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SANTA MESSA PER IL 1° CENTENARIO DELLA FONDAZIONE
DELL'ASSOCIAZIONE  ITALIANA SANTA CECILIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Pietro, 21 settembre 1980

 

“Lodate, servi del Signore, / lodate il nome del Signore. / Sia benedetto il nome del Signore, / ora e sempre!” (Sal 112[113],1ss).

1. Queste parole del Salmo responsoriale dell’odierna Liturgia domenicale si adattano perfettamente ai vostri sentimenti, cari fratelli e sorelle dell’“Associazione Italiana Santa Cecilia”, che a migliaia siete convenuti a Roma, nel centro della cattolicità, sulla venerata tomba del Principe degli Apostoli, per lodare e per benedire il nome del Signore con la suggestività armoniosa del vostro canto, che in questa mirabile Basilica si eleva come adorante preghiera a Dio.

Voi avete voluto celebrare, in maniera solenne e significativa, una data fondamentale per la vita della vostra Associazione, che proprio in questi giorni ha compiuto i suoi 100 anni di vita! Una data questa che manifesta non già vecchiezza e atrofia di codesto organismo, ma, al contrario, ne pone in mostra la sorprendente vitalità, di cui è lieta garanzia la vostra presenza, che vuole essere un’affermazione di vita, di gioia, di speranza, di fede cristiana, ed altresì una proclamazione di fiducia e di amore alla musica “sacra”, alla quale avete dedicato, e continuate a dedicare, una parte, forse la migliore, la più entusiastica, del vostro tempo, dei vostri interessi, delle vostre energie!

Nel lontano 4 settembre 1880 a Milano si riuniva il primo Congresso Nazionale Ceciliano: nasceva così la vostra Associazione, la quale intendeva riunire, al servizio dell’Episcopato Italiano, quanti avevano a cuore la musica “sacra”. Ma, nelle date, potremmo andare ancora più indietro: la vera origine dell’“Associazione Italiana Santa Cecilia” potremmo farla risalire al 1584, quando a Roma fu istituita la “Congregazione di Santa Cecilia”, approvata da Sisto V nel 1585. Anche il grande Giovanni Pier Luigi da Palestrina fece parte di quella Congregazione, la quale perdurò fino al secolo XVIII. Nel secolo XIX essa riprese vita, dividendosi in due rami, per la musica “profana” con il nome di “Accademia Statale di Santa Cecilia”; e per la musica “sacra” con il nome di “Associazione Italiana Santa Cecilia”. L’affetto e la stima, che i miei Predecessori, in particolare san Pio X e Paolo VI, hanno avuto per la vostra Associazione sono ben noti; come è anche noto che essa ha avuto tra i suoi membri i più qualificati Compositori, Maestri, Direttori delle Cattedrali e delle Chiese d’Italia.

2. Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete fieri di appartenere ad un’Associazione, che ha come scopo principale quello di promuovere l’autentica musica “sacra”; con ciò stesso voi vi inserite coscientemente in tutta la plurisecolare tradizione della Chiesa, la quale, nel rendere alla Trinità Santissima il culto, si è servita della musica e del canto per esprimere i più profondi sentimenti religiosi del cristiano: l’adorazione, il ringraziamento, la supplica, la impetrazione, il dolore, lo slancio spirituale. Per questo, il Concilio Vaticano II ha potuto affermare che il “canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della Liturgia solenne”, e che “la Musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica sia esprimendo dolcemente la preghiera e favorendo l’unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri” (Sacrosanctum Concilium, 112).

Sono passati quasi 80 anni dal Motu Proprio “Inter Pastoralis Officii”, emanato da san Pio X il 22 novembre 1903, in un periodo difficile per le condizioni della musica “sacra”, che - come notano gli storici e gli specialisti - non manteneva sempre e dappertutto quel decoro, che si addice al culto divino. Il Documento del mio santo Predecessore fu, per più di mezzo secolo, stimolo fecondo di frutti ubertosi di arte autentica e di profonda spiritualità. Il Concilio Vaticano II, da parte sua, emanava una Costituzione sulla Liturgia, che, riferendosi esplicitamente al citato Motu Proprio di san Pio X, dedicava una parte rilevante alla musica sacra (Sacrosanctum Concilium, 112-121); e nel marzo del 1967, l’allora Sacra Congregazione dei Riti pubblicava un’ampia ed articolata Istruzione, dal titolo “Musicam Sacram”.

