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ORDINAZIONE EPISCOPALE DELL'ARCIVESCOVO ALFONS STICKLER

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità di Tutti i Santi
Cappella Sistina - Martedì, 1° novembre 1983

 

Carissimi fratelli e sorelle!

1. L’Eucaristia, che stiamo celebrando, e il sacramento dell’Ordine episcopale che ci apprestiamo a conferire al neo-eletto Arcivescovo, Monsignor Alfons Stickler, si svolgono nella cornice liturgica della Solennità di Tutti i Santi.

Le letture bibliche, ora proclamate, ci aiutano a dare un contenuto e un significato sia alla Festa liturgica, sia al sacro rito dell’Ordinazione. Nella prima lettura, tratta dal libro dell’Apocalisse, Giovanni ci introduce nella Gerusalemme celeste. Essa è popolata di beati “che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14) e ora cantano il cantico della vittoria: “La salvezza appartiene al nostro Dio” (Ap 7, 10). Questo per dire che la salvezza e la santità non si sono realizzate per loro merito, ma per grazia di Dio. Lui solo, infatti, è santo, e gli eletti sono dei santificati. Giovanni ci fa contemplare la Chiesa dei salvati, i quali, chiamati da ogni razza, popolo e Nazione, sono entrati nella gioia del loro Signore e vivono ormai “nascosti con Cristo in Dio” (Col 3, 3).

2. Dopo questa visione di gloria, la liturgia ci fa meditare nel Vangelo, la realtà della Chiesa pellegrinante sulla terra. Anche qui si parla di “beatitudini”, ma di beati che sono nella povertà, nell’afflizione, che hanno fame e sete, che sono perseguitati a causa della giustizia (cf. Mt 5, 1-12). Questa delle beatitudini è la nostra Chiesa, alla quale il Signore indica “la via stretta che conduce alla vita” (Mt 7, 14). Perciò è a noi che qui parla il Signore!

A differenza dei santi del cielo che sono nel possesso della beatitudine eterna, noi siamo nella speranza di poterla conseguire. Ma ci conforta il fatto che - come abbiamo ascoltato nella seconda lettura - “siamo già fin d’ora figli di Dio, anche se non si è rivelato ciò che saremo” (1 Gv 3, 2). Così l’essenziale è già in nostro possesso: il Regno dei cieli è già cominciato per noi, grazie alla nostra qualità di figli di Dio. In questo senso, anche noi siamo nella comunione dei santi. Ma tutto ciò esige un impegno quotidiano per corrispondere pienamente alla vocazione divina e giungere alla futura gloria. Pertanto abbiamo il dovere, secondo le parole di san Paolo, di “operare con timore e tremore la nostra salvezza” (Fil 2, 12) e di “operare il bene finché abbiamo il tempo” (Gal 6, 9). Noi siamo la Chiesa nel tempo; la Chiesa che, a differenza di quella celeste, può ancora conquistare meriti; la Chiesa gerarchica, fondata sugli Apostoli e sui loro successori, chiamati dal Cristo a svolgere la diakonia della santificazione e della salvezza.

3. In questa luce dobbiamo vedere la figura del venerato Presule, che sta per ricevere la pienezza del sacerdozio. Egli è stato chiamato all’Episcopato, dopo un lungo e sapiente servizio presso la Biblioteca apostolica Vaticana, per dare maggiore autorità e significato all’impegno culturale che egli svolge a servizio della Santa Sede. Investito della dignità episcopale, egli sentirà certamente nel suo animo sempre più impellente l’ansia apostolica di mettere i tesori della sapienza antica e nuova a vantaggio della elevazione spirituale e culturale degli uomini del nostro tempo. Come Pro-bibliotecario di Santa Romana Chiesa, egli avvertirà l’urgenza di una sempre più adeguata promozione della conoscenza della dottrina cristiana e della tutela del patrimonio culturale nella sua più ampia accezione.

L’esercizio di tale responsabilità costituirà, ancor più da Vescovo, uno dei doveri principali della sua funzione, resa oggi tanto più grave in quanto maggiori sono la diffusione e lo smarrimento del pensiero moderno. La cultura umana, infatti, oggi preferisce compiacersi del calcolo e dell’osservazione sperimentale, limitandosi alla conoscenza empirica e sensibile del mondo esteriore, per cui è tanto difficile all’uomo contemporaneo assurgere alla conoscenza razionale e metafisica e tanto più a quella della religione e della fede.

Il possesso e lo studio della verità religiosa, quale la rivelazione cristiana offre al nostro spirito, si affermano e si sviluppano, oltre che nella sfera razionale, in quel “mysterium fidei”, di cui scrive san Paolo nella prima Lettera a Timoteo (1 Tm 3, 9); ma l’atto di fede, lungi dall’indebolire la nostra facoltà di pensare, la esige e corrobora. Grande responsabilità, dunque, quella del Vescovo che avverte nella propria coscienza il dovere di essere fedele e zelante maestro della divina dottrina: ogni Vescovo è, innanzitutto, maestro della fede.

4. A questo impegno ecclesiale, ella, Monsignore, continuerà ad apportare il suo specifico contributo, che d’ora in avanti sarà confortato dalla grazia propria del carattere episcopale.

Mentre prego il Signore perché fecondi le sue intenzioni e i suoi propositi, raccomando la sua persona e la sua attività alla intercessione di tutti i santi, che ricordiamo in questa liturgia e che ora invochiamo nelle litanie, prescritte per il rito dell’Ordinazione.

 

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