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SANTA MESSA PER L'ASSOCIAZIONE ITALIANA SANTA CECILIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 25 settembre 1983

 

1. “Canterellano al suono dell’arpa, / si pareggiano a Davide negli strumenti musicali . . .” (Am 6, 4-5).

Carissimi! Queste parole, che abbiamo ascoltato nella prima lettura dell’odierna Liturgia, sono riferite dal profeta Amos “agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria”, e che, invece, sono già sull’orlo della rovina e nell’imminenza della deportazione e dell’esilio!

Nella nuova alleanza noi cristiani, rinati alla nuova vita, siamo i veri Davide, che lodiamo Dio col canto nuovo, il canto della redenzione. Insieme al Salmista cantiamo al Padre: “Ascolta, Signore, la mia voce . . . Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, o Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto!” (Sal 27, 7-9).

Queste vibranti invocazioni esprimono l’anelito dell’anima verso le realtà soprannaturali, secondo la viva raccomandazione di san Paolo: “Cercate le cose di lassù . . . Pensate alle cose di lassù” (Col 3, 1-2); anelito che si traduce nella preghiera del cuore. Nel cristiano, che gode della vita nuova e in cui vive Cristo stesso - Verbo del Padre - tale preghiera assume un così grande fervore da esprimersi ed esaltarsi in canto.

Questa preghiera, nella forma più perfetta, viene innalzata al Padre da Cristo. Cristo, infatti, come dall’eternità, così dopo la sua incarnazione, risurrezione e ascensione, continua a cantare, in quanto mediatore e interprete di tutta l’umanità, le lodi e la gloria del Padre, e anche le aspirazioni e i desideri degli uomini. È Cristo, dunque, che - come afferma la costituzione conciliare sulla sacra Liturgia - “ha introdotto in questo esilio terrestre quell’inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti. Egli unisce a sé tutta la comunità degli uomini e se la associa nell’elevare questo divino canto di lode” (Sacrosanctum Concilium, 83).

A questo canto di lode siete, in modo particolare, associati voi tutti, membri delle “Scholae cantorum”, aderenti all’Associazione italiana Santa Cecilia, che oggi fate risonare, della vostra preghiera e dei vostri canti, Piazza San Pietro. Vi esprimo il mio affettuoso e grato compiacimento per il lavoro che svolgete con tanto entusiasmo e altresì per la vostra presenza a Roma, nel corso dell’Anno Giubilare della Redenzione. Saluto cordialmente il Presidente dell’Associazione, Monsignor Antonio Mistrorigo, Vescovo di Treviso, i suoi collaboratori, i dirigenti diocesani, i compositori, i maestri e voi, cantori delle lodi di Dio.

Vostro compito è quello di curare l’esatta esecuzione dei canti sacri nelle celebrazioni liturgiche, come pure di favorire la partecipazione attiva dei fedeli nel canto (cf. Musicam sacram, 19). Una funzione la vostra, quindi, che non si riduce ad un fatto semplicemente ed esclusivamente artistico, ma che coinvolge - insieme con l’arte - la fede e la pietà, tutto l’uomo redento, tutto il cristiano.

2. Come lo Spirito Santo è Colui che dà alle nostre fragili forze la capacità di schiudersi nell’invocazione: “Abbà - Padre” (cf. Rm 8, 15), questo medesimo Spirito ci dà anche la capacità di rendere piena la nostra preghiera, facendola esplodere di gioia santa con la letizia del canto e della musica, secondo l’esortazione di san Paolo: “Siate ricolmi dello Spirito, intrattenetevi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore” (Ef 5, 19).

Conseguenza di questa attività interiore dello Spirito Santo sono: l’uomo nuovo, che deve rivestire l’immagine del Creatore e cantare “un canto nuovo”; una nuova vita di comunità e di comunione, di modo che l’ammaestrarsi e l’ammonirsi a vicenda con sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine (cf. Col 3, 16), appaiano come dono pasquale, frutto della risurrezione di Cristo. Commentando le parole del Salmo 32: “Cantate al Signore un canto nuovo” (Sal 32, 3), sant’Agostino così esortava i suoi fedeli e anche noi: “Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il canto nuovo. Un uomo nuovo, un Testamento Nuovo, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio; uomini appartenenti ormai al Nuovo Testamento, che è il Regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita” (S. Agostino Enarr. in Ps. XXXII, Sermo I, 8: PL 36, 283).