Non si insisterà mai abbastanza sulla importanza culturale, formativa, sociale e spirituale della musica sacra; e le iniziative e gli sforzi che, a tutti i livelli, saranno compiuti in questo campo, meriteranno il sincero plauso della Sede Apostolica, dei Vescovi, dei fedeli tutti, desiderosi di rendere a Dio un culto non indegno né indecoroso della sua infinita maestà, ma provocheranno altresì l’approvazione anche di tutte quelle persone, che guardano con una certa preoccupazione a dei fenomeni e a degli esperimenti discutibili, concernenti espressioni musicali in certe celebrazioni liturgiche.

3. La Chiesa ha insistito ed insiste, nei suoi documenti sull’aggettivo “sacro”, applicandolo alla musica destinata alla Liturgia. Ciò vuol dire che essa, per la sua secolare esperienza, è convinta che tale qualificazione ha un suo importante valore. Nella musica destinata al culto sacro - ha detto Paolo VI - “non tutto è valido, non tutto è lecito, non tutto è buono”; ma solo quanto, in connubio di dignità artistica e di superiorità spirituale, può “esprimere pienamente la... fede, per la gloria di Dio e per l’edificazione del Corpo mistico”(Insegnamenti di Paolo VI, IX [1971] 301). Non si può pertanto affermare che ogni musica diventi sacra per il fatto e nel momento in cui venga inserita nella Liturgia; in tale atteggiamento manca quel sensus Ecclesiae, “senza il quale il canto, invece che aiutare a fondere gli animi nella carità, può invece essere fonte di disagio, di dissipazione, di incrinatura del sacro, quando non di divisione nella stessa comunità dei fedeli”.(Insegnamenti di Paolo VI, IX [1971] 300).

È noto inoltre che la Costituzione conciliare sulla Liturgia esige che le nuove composizioni devono avere “le caratteristiche della vera musica sacra” (Sacrosanctum Concilium, 121). Ed io, oggi, per la dignità della Liturgia mi rivolgo, con stima e con rispetto, a tutti i Musicisti, perché anch’essi sono tra quegli “amici della vera arte”, dei quali la Chiesa ha dichiarato di aver bisogno ed ai quali ha indirizzato, in nome della bellezza ispirata dal soffio dello Spirito Santo, l’invito a non lasciar cadere un’alleanza tra le più profonde tra Essa e la vera arte. (cf. Conc. Oecumenici Vat. II, Nuntius quibusdam hominum ordinibus datus: AAS 58 [1966] 8-18) Voi, o Musicisti, che avete il dono mirabile e misterioso di trasformare il sentimento dell’uomo in canto, di adeguare il suono alla parola, date alla Chiesa, alla Liturgia nuove composizioni, sulla scia di tanti Musicisti che sono riusciti a mantenere la loro ispirazione artistica in perfetta e feconda sintonia con le alte finalità e le esigenze del culto cattolico!

4. La musica destinata alla Liturgia deve essere “sacra” per caratteristiche particolari, che le permettano di essere parte integrante e necessaria della Liturgia stessa. Come la Chiesa, per quanto concerne luoghi, oggetti, vesti, esige che abbiano una predisposizione adeguata alla loro finalità sacramentale, tanto più per la musica, la quale è uno dei più alti segni epifanici della sacralità liturgica, essa vuole che possegga una predisposizione adeguata a tale finalità sacra e sacramentale, per particolari caratteristiche, che la distinguano dalla musica destinata, ad esempio, al divertimento, all’evasione o anche alla religiosità largamente e genericamente intesa.

