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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO
(12-15 MAGGIO 1982)

SANTA MESSA PER I GIOVANI

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Lisbona
Venerdì, 14 maggio 1982


1. Il Regno di Dio è vicino!

Sì, “Dite a tutti: è vicino a voi il Regno di Dio!” (Lc 10,9). Con queste parole Gesù Cristo, inviando in missione i settantadue discepoli raccomandò loro che annunciassero il Messaggio, come abbiamo appena sentito dal Vangelo di oggi. Ma queste parole sono anche dirette ai cristiani di tutti i tempi: a noi, pertanto che siamo qui riuniti nel nome del Signore, in continuità con i discepoli che le udirono direttamente.

Sono dirette specialmente a voi, giovani, che vi trovate qui, questo pomeriggio in gran numero, pieni di entusiasmo e gioia, manifestando la vostra disponibilità a Cristo e il desiderio di costruire un mondo più umano e cristiano. Voi siete depositari di questa grande speranza della umanità, della Chiesa e del Papa. Dio mi ha dato la grazia di amare molto i giovani; perciò mi piacerebbe parlarvi come un amico parla all’amico, con ognuno individualmente, gli occhi negli occhi, da cuore a cuore.

“Il Regno di Dio è vicino!”. E quasi oserei dire: queste parole sono dirette specialmente a voi giovani portoghesi, figli di un popolo di missionari, che hanno divulgato questo messaggio, come ha sottolineato il signor Cardinale Patriarca, Don Antonio Ribeiro.

Grazie, signor Cardinale, per le sue parole. Esse mi confortano e le accetto come promessa di continuità, inviando i saluti a tutti coloro dei quali ha interpretato i sentimenti. E, in questa ora, rendo omaggio di gratitudine, in nome di tutta la Chiesa, alle grandi imprese di Evangelizzazione del Portogallo missionario.

Il Regno di Dio è veramente vicino! Si è avvicinato all’uomo in modo definitivo. È tra noi e dentro di noi. La vicinanza del Regno di Dio consiste, prima di tutto, nel fatto che Dio è venuto ed ha assunto la natura umana. È prossimo in Cristo. Infatti, in lui, il Regno è così vicino a noi, che in un certo senso, diventa difficile immaginare una vicinanza maggiore e più intima. Potrebbe Dio avvicinarsi all’uomo di più che facendosi Uomo?

Essendo così prossimo, in Cristo, nostro Signore e Salvatore, il Regno di Dio è sempre davanti all’uomo. È proposta agli uomini, come missione da realizzare, come meta da raggiungere. Nelle diverse dimensioni della loro esistenza, gli uomini possono, pertanto, avvicinarsi a lui o allontanarsene. Soprattutto, possono arrivare a raggiungerlo in se stessi e realizzarlo dentro di loro.

Ma possono anche perderlo di vista, deviare dalla prospettiva. Possono perfino agire contro di lui.

Possono anche cercare di allontanarlo dall’uomo, possono allontanare e sottrarre l’uomo da lui.

Invece Cristo venne al mondo per introdurre gli uomini nel Regno di Dio, per inserire il Regno nel cuore degli uomini ed in mezzo a loro. Ancora di più: Cristo affidò proprio questo Regno agli uomini. Li ha chiamati a lavorare per il Regno di Dio. E questo lavoro ha il nome di evangelizzazione.

2. La parola “Evangelizzazione” viene dal “Vangelo”, che significa “Buona Novella”. Il Regno di Dio si costruisce sopra queste fondamenta della Buona Novella. E ancora: è lui stesso la Buona Novella. È l’annuncio della salvezza definitiva dell’uomo. E qui si potrebbe chiedere: cosa è la “salvezza”? Soffermiamoci nelle parole di Isaia, udite nella prima lettura della santa Messa di oggi:
“Lo spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; / mi ha inviato a portare la Buona Novella a quelli che soffrono, / a curare quelli dal cuore triste, / ad annunciare la liberazione agli schiavi / e la libertà ai prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore” (Is 61,1-2).

