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VISITA PASTORALE ALLA DIOCESI DI ALBANO LAZIALE

SANTA MESSA IN PIAZZA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Albano Laziale, 19 settembre 1982

 

1. “Dice il Signore: «Io sono la salvezza del mio popolo»” (Ant. ad introitum).

Desidero ripetere queste parole dell’odierna Liturgia incontrandomi con voi, cari fratelli e sorelle: con voi, alla presenza del Cardinale Francesco Carpino, titolare della Chiesa suburbicaria di Albano, di Monsignor Gaetano Bonicelli, già Vescovo di Albano, e del nuovo Vescovo di Albano, Monsignor Dante Bernini. Con voi sacerdoti, religiosi e religiose. Con voi, genitori e coniugi. Con voi, provati dalla vecchiaia. Con voi, carissimi ammalati. Con voi, amati giovani. Con voi, cari bambini. Con tutti.

Desidero che quest’incontro costituisca un’espressione dell’invito, col quale Dio ci chiama costantemente mediante il Vangelo, e una espressione della verità che il Signore è la salvezza del suo popolo.

2. Tale invito e tale verità sono iscritti profondamente nella storia di questa terra. Sono passati molti secoli da quando gli apostoli Pietro e Paolo recarono a Roma il “lieto annunzio” della salvezza e rivolsero alla gente di allora l’invito a convertirsi per poter accogliere nell’anima la rigeneratrice forza del Vangelo. La testimonianza dei due massimi araldi della fede - testimonianza suggellata col sangue - suscitò una prima Comunità di credenti, che le persecuzioni, invece di soffocare, dilatarono.

Fu così che l’eco di quell’invito salvifico poté oltrepassare le mura dell’Urbe e raggiungere le campagne dei dintorni, trovando fra la popolazione dei centri circostanti cuori generosi di persone ben disposte. Sorsero in tal modo altrettante Comunità di ferventi cristiani, che coltivavano speciali vincoli di comunione con la Sede romana, da cui ricevevano luce ed orientamento ed alla quale offrivano all’occorrenza il sostegno e l’aiuto delle loro energie migliori. Per tali Chiese, dislocate nella regione che si estende fra il mare e i colli laziali, la vicinanza geografica a Roma divenne ragione di una vicinanza spirituale tutta particolare.

Col passare del tempo i Vescovi ad esse preposti si trovarono ad assolvere le funzioni di primi collaboratori del Papa nel servizio alla Chiesa universale. Storicamente, anzi, merita di essere ricordato che i titolari di queste Sedi, insieme con gli altri membri dei gradi superiori del Clero romano, furono chiamati a costituire il collegio dei “Cardinali di santa Romana Chiesa”, ai quali spettava il compito di eleggere, alla morte del Papa, il legittimo successore.

In omaggio ad un passato tanto glorioso, Papa Giovanni XXIII volle dare maggior dignità e prestigio alle “Sedi suburbicarie” stabilendo che, oltre ad un Cardinale titolare, esse avessero un loro Vescovo residenziale, che attendesse con piena dedizione alle esigenze pastorali emergenti dalle mutate situazioni odierne.

Se ci chiediamo quale sia stato il servizio reso da queste Chiese all’invito che Dio ha rivolto, e rivolge tuttora, all’umanità bisognosa di salvezza, la risposta appare chiara: è stato un servizio singolare, che ha largamente travalicato i confini geografici entro i quali si muovono i fedeli delle varie Comunità diocesane, e si è proteso, mediante la stretta collaborazione col successore di Pietro, a tutte le Chiese sorelle, sparse nel mondo. Ed è proprio questo particolarissimo ruolo, riservato nel piano di Dio a queste Chiese disposte intorno alla diocesi di Roma come una splendida ghirlanda, che le addita alla venerazione ed all’affetto di tutti coloro che nella Sede romana vedono il centro della comunione cattolica.