Nella nuova alleanza il canto è tipico di coloro che sono risorti con Cristo. Nella Chiesa solo chi canta con questa disposizione di novità pasquale - cioè di rinnovamento interiore di vita - è veramente un risorto. Così, mentre nell’Antico Testamento la musica poteva forse risentire del culto legato ai sacrifici materiali, nel Nuovo Testamento essa diventa “spirituale”, analogamente al nuovo culto e alla nuova liturgia, di cui è parte integrante, ed è accolta a condizione che ispiri devozione e raccoglimento interiori.

3. Cristo è l’Inno del Padre e, con l’incarnazione, ha consegnato alla sua Chiesa questo medesimo Inno, cioè se stesso, perché essa lo perpetuasse sino al suo ritorno. Ora, ogni cristiano è chiamato a partecipare a questo Inno, e a farsi lui stesso “canto nuovo” in Cristo al Padre celeste. In un grado ancor più profondo è chiamato a partecipare a tale Inno, cioè al mistero di Cristo, il sacerdozio ministeriale, di cui l’Episcopato è la perfetta attuazione. Come Vescovo e come successore di Pietro nella Sede di Roma, mi è quindi spontaneo ripetervi oggi le parole di sant’Agostino: “O fratelli, o figli, o popolo cristiano, o santa e celeste stirpe, o rigenerati in Cristo e rinati dall’alto, ascoltate me, anzi per mezzo mio cantate al Signore un canto nuovo” (S. Agostino, Sermo XXXIV, III, 6: PL 38, 211).

Naturalmente, tale canto nuovo, il quale risuona in me e in voi come prolungamento dell’Inno eterno che è Cristo, deve essere in sintonia con la perfezione assoluta, con cui il Verbo si rivolge ai Padre, in modo che nella vita, nella potenza degli affetti e nella bellezza dell’arte, si realizzi compiutamente l’unità tra noi, membra vive, con Cristo, nostro Capo: “Quando lodate Dio, lodatelo con tutto il vostro essere; canti la voce, canti il cuore, canti la vita, cantino i fatti!”, è ancora l’incisiva raccomandazione di sant’Agostino (S. Agostino, Enarr. in Ps. CXLIII, 2: PL 37, 1938).

Tale unità esige anzitutto che la Musica sacra sia arte vera - come ho ribadito ai membri della vostra Associazione nella solenne celebrazione del 21 settembre 1980 -; arte vera, che sia cioè capace di trasformare il sentimento dell’uomo in canto, di adeguare il suono alle parole, di raggiungere quella perfetta e feconda sintonia con le alte finalità e le esigenze del culto cattolico. Tale unità esige, allo stesso tempo, che tale Musica sia autenticamente sacra, che possegga cioè una predisposizione adeguata alla sua finalità sacramentale e liturgica, e sia, pertanto, aliena dai caratteri della musica destinata ad altri scopi. Tale unità esige ancora che alla realizzazione di una vera Musica sacra si giunga mediante un’accurata preparazione specifica, sia artistica sia spirituale sia liturgica. In tale prospettiva occorre insistere sulla preparazione dei compositori, ai quali bisogna offrire gli aiuti, i suggerimenti e gli strumenti adeguati; sulla formazione dei fedeli e dei cantori, membri delle “Scholae cantorum”, che sono esempio fecondo di organizzazione finalizzato alla dignità delle celebrazioni liturgiche; sullo studio teorico e pratico della Musica sacra, secondo i modelli proposti dalla Santa Sede, in tutti i seminari e gli Istituti religiosi; sulla fondazione e sulla vitalità di vari Istituti e scuole di Musica sacra, per la formazione di maestri che, alla competenza nell’arte musicale, uniscano una fede profonda e una specchiata pratica di vita cristiana (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/2 [1980] 699-700).

4. Da tutte le Regioni d’Italia, voi membri della “Scholae cantorum” aderenti all’Associazione italiana di Santa Cecilia siete venuti a Roma per unirvi con me al canto di lode al Padre celeste di questa celebrazione eucaristica.

So che siete venuti anche per ricordare, nella preghiera e nel canto, il 25° anniversario della mia Ordinazione episcopale. Sono grato di questo significativo gesto: un sincero grazie a ciascuno di voi e alla vostra benemerita Associazione.

Tre anni or sono, in occasione del suo centenario, io vi esortavo ad amare la vostra Associazione, a seguirla, a sostenerla nella sua opera magnifica, sintesi di arte e di fede. Oggi vi consegno ancora una volta lo stesso impegno di amore e di sostegno e, in pari tempo, vi auguro di essere sempre testimoni generosi ed entusiasti del messaggio evangelico con il vostro canto e con la vostra vita!

Amen!

 

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