: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove (letteralmente, “nelle tentazioni”); e io preparo per voi un Regno, come il Padre l’ha preparato per me” (Lc 22, 28-29). Chi non è sposato “essendo unito al Signore”, può essere certo che le sue difficoltà troveranno comprensione: “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, escluso il peccato” (Eb 4, 15). Ciò permette alla persona non sposata non tanto di immergersi esclusivamente negli eventuali problemi personali, quanto di includerli nella grande corrente delle sofferenze di Cristo e del suo Corpo che è la Chiesa.

4. L’Apostolo mostra in che modo si può “essere uniti al Signore”: ciò si può raggiungere aspirando a un costante permanere con lui, a un gioire della sua presenza (eupáredron), senza lasciarsi distrarre dalle cose non essenziali (aperispástos) (cf. 1 Cor 7, 35).

Paolo precisa questo pensiero ancor più chiaramente, quando parla della situazione della donna sposata e di quella che ha scelto la verginità o non ha più il marito. Mentre la donna sposata deve preoccuparsi di “come possa piacere al marito”, quella non sposata “si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito” (1 Cor 7, 34).

5. Per afferrare in modo adeguato tutta la profondità del pensiero di Paolo, bisogna osservare che la “santità”, secondo la concezione biblica, è piuttosto uno stato che un’azione; essa ha un carattere innanzitutto ontologico e poi anche morale. Specie nell’Antico Testamento, è una “separazione” da ciò che non è soggetto all’influenza di Dio, che è “profanum”, per appartenere esclusivamente a Dio. La “santità nel corpo e nello spirito”, quindi, significa anche la sacralità della verginità o del celibato, accettati per il “Regno di Dio”. E, contemporaneamente, ciò che è offerto a Dio deve distinguersi con la purezza morale e perciò presuppone un comportamento “senza macchia né ruga”, “santo e immacolato”, secondo il modello verginale della Chiesa che sta davanti a Cristo (Ef 5, 27).

L’Apostolo in questo capitolo della lettera ai Corinzi, tocca i problemi del matrimonio e del celibato o della verginità in modo profondamente umano e realistico, rendendosi conto della mentalità dei suoi destinatari. L’argomentazione di Paolo è, in una certa misura, “ad hominem”. Il mondo nuovo, il nuovo ordine dei valori che egli annunzia, deve incontrarsi, nell’ambiente dei suoi destinatari di Corinto, con un altro “mondo” e con un altro ordine di valori, diverso anche da quello a cui erano giunte, per la prima volta, le parole pronunziate da Cristo.

6. Se Paolo, con la sua dottrina circa il matrimonio e la continenza, si riferisce anche alla caducità del mondo e della vita umana in esso, certamente lo fa in riferimento all’ambiente, che, in un certo senso, era orientato in modo programmatico all’“uso dal mondo”. Quanto significativo è, da questo punto di vista, il suo appello “a quelli che usano del mondo” perché lo facciano “come se non ne usassero appieno” (1 Cor 7, 31). Dal contesto immediato risulta che pure il matrimonio, in quest’ambiente, era inteso come un modo di “usare il mondo” - diversamente da come lo era stato in tutta la tradizione israelitica (nonostante alcuni snaturamenti, che Gesù indicò nel colloquio con i Farisei, oppure nel Discorso della montagna). Indubbiamente, tutto ciò spiega lo stile della risposta di Paolo. L’Apostolo si rendeva ben conto che, incoraggiando all’astensione dal matrimonio, doveva al tempo stesso mettere in luce un modo di comprensione del matrimonio che fosse conforme con tutto l’ordine evangelico dei valori. E doveva farlo col massimo realismo, tenendo cioè davanti agli occhi l’ambiente al quale si rivolgeva, le idee e i modi di valutare le cose, in esso dominanti.

7. Agli uomini che vivevano in un ambiente, ove il matrimonio era considerato soprattutto come uno dei modi di “usare del mondo”, Paolo si pronunzia quindi con le significative parole sia circa la verginità o il celibato (come abbiamo visto), sia anche circa il matrimonio stesso: “Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere” (1 Cor 7, 8-9). Quasi la stessa idea era stata espressa da Paolo già prima: “Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare la donna; tuttavia, per il pericolo dell’incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito” (1 Cor 7, 1-2).