La Chiesa ha dichiarato quali sono i generi musicali che con eccellenza posseggono la predisposizione artistica e spirituale consona al divino Mistero: sono il canto gregoriano e la polifonia. In un periodo, in cui si è diffuso l’apprezzamento ed il gusto per il canto gregoriano, la cui eccellenza è universalmente riconosciuta, occorre che nei luoghi, per cui esso è sorto, sia rimesso in onore e praticato, nel grado di capacità delle singole comunità liturgiche, in particolare col recupero dei brani più significativi e di quelli che, per la loro facilità e pratica tradizionale, devono diventare i canti comuni espressivi dell’unità e dell’universalità della Chiesa. (cf. Iubilate Deo-Cantus gregoriani faciliores, Introd., Ed. Vat. 1974) La polifonia è anch’essa oggi rivalutata dal sorgere, inaspettato e felice, delle “Scholae Cantorum”, composte anche di giovani, desiderosi di autentica bellezza e di profonda spiritualità. A questi due generi si affianca il canto popolare sacro, che deve effettivamente coinvolgere tutto il popolo e possedere, pertanto, elementi di coralità e di eloquente solennità, quali un’assemblea orante ed adorante può e deve esprimere. Sant’Ambrogio paragona felicemente il canto dei fedeli al mare: “Le loro salmodie - egli scrive - rivaleggiano col mormorare dell’onde che sciabordano lievemente, ...Che cos’è il canto del mare, se non un’eco dei canti dei canti dell’assemblea cristiana? ... Mentre il popolo prega tutto insieme, scroscia come il riflusso di onde spumeggianti, quando il canto degli uomini, delle donne, delle vergini, dei ragazzi fa eco ai responsori dei salmi come l’armonioso fragore dell’onde”. (S. Ambrogio, Hexaemeron, III, V, 23: PL 14, 165)

5. La composizione e l’esecuzione di una vera musica sacra esigono una preparazione specifica, sia artistica sia spirituale-liturgica. In questo momento non posso non lodare tutte quelle iniziative, che tendono sia ad offrire ai Compositori gli aiuti, i suggerimenti e gli strumenti adeguati, sia a dare ai Cantori la possibilità di dedicare parte del loro tempo a questa forma di espressione, qual è la musica sacra.

Occorre pertanto che nella pratica musicale liturgica della Chiesa Latina venga valorizzato l’immenso patrimonio che la civiltà, la cultura, l’arte cristiana hanno prodotto in tanti secoli; l’accoglimento eventuale di forme e di strumenti tipici di altre civiltà e culture dovrà essere operato con discernimento, nel pieno rispetto del genio dei popoli e con quel sano pluralismo, che è innanzitutto salvaguardia dei valori caratteristici di una singola civiltà e cultura, che solo in tal modo potrà accogliere ed assimilare, con la prova di una prudente e vagliata esperienza, elementi di altra provenienza, che non la snaturino, ma la arricchiscano (cf. Gaudium et Spes, 44; Ad Gentes, 22).

Fratelli e sorelle carissimi! In questa solenne celebrazione, che vi vede raccolti festanti attorno al Papa, per ringraziare il Signore dei cento anni di vita della vostra Associazione, vi dico: Amate l’“Associazione Italiana Santa Cecilia”! Seguitela! Sostenetela! Continuate con rinnovato fervore nell’opera magnifica, che è insieme sintesi di “arte” e di “fede”! Ma proprio perché la musica “sacra” è espressione e manifestazione di fede - della fede della Chiesa e dei suoi membri - è necessario che nel vostro comportamento di cristiani, a livello interiore ed a livello di testimonianza esteriore, ci sia una perfetta sintonia, una vera coerenza tra il vostro canto e la vostra vita. “Canta a Dio- ci dice Sant’Agostino- chi vive di Dio; salmeggia al suo Nome, chi opera per la sua gloria.

Così cantando, così salmodiando, cioè, così vivendo, così operando... preparate la via a Cristo, affinché mediante l’opera degli evangelizzatori siano a lui aperti i cuori dei fedeli”. (S. Agostino, Enarr. in Ps. 67, 5: PL 36, 814s).

Se sarete autentici cristiani, con il vostro canto sarete degli evangelizzatori, cioè dei messaggeri di Cristo nel mondo contemporaneo! Amen!

 

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