Queste parole del profeta sono rimaste per molti secoli in attesa del momento di essere lette, nella sinagoga di Nazaret, da Colui che era ritenuto come il “Figlio del Falegname”: Gesù di Nazaret. E lui, dopo averle lette, disse: “Oggi si è adempiuto questo passo delle Scritture che voi avete udito con i vostri orecchi” (Lc 4,21).

Le parole di Isaia, che Gesù di Nazaret avrebbe preso come programma della sua missione, contengono esattamente la buona novella rispetto alla salvezza.

Cosa è dunque la salvezza? È la vittoria del bene sopra il male, realizzata nell’uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza. Lo stesso superamento del male ha già un carattere salvifico. La forma definitiva della salvezza consisterà per l’uomo nel liberarsi completamente dal male e nel raggiungere la pienezza del bene. Questa pienezza si chiama, ed è di fatto, la salvezza eterna. Si realizza nel Regno di Dio come una realtà escatologica di vita eterna. È una realtà del “tempo futuro” che, mediante la croce di Cristo, ebbe inizio con la sua Resurrezione. Tutti gli uomini sono chiamati alla Vita eterna. Sono chiamati alla salvezza. Avete coscienza di questo? Avete coscienza di questo voi, miei giovani amici: che tutti gli uomini sono chiamati a vivere con Dio e che, senza di lui, perdono la chiave del “mistero” di se stessi?

3. Questo appello alla salvezza è portato da Cristo. Egli ha per l’uomo “parole di vita eterna” (Gv 6,68); e si rivolge all’uomo così com’è, in circostanze molto varie: si dirige all’uomo concreto che vive sulla terra. Si rivolge particolarmente all’uomo che soffre, nel corpo e nell’anima. Egli viene, come abbiamo sentito nella prima lettura, a “consolare quelli che piangono... / a dare a quelli che sono tristi una corona invece della cenere, / olio di gioia invece dell’abito da lutto, / gloria invece di disperazione” (Is 61,2-3). Ma si rivolge anche a voi giovani!

Sì, a voi giovani: perché nel vostro spirito è impressa, in modo particolare, la problematica essenziale della salvezza, con tutte le sue speranze e tensioni, sofferenze e vittorie.

Si sa quanto voi siete sensibili alla tensione tra il bene e il male, che esiste nel mondo e in voi stessi.

Nell’intimo di voi stessi, soffrite nel vedere il trionfo della menzogna e della ingiustizia; soffrite per sentirvi incapaci di far trionfare la verità e la giustizia; soffrite, per scoprirvi, allo stesso tempo, generosi ed egoisti. Desiderereste essere utili e servire sempre con iniziative in favore degli oppressi, ma... vi sentite traditi da tante cose e attratti da altre che vi tagliano le ali.

Spontaneamente siete portati a rifiutare il male e desiderare il bene. Ma, qualche volta avete difficoltà nel constatare ed accettare il fatto che per arrivare al bene bisogna passare attraverso la rinuncia, lo sforzo, la lotta, la croce; successe a quel giovane che, desiderando la perfezione e volendo seguire Gesù, non riusciva a comprendere ed accettare che era necessario rinunciare ai beni materiali.

Soprattutto, cari giovani, oltre queste tensioni, possedete una attitudine quasi connaturale per evangelizzare. Perché l’evangelizzazione non si fa senza l’entusiasmo giovanile, senza la giovinezza del cuore, senza un insieme di qualità delle quali la gioventù è prodiga: gioia, speranza, trasparenza, audacia, creatività, idealismo... Sì, la vostra sensibilità e la vostra generosità spontanee, la tendenza verso tutto ciò che è bello, fanno di ognuno di voi un “alleato naturale” di Cristo. In più, solo in Cristo troverete risposta ai vostri problemi e alle vostre inquietudini. E voi sapete perché: egli fu l’uomo che più amò; e ci ha lasciato un “codice” di amore, il suo Vangelo che, letto dal Concilio, “... proclama la libertà dei figli di Dio; rifiuta tutta la schiavitù, derivata, in ultima analisi, dal peccato; rispetta integralmente la dignità della coscienza e la sua libera decisione; senza interrompere, ricorda che tutti i talenti umani devono convertirsi in servizi di Dio e degli uomini; e, finalmente, a tutti raccomanda la carità” (Gaudium et Spes, 41).

