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VISITA PASTORALE IN ROMAGNA

SACRAMENTO DEL BATTESIMO IN PIAZZA AURELIO SAFFI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità dell'Ascensione
Forlì - Giovedì, 8 maggio 1986

 

1. “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28, 18). Ricorre oggi il giorno in cui Cristo (secondo il Vangelo di Matteo) ha pronunziato queste parole. È il 40° giorno dopo la risurrezione. Il giorno in cui la nuova Vita in Cristo rivela la sua dimensione sovraterrestre, oltre il tempo: il giorno dell’Ascensione. In questo sacro giorno si è rivelato pure il definitivo “potere” cioè la potenza propria del Risorto. È il “potere in cielo e in terra”. Cristo possiede questo potere, questa potenza, eternamente, come Figlio della stessa sostanza del Padre: Dio da Dio, Gesù di Nazaret come uomo ha conquistato questo potere col prezzo della sua croce, della sua passione e morte, potere che deriva dalla potenza della redenzione.

2. Nel nome di questo potere Cristo dà agli apostoli il suo ultimo comando sulla terra: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). È il mandato missionario: “il Padre ha mandato me . . . io mando voi” (cf. Gv 20, 21).

Nell’ascoltare oggi queste parole, piene della potenza della redenzione di Cristo, il nostro pensiero torna a quei Dodici che le ascoltarono la prima volta. E, nello stesso tempo, non possiamo separare questo mandato missionario del giorno dell’Ascensione da tutto ciò che ne è derivato nella storia dell’umanità, nella storia delle nazioni e dei popoli.

Dalle parole di Cristo il nostro pensiero passa a questa regione d’Italia, e a questa prima città che incontro nel mio pellegrinaggio in Romagna e dove siamo riuniti per celebrare l’Eucaristia.

In Italia la “buona novella” arrivò prima ancora della venuta dei Santi Pietro e Paolo. Da Roma, poi, dove i due apostoli sacrificarono la vita per dare testimonianza alla risurrezione e alla divinità di Cristo, il Vangelo s’irradiò rapidamente. Giunse qui, in Romagna, fin dai primi anni della sua storia e diede una fioritura di santi oggi venerati in tutta la Chiesa.

3. Se oggi noi ci incontriamo qui, in comunità eucaristica, ciò avviene perché le parole di Cristo nel giorno dell’Ascensione “sono diventate carne” nella storia di questo paese e di questo popolo. In questa piazza dominata dal poderoso campanile di San Mercuriale, che s’innalza come richiamo alla “dimensione verticale” della vita e che è simbolo religioso e civile di questa città, vi saluto cordialmente come Vescovo di Roma e successore di Pietro, nel nome di questa potenza salvifica che è contenuta nelle parole di Cristo risorto. Vi saluto nel nome di Cristo stesso che è con noi “fino alla fine del mondo nel nome del battesimo che oltre 19 secoli fa hanno ricevuto qui i vostri antenati e ricevono le generazioni che si rinnovano fino ai nostri tempi, sottoponendosi alla potenza salvifica di Cristo crocifisso e risorto, al quale “è stato dato ogni potere in cielo e in terra”.

Saluto il vescovo, mons. Giovanni Proni, che con tanto zelo guida la Chiesa di Forlì e Bertinoro. Saluto i sacerdoti, che in nome del Signore svolgono l’opera assidua di evangelizzazione; i religiosi e le religiose, che al Signore hanno generosamente consacrato tutta la loro vita con i consigli evangelici. Saluto gli uomini e le donne del volontariato della Romagna - giovani, professionisti, operai - che spontaneamente e concretamente offrono parte del loro tempo libero a servizio della Chiesa, specie dei fratelli infermi. Saluto tutti i laici impegnati nel vivere la loro fede, e che rendono testimonianza alle tradizioni religiose di questa terra, perché vogliano rimanere fedeli. Saluto tutti gli abitanti di Forlì e Bertinoro, privilegiati da Dio fin dai primordi della diffusione della Chiesa, e auguro a ciascuno di riscoprire ogni giorno di più la ricchezza insondabile del dono ricevuto.