3. Tra queste Chiese, che la Provvidenza ha insignito di un particolare compito, v’è anche la vostra, carissimi fedeli della diocesi di Albano. Quali e quanti sono i vincoli che legano la vostra Città con quella di Roma! Il mio pensiero va in questo momento ai vincoli di carattere ecclesiale che si sono intrecciati fin dall’antichità tra le due Comunità cristiane.

Il Liber Pontificalis ricorda che l’imperatore Costantino “fecit Basilicam in civitate Albanensi sancti Iohannis”, “costruì nella città di Albano una Basilica dedicata a san Giovanni” (Liber Pontificalis, ed. Duchesne, I, p. 184). Una Basilica, dunque, sorella dell’Arcibasilica Lateranense, che il medesimo imperatore aveva fatto costruire in Roma, dedicata, pure essa, a san Giovanni Battista.

Dal secolo IX san Pancrazio è venuto a far compagnia al Precursore nella titolarità della vostra Chiesa Cattedrale ed un nuovo vincolo s’è così aggiunto a quelli già esistenti: la tradizione di un Santo romano, verso il quale la popolazione di Albano conserva ancor oggi sincera e profonda devozione.

Come non sottolineare che due Vescovi di Albano sono saliti sulla Cattedra di Pietro: Adriano IV, nel secolo XII; e Leone XI all’inizio del XVII? I Papi, per parte loro, mostrarono fin dai tempi antichi particolare benevolenza per questa Città: non si devono forse alla loro generosità la costruzione o l’abbellimento di alcuni fra i templi più insigni che ne ornano il centro ed i dintorni?

È doveroso altresì menzionare l’aiuto prezioso che molti Vescovi di Albano offrirono alla Sede Apostolica, acquistandosi il diritto alla riconoscenza dei Papi e della Chiesa intera. Tra tutti mi piace ricordare san Bonaventura, uno dei Dottori più grandi della Chiesa, il quale fu Vescovo di Albano durante la seconda metà del secolo XIII.

Non v’è forse in tutta questa ricchezza di dati storici una prova evidente della particolare presenza di Dio nel cammino che la vostra Comunità ha percorso nel volgere dei secoli? Dio ha continuato a far risuonare di generazione in generazione agli orecchi degli Albanensi - e per loro tramite a quelli di tanti altri - l’annuncio gioioso: “Io sono la salvezza del mio popolo”.

4. Questo medesimo annuncio deve risuonare anche oggi nella Comunità costituita dagli attuali cittadini di Albano e cioè da voi, carissimi fratelli e sorelle.

L’odierna situazione della diocesi è notevolmente mutata rispetto al passato. Basterebbe a dimostrarlo il riferimento ad un semplice dato statistico: gli abitanti della diocesi, che nel 1951 erano appena 97.000, superano ora le 300.000 unità; ed è numero che nel periodo estivo quasi si triplica.

Al di là di questo dato esterno, però, v’è, più in profondità, l’incisiva trasformazione indotta nel contesto sociale dello sviluppo industriale che ha dato, a partire dagli anni sessanta, un nuovo volto all’economia della zona, prima eminentemente agricola ed ora caratterizzata dall’insediamento di centinaia di fabbriche. La prima conseguenza di tale mutamento si è concretata nell’esplosione demografica: l’immigrazione massiccia di persone e di nuclei familiari da ogni parte d’Italia non ha influito soltanto sui vecchi centri urbani, ma ne ha creato addirittura di nuovi, trasformando piccoli borghi rurali in vere e proprie città.

Si tratta di un movimento demografico imponente, la cui incidenza sul piano religioso, culturale e sociale è ancora in buona parte da esplorare. Le persone immigrate, sradicate dalla terra d’origine e da consuetudini di vita antiche e consolidate, recano nel nuovo ambiente tradizioni e valori che sono destinati, in mancanza di punti di riferimento sicuri, a soccombere ed a sparire nel confronto con l’invadenza di modelli culturali estranei.