Infine, solo l’amore salva. E ripeto: la problematica della salvezza – cioè la vittoria del bene sul male – è un tema fondamentale della vita umana. La vita dell’uomo si svolge interamente nell’orbita di questo richiamo. Per questo il tema “salvezza” è di quelli che sono incisi, in modo particolare, nell’anima dei giovani. È importante saper fare la sua lettura con perspicacia e di svilupparla onestamente nella vita e nell’operato.

4. La salvezza è una missione. Cristo è venuto per dirci che la salvezza – cioè, il Regno di Dio – è una missione. È venuto anche per insegnarci come la dobbiamo sviluppare.

Ai settantadue discepoli, che invia “a due a due avanti a sé, in tutte le città e luoghi dove egli stava per andare”, Cristo disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10,2).

La Chiesa ci ricorda queste parole frequentemente. Le ricorda in modo particolare, per invitarci a pregare per le vocazioni sacerdotali e religiose, per le vocazioni missionarie.

Ma, cari giovani, non basta pregare perché il Signore desti vocazioni. Bisogna stare personalmente attenti all’appello che egli vuole rivolgervi, bisogna che non manchi il coraggio per rispondere generosamente a questo appello. Le comunità cristiane necessitano di sacerdoti che le alimentino con la Parola e il Corpo di Cristo, hanno bisogno di vita religiosa, che sia il segno di Dio e offerta a Dio a beneficio dei fratelli. E voi non desiderate prolungare la presenza del Signore nel mondo di oggi, rispondere ai piccoli che cercano chi divida loro il pane e non lo trovano (cf. Lam 4,4)?

Parlare di evangelizzazione, ricordare il compito missionario qui, in Portogallo, è evocare uno degli aspetti più positivi della storia del vostro Paese. Da qui sono partiti tanti missionari, vostri antenati, che portarono la Buona Novella della salvezza ad altri uomini. Dall’Oriente all’Occidente (Giappone, India, Africa, Brasile...); e ancora oggi sono visibili i frutti di questa evangelizzazione. E molti di questi missionari erano giovani come voi. Come non ricordare, tra gli altri, qui a Lisbona, l’esempio di san João de Brito, giovane lisbonese, che, lasciando la vita facile della corte, partì per l’India, a portare il Vangelo della salvezza ai più poveri e abbandonati, identificandosi con loro e suggellando la sua fedeltà a Cristo ed ai fratelli con la testimonianza del martirio.

Ragazzi e ragazze del Portogallo: Alzate gli occhi e guardate “i campi dorati dalle messi”, in attesa di braccia per il “lavoro”.

5. Abbiamo parlato di sacerdozio, della vita religiosa e del lavoro missionario, come forma di vocazione che hanno importanza particolare rispetto alla evangelizzazione, e per le quali la Chiesa prega in modo particolare. Si sente chiamata a questa preghiera dalle parole del Signore: “Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10,2).

Ma le parole del Signore Gesù riguardo alla “molta messe” e degli operai, dobbiamo capirle in un senso ancora più fondamentale e, allo stesso tempo, più ampio di quello indicato nei modi di vocazione nella Chiesa, che abbiamo appena menzionato.

Parlando della “messe”, della “molta messe” e degli “operai”, Cristo vuole, prima di tutto, far comprendere ai suoi ascoltatori che il “Regno di Dio”, cioè la “salvezza”, è il grande compito di tutti gli uomini. Ogni persona deve sentirsi “lavoratore”, protagonista della propria salvezza: il lavoratore che è chiamato per la “messe”. Ogni persona deve guadagnare onestamente questa salvezza. E questo è essenziale anche per tutta l’opera di evangelizzazione.

“Messe” vuol dire, pertanto realizzare in se stessi la missione di evangelizzare. Ogni persona è chiamata dalla Parola di Dio a questo genere di lavoro; è chiamato specialmente ogni giovane – ragazzo o ragazza. Non possiamo evangelizzare gli altri, se prima non siamo noi evangelizzati. Non possiamo collaborare alla salvezza degli altri se prima non entriamo noi nel cammino della salvezza.