4. La prima lettura dell’odierna liturgia ci ricorda coloro che per primi hanno ricevuto il battesimo dalle mani di Pietro e degli apostoli nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme. È il giorno in cui è nata la Chiesa. Come il bambino lascia il seno della madre e appare nel mondo esterno, così si è rivelata la Chiesa nel giorno della Pentecoste. Gli apostoli sono usciti dal cenacolo e, subito, rafforzati dallo Spirito di Verità, hanno incominciato a rendere testimonianza a Gerusalemme davanti agli abitanti e agli stranieri giunti da diverse pani. “Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!”. Sono coraggiose queste parole. E, ad un tempo, piene di potenza efficace. Suscitano una sollecitudine salvifica nelle persone là riunite: “All’udir tutto questo - leggiamo - si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?»”. Pietro risponde: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (At 2, 36-39).

5. “Per tutti quelli che sono lontani . . . per i vostri figli . . .”. Oggi queste parole dell’apostolo giungono qui, in questo luogo dove siete riuniti voi, cari fratelli e sorelle, con il successore di Pietro. In questa particolare circostanza si è voluto abbinare la venuta del Vescovo di Roma, segno visibile e fonte di unità per la Chiesa intera diffusa nel mondo, con una cerimonia di amministrazione solenne del santo battesimo.

6. Attraverso il rito del battesimo, che è il primo dei Sacramenti di salvezza istituiti da Gesù, la persona umana viene incorporata a Cristo e unita alla famiglia del Dio vivente. San Paolo ci ripete oggi quanto scriveva ai cristiani di Roma del suo tempo: “Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova, se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6, 3-5). Con queste parole, l’apostolo ci fa sapere che il battesimo è figura ed espressione della passione di Cristo. Col battesimo, infatti, siamo immersi nella morte di Cristo, lavati dalle lordure del peccato, introdotti alla vita nuova della risurrezione, divenuti templi viventi dello Spirito.

Attraverso il battesimo, siamo anche incorporati alla Chiesa, la comunità di Cristo Signore, creata e alimentata dall’amore, comunità di fede e di vita nuova, che ci accompagna sempre, ci sostiene nelle debolezze perché, non più schiavi del più grande dei mali che è il peccato, possiamo vivere in pienezza la libertà di figli di Dio.

7. L’odierna cerimonia di battesimo è inserita nel programma della mia visita in mezzo a voi, con l’intento di ricordarci il fondamento della vita cristiana. Gesù, ucciso dagli uomini, è risuscitato da Dio. Divenuto pietra angolare, fuori di lui non può esserci possibilità di salvezza. Ogni uomo, invece, che viene innestato nella sua vita, anche se morto, risusciterà. Risorgerà col corpo fisico in un giorno di cui a noi non è dato prevedere il termine. Ma risorge subito nel battesimo, col divenire realmente figlio di Dio, e può ripetere questo mistero di risurrezione dopo la disavventura della colpa ogni volta che, attraverso il sacramento della riconciliazione, ricevuto con le necessarie disposizioni, si reinserisce in Colui che ha detto: “Io sono la Vita”.

8. Torniamo ancora una volta alle parole di Cristo del giorno dell’Ascensione: “Andate . . . ammaestrate”. Nella seconda lettura troviamo un’eco sconvolgente di questa chiamata. Essa risuona nella lettera di Paolo apostolo, si sprigiona per così dire dal profondo della sua anima. L’apostolo scrive: “Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9, 16).

Perché “guai”? Ecco la risposta: “Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa, ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato” (1 Cor 9, 17). Perciò, “guai” se non predicassi, se non realizzassi l’opera del Vangelo, perché in questa missione e in questo servizio è racchiusa la potenza della redenzione e di Cristo. Il prezzo che il Figlio di Dio ha pagato per l’uomo: siamo stati comprati a caro prezzo (cf. 1 Cor 6, 20; 7, 23).