I problemi che preoccupano il pastore d’anime sono non pochi e non piccoli. In questi anni s’è lavorato molto, sotto la guida di Vescovi zelanti come Monsignor Macario e Monsignor Bonicelli, per rispondere con iniziative pastorali adeguate alle nuove esigenze che la mutata situazione imponeva. Mi valgo volentieri di questa circostanza per tributare un doveroso riconoscimento a questi degni Pastori che sono qui presenti questa sera; e mi è caro altresì estendere il mio apprezzamento e il mio speciale saluto all’Eminentissimo Cardinale Carpino, il quale non ha mancato di offrire in molti modi alla Chiesa di cui è titolare sostegno ed appoggio.

Molte cose si sono fatte negli anni trascorsi, ma molte ancora ne restano da fare per portare a tutti il liberante annuncio che abbiamo ascoltato nella Liturgia di oggi: “Dice il Signore: Io sono la salvezza del mio popolo”. È tutta la Chiesa di Albano, stretta intorno al suo nuovo Vescovo, che deve farsi eco di questo annuncio di salvezza. Mentre porgo un cordiale augurio di fecondo ministero a Monsignor Dante Bernini che ha da poco iniziato il suo servizio in questa diocesi a me tanto cara, rivolgo a voi tutti - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - un caldo invito all’impegno dell’annuncio e della testimonianza, della parola e della vita.

Per svolgere un opera efficace di evangelizzazione è indispensabile che tutte le componenti ecclesiali si presentino unite fra loro dal vincolo di quella carità che ha la sua fonte zampillante nel Cuore di Cristo. Nel mondo d’oggi la vostra azione, cari fratelli e sorelle, avrà incidenza ed otterrà frutti se apparirà espressione di un’unica missione, pur nella ricca varietà dei carismi. Con questo motto: “Molti carismi, una missione” voi vi presentaste a me nell’incontro dello scorso anno a Castel Gandolfo. Questo motto io riprendo ora, per tornare ad affidarlo a voi come una parola d’ordine e come una specifica consegna. Impegnatevi a vivere in pienezza la comunione ecclesiale.

Sarà questa testimonianza di vita vissuta il miglior avallo all’annuncio che tanti fratelli e sorelle attendono oggi da voi: “Dice il Signore: Io sono la salvezza del mio popolo”.

5. Mi sento collegato, con un vincolo di particolare vicinanza, con la diocesi di Albano. Mi è dato di passare qui (a Castel Gandolfo) alcune settimane dell’anno. Qui, insieme con voi e con i pellegrini, che arrivano per questa circostanza da diverse parti dell’Italia e del mondo, medito tutte le domeniche in occasione della preghiera dell’Angelus sulla Parola di Dio offertaci nella liturgia domenicale.

Oggi questa Parola sembra quasi fare riferimento alla festa dell’Esaltazione della Santa Croce che - come anche la commemorazione della beata Vergine Addolorata - è stata celebrata la settimana scorsa. Nel Vangelo ascoltiamo le parole: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà” (Mc 9, 31). Anche la prima lettura e il salmo responsoriale hanno il carattere di passione.

Tuttavia le parole pronunziate da Cristo non incontrano la comprensione: “Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazione” (Mc 9, 32) - invece “per la via . . . avevano discusso tra loro, chi fosse il più grande” (Mc 9, 34).

Allora Gesù “chiamò i Dodici e disse loro: Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9, 35).

Cristo tornerà su questo invito alla vigilia della sua passione, quando laverà i piedi agli Apostoli.

Ed io, terminando questa mia riflessione qui davanti alla Chiesa Cattedrale di Albano, desidero augurare a voi tutti, cari fratelli e sorelle, che amiate questo servizio al quale ci chiama Cristo Signore. Serva il Papa e il Vescovo! Servano i sacerdoti! i religiosi e le religiose! i genitori e i giovani! i malati ed i sani! Tutti!

In questo reciproco servizio cristiano si compia la nostra vita come la vocazione con la quale Cristo ci ha chiamati mediante il Vangelo, per l’acquisto della sua salvezza.

 

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