Abbiamo incominciato questo cammino della salvezza nel giorno del nostro Battesimo, quando rinunciando al male, abbiamo scelto il bene, in Gesù Cristo; cominciammo a vivere la Nuova Vita, frutto della sua Morte e Risurrezione. Questa vita deve svilupparsi sempre. Per questo, egli rimane con noi, nella Chiesa: rimane specialmente nei Sacramenti; rimane nella Eucarestia e nella Penitenza.

Voi tutti, voi miei giovani amici, apprezzate queste fonti di vita? Sapete corrispondere all’invito di Gesù – il Pane di Vita! – partecipando coscientemente alla Eucarestia, con il desiderio di vivere in pienezza, di vincere il male e conquistare il bene? E, quando è necessario, per causa del peccato, della imperfezione o della debolezza, sapete percorrere il cammino della conversione e della riconciliazione cercando il sacramento della Penitenza, il perdono e la vita? Formate la vostra coscienza e siate fedeli al Signore che ama e perdona.

6. Man mano che intraprendiamo il “lavoro in noi stessi”, vediamo chiaramente che non possiamo essere “lavoratori della propria salvezza”, senza pensare simultaneamente agli altri. Il problema della propria salvezza è legato organicamente alla questione della salvezza degli altri. Ed anche questo è essenziale per la evangelizzazione.

L’uomo comincia la sua vita ricevendo. Nascendo si trova inserito in un mondo fatto dagli altri, principalmente dai più vicini: genitori, fratelli e sorelle. Il bambino riceve praticamente tutto, dall’alimento alla formazione. Lì impara a parlare, a camminare ed a convivere. Quando scopre le sue ricchezze e capacità, il giovane cerca di oltrepassare questa fase infantile del ricevere per passare alla fase del dare. Non si accontenta del mondo che ha ricevuto, vuole creare il “suo mondo”. È il momento della grande opzione di vita. È il momento in cui si disegna e si prepara la orientazione basilare da imprimere al resto della vita.

Questo passaggio, dal ricevere al dare, dalla dipendenza all’assumere la propria responsabilità, non avviene senza crisi. Ma è soprattutto crisi di crescita e di maturazione. Molte volte il giovane non è compreso né si comprende lui stesso. Già non vuole essere trattato come un bambino; ma sente che ancora non è adulto. Molte volte vacilla nel suo intimo.

D’altra parte tutto sembra destarsi in lui: scopre i valori, il sesso, l’amore e l’ideale; e scopre anche la vera dimensione della fede. Grandiosa scoperta per voi cari giovani!

Il mondo ormai non vi appare come mito, ma come grande compito che vi si impone, la vostra vita ormai non si presenta più come dono. Diventa impegno. La vostra attitudine non si riduce ad aspettare il tutto pronto. Due grandi preoccupazioni vi interpellano nella prospettiva del futuro: la preparazione per la professione e la preparazione per lo stato di vita. Queste due preoccupazioni vi assorbono particolarmente a volte fino all’impazienza. La vostra tensione di giovani si può riassumere tra il “già” e il “non ancora”. Sentite già la responsabilità, ma ancora non avete l’opportunità di dimostrarla. Già vorreste contribuire efficacemente al bene comune, tanto con idee come con opere, ma ancora non si presentano le occasioni.

Ora è esattamente in questo momento, nel grande momento della opzione e preparazione del vostro futuro, che avete più bisogno di Cristo. E, guidati da lui, potrete scegliere la vostra professione e il vostro futuro, avendo in vista il bene comune e le esigenze del regno di Dio, le esigenze della fede. Siete chiamati a “lavorare” per la salvezza degli altri nello stesso tempo che lavorate alla vostra salvezza. Siete chiamati a essere apostoli, a evangelizzare la Buona Novella, qualunque siano le vostre opzioni per il futuro.