Queste parole penetranti che si sprigionano dal profondo dell’anima dell’apostolo dei Gentili dicono quanto grande è il “potere” di Cristo crocifisso e risorto; in che cosa esso sostanzialmente consiste. Queste parole non cessano di rendere testimonianza alla potenza del mandato apostolico del giorno dell’Ascensione. Non cessano neppure di interpellare gli amministratori, che si rinnovano continuamente, del Vangelo e del Battesimo. Anche qui in questa vostra terra. Come è noto, infatti, colui che scrisse tali parole ai Corinzi, è stato in terra italiana, ha dato la sua vita, insieme con Pietro, per Cristo e per il Vangelo a Roma.

9. “Qual è dunque la mia ricompensa?” chiede. “Quella di predicare gratuitamente il vangelo”. Ecco, questa: di essermi fatto “servo di tutti”, anzi, “mi sono fatto tutto a tutti . . . per guadagnare il maggior numero” . . . Tutto io faccio per il Vangelo” (1 Cor 9, 18-23).

Vi è nel Vangelo una particolare potenza di trasformazione dell’uomo. Vi è in esso una particolare forza di dedizione disinteressata agli altri sull’esempio di Cristo. Da esso nasce ciò che è più nobile nell’uomo. Ciò che fa la vita umana pienamente degna dell’uomo. Ciò per cui veramente vale la pena di vivere.

“Che cosa, infatti, potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?” (Mc 8, 37). È la domanda che occorre porsi sempre di nuovo. Tale domanda è particolarmente necessaria per la generazione contemporanea, la quale forse più che mai è minacciata dalla perdita del vero senso della vita. La minaccia viene dal pericolo di ridurre “in spiccioli” questo grande senso. Il Vangelo è un costante richiamo alla vita secondo questo grande senso che Cristo ha portato all’uomo.

Il Battesimo è un sacramento di una tale vita. È il suo inizio. “Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono . . . per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile? . . . Correte anche voi in modo da conquistarlo!” (1 Cor 9, 24-25). Così scrive san Paolo ai Corinzi, e tutte le sue parole sono un’eco di questa potenza di Cristo crocifisso e risorto, la quale non cessa di operare nella storia dell’uomo. “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).


Al termine della solenne concelebrazione il Santo Padre rivolge a quanti hanno partecipato alla Messa le seguenti espressioni.  

Carissimi fratelli e sorelle di Forlì, ringraziamo tutti il Signore per questo meraviglioso incontro che ci è stato dato oggi, 40° giorno dopo la risurrezione del Signore, il giorno della sua Ascensione. Abbiamo celebrato insieme l’Eucaristia, abbiamo potuto vivere tutti insieme, nella grande comunità della città e della diocesi, la nascita alla vita soprannaturale dei nuovi cristiani, la gioia dei loro genitori, padrini e madrine e la gioia di tutta la Chiesa, di tutta la comunità cristiana. Noi viviamo con questa gioia che ci è data oggi come dono. Io vi ringrazio per tutta la vostra buona accoglienza, per tutta la magnifica preparazione e per la profonda partecipazione a questi misteri sacramentali che ci danno un’espressione specificamente cristiana ed ecclesiale. Ringrazio tutti i presenti, tutti i cittadini di Forlì, le autorità, il vostro vescovo, il presbiterio, includendo in questi ringraziamenti non solamente la Chiesa di Forlì, ma anche quella di Bertinoro unita nella stessa persona del vescovo. Ringrazio tutti i presenti. In modo speciale ringrazio i giovani che hanno portato a questa comune celebrazione la testimonianza della loro giovinezza spirituale e auguro questa giovinezza spirituale a tutti i cristiani e a tutti i cittadini di quest’antica Chiesa di Forlì, specialmente agli anziani e ai sofferenti. Carissimi non possiamo mai essere stanchi, perché Cristo, che porta la croce, Cristo crocifisso, Cristo risorto, è sempre giovane, e sempre davanti. Allora camminiamo seguendo Cristo Gesù. Sia lodato il suo santo Nome.

 

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