8. Forse che l’Apostolo, nella prima lettera ai Corinzi, guarda il matrimonio esclusivamente dal punto di vista di un “remedium concupiscentiae”, come si soleva dire nel tradizionale linguaggio teologico? Gli enunziati riportati poco sopra sembrerebbero testimoniarlo. Intanto, nell’immediata prossimità delle formulazioni riportate, leggiamo una frase che ci induce a vedere in modo diverso l’insieme dell’insegnamento di san Paolo, contenuto nel capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi: “Vorrei che tutti fossero come me (egli ripete il suo argomento preferito a favore dell’astensione dal matrimonio); - ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro” (1 Cor 7, 7). Quindi, anche coloro che scelgono il matrimonio e vivono in esso ricevono da Dio un “dono”, il “proprio dono”, cioè la grazia propria di tale scelta, di questo modo di vivere, di questo stato. Il dono ricevuto dalle persone che vivono nel matrimonio è diverso da quello ricevuto dalle persone che vivono nella verginità e scelgono la continenza per il Regno di Dio; nondimeno esso è un vero “dono da Dio”, dono “proprio”, destinato a persone concrete, e “specifico”, cioè adatto alla loro vocazione di vita.

9. Si può quindi dire che, mentre l’Apostolo, nella sua caratterizzazione del matrimonio da parte “umana” (e forse ancora più da parte della situazione locale che dominava a Corinto) mette fortemente in rilievo la motivazione “del riguardo alla concupiscenza della carne”, al tempo stesso egli rileva, con non minore forza di convinzione, anche il suo carattere sacramentale e “carismatico”. Con la stessa chiarezza, con la quale vede la situazione dell’uomo in rapporto alla concupiscenza della carne, egli vede anche l’azione della grazia in ogni uomo - in colui che vive nel matrimonio non meno che in colui il quale sceglie volontariamente la continenza - tenendo presente che “passa la scena di questo mondo”.


Ai pellegrini di espressione francese

Chers Frères et Sœurs,

Je vous souhaite la bienvenue, à vous qui venez des pays de langue française, et spécialement aux familles, aux malades, aux jeunes.

Dans mon discours en italien, j’ai expliqué la pensée de l’apôtre Paul sur la grandeur du célibat volontaire pour ceux qui veulent se consacrer sans réserve au Seigneur. Il est vrai que tout homme ressent en lui cette aspiration qui le pousse vers Dieu pour lui exprimer son amour, pour lui plaire, et Dieu répond aux efforts de chacun en lui donnant de nouvelles grâces qui l’aident à progresser spirituellement. Mais tandis que la personne mariée est partagée entre deux devoirs - envers sa famille et envers Dieu -, celle qui ne s’est pas mariée à cause du Royaume des cieux est totalement libre et peut donc s’attacher au Seigneur sans partage, s’attacher aux réalités du monde nouveau prêché par le Christ et non aux choses du monde présent qui passe et qui disparaîtra.

Cela ne veut pas dire que l’apôtre méprise le mariage. S’il souhaite que tous soient comme lui, il s’empresse d’ajouter: “Mais chacun reçoit de Dieu son don particulier”. Que chacun soit donc fidèle au don qu’il a reçu, sans oublier la place que Dieu doit tenir dans sa vie personnelle!

Je suis heureux de saluer tous les pèlerins venant de France, de Suisse, du Canada et des autres pays de langue française, et je donne à tous ma Bénédiction Apostolique.

Ai pellegrini di lingua inglese

Dear brothers and sisters,

Last week we spoke about the reasons Saint Paul gave for his statement that he who marries does “well”, but he who refrains from marriage does “better”. Today we are continuing this meditation, emphasizing Saint Paul’s thought that the person who has chosen virginity or celibacy, in the spirit of the evangelical counsel, is in a special position to be able “to please the Lord”. At the basis of this conviction, the Apostle is offering the motivation of love. In a certain sense, continence chosen for the sake of the Kingdom of God reflects the spousal aspect of an interpersonal relationship: striving to please the person who is loved. At the same time the celibate person has the opportunity to dedicate himself completely to the service of the Kingdom of God in all its dimensions. Saint Paul is anxious to present to his readers the values of a new order revealed by Christ; but he insists that everyone has his own gift from God. And this gift is adapted to the vocation of each person.

* * *

I am particularly pleased to extend a warm welcome to the group of young people from Greenland. Yes, it is very seldom that the Pope can welcome visitors from your homeland. Please take my greetings back to your families and friends. And may the peace of Christ be in the hearts of everyone in Greenland!

* * *

My greetings go also to the other youth groups, especially to the student chorus of Saratoga High School in the Diocese of San Jose, and to the Atlanta Boys Choir. Thank you for your enthusiasm for singing and for your desire to bring joy to others. Always remember how important music is in uplifting the human heart - all the way to God!