Siate generosi: scegliete con amore e preparatevi bene. Preparatevi per la professione onestamente e degnamente; preparatevi per lo stato di vita che abbraccerete; e se opterete per il matrimonio, fatelo con serietà e con rispetto per chi un giorno dovrà condividere con voi la vita e gli ideali della famiglia secondo Dio.

7. In verità la “messe è molta”. Ed importa soltanto che ognuno di noi diventi quel “lavoratore” autenticamente evangelico. La “messe” indica il frutto del lavoro umano. Ma indica, allo stesso tempo, il dono che ci giunge, per mezzo della creazione.

La salvezza che Cristo pone davanti all’uomo come sua missione è, allo stesso tempo, un dono, è soprattutto un dono.

“... avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi, e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Sono queste le ultime parole che, secondo gli Atti degli Apostoli, Cristo Risuscitato pronunciò sulla terra, prima della sua ascensione al cielo. Ci troviamo nel periodo liturgico che va dalla Resurrezione alla Venuta dello Spirito Santo: per questo, tali parole si rivestono per noi di particolare attualità.

È dallo Spirito Santo che gli uomini ricevono la forza per salvarsi. Cioè, la salvezza che è per l’uomo il compito personale e comunitario, deve essere realizzata con la forza dello Spirito Santo.

Per questo essa significa, prima di tutto, un dono. È un grande dono attraverso cui Dio divide con l’uomo qualcosa che è essenzialmente suo. In un certo senso, “dona Se stesso all’uomo”: dona Se stesso in “Cristo”.

Si dona per essere quella forza di verità e amore, che forma l’“uomo nuovo”, capace di trasformare il mondo: verità che, manifestandosi come esigenza della coscienza e della dignità umana, detta le opzioni di amore, dell’amore che avvicina, unisce, eleva, costruisce e salva, quando diamo una mano agli altri in fraternità umana, cristiana ed ecclesiale. Si dona, in particolare nei Sacramenti – Battesimo, Cresima, Penitenza, Eucarestia – attraverso i quali è dato o aumentato il dono che, dal Cenacolo è arrivato fino a noi, come Pane di Vita e come “Forza”, che ci arricchisce, giorno dopo giorno, fino alla nostra risurrezione alla Vita eterna (cf. Gv 6,51.58), con Cristo per vivere insieme al Padre.

Così dobbiamo accogliere sempre la salvezza come un Dono, e, allo stesso tempo, ad essa ci dobbiamo dedicare come ad una missione.

Quanto più coscienza avremo della grandezza del Dono, tanto più ardentemente assumiamo la missione, tanto più seriamente diventeremo gli “operai della messe”. Qui è il fondo della questione; questo è il contesto vitale dell’evangelizzazione.

8. Cristo Risuscitato chiama i suoi discepoli alla evangelizzazione, dicendo loro: “sarete i miei testimoni” (At 1,8). Ecco le parole-chiave!

Diventiamo testimoni di Cristo, quando, come suoi discepoli del Vangelo, matura in noi il problema della salvezza, il problema della chiamata al Regno di Dio. Quando lo accogliamo, ce ne appropriamo e ci identifichiamo con esso. Quando dà significato a tutta la nostra vita ed al nostro modo di agire. Giovani, ragazzi e ragazze, figli del Portogallo dei nostri giorni:
Guardate a tanti che vi hanno preceduto nel passato, anche loro figli di questa Patria. Figli della sua cultura e della sua lingua. Delle sue sofferenze e delle sue vittorie. Quanti di loro risposero, con il dono totale della vita, all’appello di Cristo! Dalla Regina santa Isabel a João de Deus, da Antonio de Lisboa a João de Brito – per parlare solo di santi canonizzati – per differenti cammini, essi tutti si mossero nella carità di Dio, innamorati dell’ideale della verità e dell’amore, mossi dallo Spirito di Cristo.

E chi potrà dire, davanti al vostro entusiasmo e gioia, che i giovani portoghesi di oggi sono meno interessati, meno disponibili e meno attenti a Cristo di quelli del passato? Sì, Cristo confida in voi!

La Chiesa confida in voi! Il Papa confida in voi!

Accogliete, amati giovani, accogliete ancora una volta l’appello di Cristo: Siate i suoi testimoni.



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