Ai pellegrini di lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Aufrichtig Freue ich mich über euer Kommen und grüße euch alle sehr ehrzlich. Ich wünsche euch schöne und auch religiös erlebnisreiche Tage in der Ewigen Stadt.

Wir setzen heute unsere Erörterung der Lehre des hl. Paulus über Ehe und Ehelosigkeit fort. Der Apostel sagt, daß heiraten gut, unverheiratet bleiben ”um des Himmelreiches willen“ jedoch besser ist. Wer aus diesem Grund nicht heiratet, der ”sorgt sich um die Sache des Herrn, wie er dem Herrn gefalle“. Für ihn wird der Verzicht auf die Ehe zum Ausdruck ungeteilter Liebe und Hingabe an den Herrn. Der Verheiratete hingegen sorgt sich um die Dinge der Welt, wie er der Frau gefalle - und ist deswegen geteilt.

Der Unverheiratete bemüht sich darum, ”heilig zu sein an Leib und Seele“, denn er weiß, daß die Gestalt dieser Welt vergeht. Falls aber ein Unverheirateter nicht enthaltsam leben kann, so rät ihm der hl. Paulus dennoch, er solle lieber heiraten. Denn, so sagt er, ”es ist besser zu heiraten, als sich in Begierde zu verzehren“. Der Apostel ist überzeugt, daß jeder von Gott seine Gnadengabe empfangen hat, der heine so, der andere so. Und richtig lebt, wer entsprechend seiner ganz persönlichen Berufung und Gnadengabe lebt: sei es in der Ehe oder in der Ehelosigkeit ”um des Himmelreiches willen“.

Einen besonderen Willkommensgruß richte ich noch an die Pfarrgruppe aus Schutterwald und Müllen in der Erzdiözese Freiburg. Ich weiß um eure Liebe und Opferbereitschaft für das große Anliegen der Weltmission. Laßt in eurem Eifer nicht nach, denn die Ernte ist groß, die Arbeiter und Mittel jedoch nur wenige. Möge der Herr der Ernte euch und euren Gemeinden die großzügige Hilfe, die ihr Missionaren und Missionshelfern in fernen Landen gewährt, durch seine Gnade reich lohnen.

Euch und allen anwesenden Pilgern aus den Ländern deutscher Sprache erteile ich von Herzen meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai fedeli di espressione spagnola

Amadísimos hermanos y hermanas,

Continuamos nuestra reflexión acerca de la enseñanza de San Pablo sobre la virginidad y el matrimonio. El Apóstol indica que la persona casada se preocupa de agradar al propio cónyuge, mientras que la no casada trata de agradar al Señor, es decir, de expresarle de manera activa su amor. Dios, por su parte, corresponde aceptando el esfuerzo del hombre y dándole nuevas gracias.

La condición de la persona consagrada en el celibato o virginidad merece para ella una particular comprensión por parte del Señor. A esa condición, vista por el Apóstol como un estado de santidad “en el cuerpo y en el espíritu”, ha de corresponder la pureza moral del consagrado por el reino de los cielos.

San Pablo, sin embargo, aun invitando a todos a imitarle en la virginidad, reconoce realistamente el valor de toda vocación de vida, en el celibato o en el matrimonio, ya que cada uno tiene su propio don de Dios, de modos distintos.

Saludo y bendigo a cada persona y grupo de lengua española, de modo particular a los que hoy son más numerosos: los jóvenes, estudiantes y profesores de diversos colegios y parroquias de España y México.

Una palabra especial a la peregrinación franciscana de San Juan de Puerto Rico, presidida por el Señor Cardenal-Arzobispo Luis Aponte Martínez. Que el ejemplo de San Francisco, cuyo octavo Centenario de la muerte os trae a Roma, os inspire la fe y amor al hermano que él vivió tan intensamente.

Ai fedeli di lingua portoghese

Uma saudação cordial aos peregrinos e ouvintes de língua portuguesa, com votos de bem e dos favores de Deus.

Continuamos a reflectir, baseando-nos na Epístola de São Paulo aos Coríntios, sobre a continência perfeita, escolhida “por amor do Reino dos céus”, no celibato ou na virgindade. Quem faz esta escolha é “para agradar a Deus”, no fundo, por um motivo de amor, que estará na continuidade do diálogo da salvação, iniciado por Deus.

Trata-se de uma atitude de amor que assenta na “integração interior” da pessoa, liberta de “divisões” do coração e preocupada primeiro que tudo em “agradar ao Senhor”. Assim, não se deixará imergir nos problemas pessoais, mas vivê-los-á de molde a inseri-los na grande corrente do amor e do sofrimento de Cristo e do seu Corpo, que é a Igreja.

Isto supõe a “santidade”, com as suas componentes de “separação” e de “estado” habitual; isto é, de realidade possuída, como “dom”, a ditar coerência moral, num comportamento marcado pela “pureza” de um modo de estar no mundo e de usar dele, diverso do que sucede no matrimonio. Este, porém, permanece com o seu valor próprio.

Com pensamento afectuoso também nas vossas famílias e pessoas amigas, dou-vos a Bênção Apostólica.

Ai giovani ucraini

Saluto gli studenti ucraini che sono venuti a Roma per i corsi estivi presso il Centro scientifico fondato qui a Roma dal Cardinale Josyf Slipyi, a noi tanto caro.

La vostra permanenza a Roma rafforzi la vostra fede in Cristo Signore; e san Giosafat, vostro conterraneo, le cui reliquie riposano qui in questa Basilica davanti alla quale noi ci troviamo, sia per voi esempio d’amore alla santa Chiesa.

Benedico di cuore tutti voi ed i vostri cari!

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli polacchi

Maryjo, Królowo Polski,
jestem przy Tobie, pamiętam, czuwam.

Nauczyliśmysię W okresie Tysiąclecia Chrztu słow tego apelu. Apel jasnogórski z różnych stron naszej Ojczyzny przemawia do Tej, która dana jest “ku obronie naszego Narodu”.

Wyrażają się w tym apelu serca ludzkie. Wypowiadają swoją gotowość do wszystkiego, co dobre i szlachtne. Stwarza się żywa wspólnota wokół naszej Królowej i Matki.

Polska była zawsze krajem rolniczym. Do pewnego stopnia nie przestała nim być i teraz.

Przy Obrazie Królowej Polski (zwłaszcza w roku Jej jubileuszu) czuwają ludzie pracujący na roli.

Pragnę teraz, kiedy wszystko dojrzewa na polach - i powoli zbliża się okres żniw - zjednoczyć się przed Panią Jasnogórską z Nimi właśnie:

z rolnikami,

z ludżmi polskiej wsi.

Proszę naszą Matkę o “dobre urodzaje i szczęśliwe zbiory”.

Proszę o błogosławieństwo dla tej pracy, która “żywi i broni”.

Ileż jej zawdzięczamy!

Maryjo, Królowo Polski, jestem przy Tobie, pamiętam, czuwam, razem z Tymi, którzy strzegą dziedzictwa polskiej ziemi, którzy żyją z jej urodzaju: którzy “żywią, i bronią” ciała i duszy narodu.

Oby mogli, oby umieli wypełnić swe zadania również za naszy dni!

Queste le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

“Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te! veglio!”.

Abbiamo imparato, nel periodo del Millennio del Battesimo, le parole di questo appello. L’appello di Jasna Góra parla da diverse parti della nostra patria a colei che è stata data “per la difesa” della nostra Nazione.

In questo appello si esprimono i cuori umani. Manifestano la loro prontezza a tutto ciò che è buono e nobile. Si crea una viva comunità intorno alla nostra Regina e Madre.

La Polonia è sempre stata un paese agricolo. In una certa misura non ha cessato di esserlo anche adesso.

Presso l’Immagine della Regina della Polonia (in particolare nell’anno del suo giubileo) vegliano gli uomini che lavorano la terra.

Desidero ora, in questo periodo della maturazione dei campi - e piano piano si avvicina il periodo della mietitura - unirmi dinanzi alla Signora di Jasna Góra proprio con loro:

con gli agricoltori,

con gli uomini della campagna polacca.

Prego la nostra Madre per “i buoni raccolti e la felice mietitura”.

Invoco la benedizione per questo lavoro, che “nutre e difende”.

Quanto dobbiamo ad esso! Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio insieme con coloro che custodiscono l’eredità della terra polacca, che vivono del suo buon raccolto: che “nutrono e difendono” il corpo e l’anima della Nazione.

Che possano e sappiano realizzare i loro compiti anche ai nostri giorni!

Ad un piccolo gruppo di sacerdoti novelli ungheresi

Tra i pellegrini di oggi c’è un piccolo gruppo di otto sacerdoti novelli, provenienti dall’Ungheria, dal Seminario di Eger i quali, ordinati sacerdoti nel mese di giugno scorso, desiderano esprimere al successore di Pietro la loro fedeltà ed implorare da lui la benedizione apostolica, per il loro futuro apostolato.

Diletti Figli, vi benedico di cuore e pongo la vostra attività pastorale sotto la protezione della santa Vergine, patrona dell’Ungheria.

Ai gruppi italiani

Rivolgo il mio saluto al folto pellegrinaggio regionale della Sicilia, guidato dal Vescovo Ausiliare di Catania.

Sono contento della vostra odierna presenza, che mi porta l’assicurazione dell’entusiasmo e della fede cristiana di tutta la nobile popolazione sicula. Da parte mia, vi assicuro la mia stima e il mio affetto, mentre sono lieto di augurarvi sempre maggiori traguardi di crescita civile ed ecclesiale. Portate questi miei sentimenti ai vostri conterranei insieme alla mia benedizione, che di cuore imparto a voi tutti.

* * *

Un particolare benvenuto va ai Padri Capitolari dei Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione, che hanno recentemente eletto il loro nuovo Superiore Generale nella persona del reverendo Pierre Fouret. Su di lui e su tutti i membri di questa Famiglia religiosa invoco la pienezza delle grazie celesti per una sempre più luminosa testimonianza evangelica.

Saluto ora le numerose religiose presenti, fra le quali desidero menzionare le Suore Operaie della santa Casa di Nazaret, auspicando ogni bene per la loro Congregazione e per la loro attività.

* * *

Intendo anche salutare i numerosi gruppi folkloristici, rappresentanti di sei nazionalità e partecipanti al “IX Festival della Collina”, che si svolge a Latina. Essi sono espressione di fraternità internazionale e perciò meritano lode. Insieme a loro, saluto gli accompagnatori, gli interpreti e gli Organizzatori. A tutti sono lieto di augurare ogni bene nel Signore.

* * *

Desidero salutare tutti i giovani qui presenti, ed in particolare gli aderenti al “Movimento Gen”, i quali, profittando delle vacanze, sono convenuti da ogni parte d’Europa per uno dei loro Congressi annuali.

Carissimi, le vacanze, oltre ad essere un sollievo dalle fatiche del lavoro e dello studio, devono diventare per voi un’occasione propizia per consolidare le scelte dello spirito e il tempo favorevole per rinnovare i vostri impegni di costruttori di una gioventù nuova, con l’aiuto di Colui che “vuole che tutti siano una cosa sola”.

* * *

Saluto poi gli ammalati. Carissimi, sappiate che siete i prediletti del Padre, perché egli vi ha chiamati a riprodurre in modo del tutto particolare l’immagine del suo Figlio, che nella sofferenza ha salvato il mondo. Vi sono vicino con la preghiera e vi accompagno con la mia benedizione.

* * *

Infine rivolgo un pensiero augurale agli sposi novelli. Da poco avete domandato, nella fede al Signore, di accompagnarvi con la sua presenza efficace nel cammino della vita. Egli benedica il vostro amore, affinché sia sempre sincero, totale e fedele.

A tutti i presenti vada la mia benedizione.

Appello per il Libano

Fratelli e sorelle.

Desidero rivolgere anche oggi un invito a pregare per i nostri fratelli che soffrono nel Libano, e particolarmente nella capitale, Beirut.

Da più di tre settimane, alcuni quartieri di quella città sono stretti dalla morsa della guerra; centinaia di migliaia di persone sono a corto di viveri, di acqua, di medicinali e di ciò che è indispensabile per vivere; la capitale è sotto l’incubo degli scontri sanguinosi che potrebbero infuriare nelle sue strade, di casa in casa, se le trattative non giungessero a soluzione.

Purtroppo, dopo tante vittime, distruzioni e privazioni, non è stata ancora raggiunta un’intesa onorevole tra le parti in conflitto. Bisognerebbe affrettare i tempi del negoziato; ogni ora che passa è un nuovo peso e una nuova minaccia di ancor più dure sofferenze che gravano sulle popolazioni inermi.

Preghiamo per le vittime della guerra, per i loro parenti, per i profughi ed i senza tetto. Chiediamo a Dio di voler ispirare i responsabili di tutte le parti: che i Libanesi possano recuperare e consolidare l’unità e l’indipendenza del loro Paese e si concluda rapidamente un accordo che, salvaguardando l’incolumità sia dei civili che dei combattenti, venga incontro alle aspirazioni di giustizia per i Palestinesi, e di sicurezza e di pace per tutti i popoli interessati.

 

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