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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(8-14 GIUGNO 1987)

CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON ORDINAZIONI SACERDOTALI A LUBLINO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Martedì, 9 giugno 1987

 

1. “Vi ho chiamati amici” (Gv 15, 15).

Oggi, lungo il percorso del mio pellegrinaggio in patria, si trova Lublino. Sono lieto di poter nuovamente essere in questa storica città, alla quale rimasi legato per diversi anni di lavoro all’Università Cattolica.

Saluto cordialmente Lublino: saluto la città e la Chiesa, che compie la sua missione in terra lublinese. Saluto il Vescovo di Lublino, i Vescovi Ausiliari, gli altri Vescovi presenti, i capitoli, tutto il clero della diocesi e le famiglie religiose maschili e femminili. Saluto i pellegrini provenienti dalle diocesi vicine: di Podlasie, di Sandomierz-Radom, di Kielce, di Przemysl, dall’arcidiocesi di Lubaczow e tutti coloro che sono giunti qui dall’estero. Nel giorno delle ordinazioni sacerdotali saluto in modo particolare i candidati al sacerdozio dei quattro seminari di Lublino (quello della diocesi di Lublino, dell’arcidiocesi di Lubaczow, dei padri cappuccini e dei chierici mariani) e di tutti i seminari diocesani e religiosi in Polonia, ed i seminaristi di rito greco-cattolico, che si preparano al sacerdozio a Lublino

Quanti ricordi storici vengono alla mente mentre mi trovo nella città, in cui il Cristianesimo ha mille anni di tradizione (l’insediamento a “Czwartek”e quello a “Dziesiata”), nella città che era la sede dell’unione della Polonia con la Lituania nel 1569, che ha vissuto tante guerre, incursioni e distruzioni. Il loro simbolo è il Majdanek dove avevo occasione di fermarmi con profonda commozione. Esprimo la mia gioia nel sapere che questa città vive e si sviluppa; che sorgono in essa nuovi quartieri e nuove chiese e che è una città di cinque atenei: l’Università Cattolica di Lublino, l’Università Statale “Maria Curie-Sklodowska”, l’Accademia Medica, l’Accademia Agraria e il Politecnico.

E come non nominare qui i legami della Chiesa di Lublino con l’antichissimo vescovado di Cracovia mediante l’arcidiaconato lublinese, mediante Kazimierz e Piotrawin, che ricorda san Stanislao vescovo e martire. Visito spiritualmente le reliquie del legno della santa croce nella basilica dei padri domenicani, ove molte volte mi sono recato a pregare.

2. Nell’ambito del Congresso Eucaristico, il mio odierno servizio si pone in un rapporto particolarmente stretto con il mistero dell’Eucaristia. Ecco, devono ricevere l’ordinazione presbiterale i qui presenti diaconi diocesani e religiosi di tutta la Polonia.

Perciò mi rivolgo in modo speciale a tutti coloro che sono qui convenuti a motivo di questa ordinazione: ai genitori ed alle famiglie, alle parrocchie dalle quali provengono i sacerdoti novelli di oggi, agli ambienti ai quali erano finora legati - e a quelli con i quali si legheranno in futuro mediante la loro vita ed il servizio sacerdotale.

“Sacerdote - scelto fra gli uomini - costituito per il bene degli uomini”, come leggiamo nella Lettera agli Ebrei (cf. Gv 5, 1). Perciò esprimo la gioia per il fatto che in questo momento in cui i figli della Chiesa di questa terra ricevono il sacramento del sacerdozio, è qui riunito così numeroso tutto il Popolo di Dio in mezzo al quale è maturata la vocazione sacerdotale dei neopresbiteri di oggi. È particolarmente eloquente la presenza di molti giovani, vostri coetanei e coetanee, con i quali siete uniti da legami di solidarietà, di amicizia e di comuni interessi. Siano per questo rese grazie a Cristo - colui che: “dopo aver amato i suoi . . . li amò sino alla fine” (Gv 13, 1), come ci ricorda il Congresso Eucaristico nel suo pensiero guida.

3. Oggi, in mezzo a noi è presente il Cristo. Cristo - cioè consacrato con l’unzione, Messia. Colui che con le parole del Libro di Isaia dice di sé: “Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione” (Is 61, 1). Ricordiamo che proprio con queste parole Gesù di Nazaret iniziò la propria missione messianica nella sua città.

Noi tutti, l’intero Popolo di Dio, abbiamo parte a questa “unzione” del Messia, che significa potenza dello Spirito Santo. Il sacramento del battesimo ci rende partecipi della missione di Cristo, come l’ha ricordato il Concilio Vaticano II. Sappiamo anche che già nel battesimo i catecumeni vengono unti. Diventano in questo modo partecipi del sacerdozio di Cristo, che è “universale”: tutti i battezzati sono chiamati ad offrire “sacrifici spirituali” (1 Pt 2, 5). Cristo-sacerdote desidera unire tutti al suo sacrificio redentivo, per far di noi “un sacrificio perenne, gradito al Padre”, come proclamiamo nella terza preghiera eucaristica.

Tutti, divenendo discepoli di Cristo, siamo chiamati a diventare per questo “il sale della terra” ed anche “la luce del mondo” (cf. Mt 5, 13-14). Nell’odierno Vangelo ascoltiamo questi due magnifici paragoni, che parlano del profondo senso della vocazione cristiana.

4. Non sono “il sale della terra” quelle famiglie cristiane in mezzo alle quali crescono tali vocazioni sacerdotali e religiose? Queste sane famiglie, dove i giovani sentono “il gusto” della verità evangelica e della vita nello spirito di questa verità!

Non sono “la luce del mondo” quelle comunità del Popolo di Dio - parrocchie ed altri ambienti - dove “non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti” (cf. Mt 5, 15): ai vicini ma anche ai lontani? Perché Cristo dice: “. . . risplenda la vostra luce davanti agli uomini” (Mt 5, 16). E questa luce sono le “opere buone” (Mt 5, 16): la vita conforme alla fede.

Non sono “la luce ed il sale della terra” quei fedeli che in tutti i settori della vita, specialmente nell’ambiente del lavoro, cercano di mettere in atto i principi del Vangelo, della solidarietà, della giustizia e dell’amore?

Il vostro compito, cari sacerdoti novelli, sarà la collaborazione con i laici consapevoli della responsabilità per la Chiesa, per la forma cristiana della vita. Bisogna dar loro fiducia. Come insegna il Concilio Vaticano II, essi hanno il loro posto ed il loro compito nella realizzazione della triplice missione di Cristo nella Chiesa. Vi è in loro un grande potenziale di buona volontà, di competenza, di disponibilità a servire.

Da voi, dai sacerdoti che entreranno nell’anno duemila, dipenderà in grande misura la formazione di una corretta consapevolezza sia dei laici che dei sacerdoti, affinché ogni cristiano sia una piccola parte viva della Chiesa-corpo di Cristo, che dà il contributo della propria fatica di vita, piena di sacrificio per il bene comune.

Il prossimo Sinodo dei Vescovi porterà alla Chiesa molta luce in questo campo.

5. Cari sacerdoti novelli! Oggi vi accostate all’altare dell’Eucaristia nella Chiesa del Popolo di Dio in terra lublinese, affinché questo sacerdozio “comune”, che portate in voi come deposito del battesimo e della confermazione, diventi - mediante il servizio apostolico del Vescovo - un nuovo sacramento.

Affinché il sacramento dell’ordine imprima nelle vostre giovani anime un nuovo indelebile segno: sigillo dello Spirito Santo. “. . . sacerdote scelto tra gli uomini - costituito per il bene degli uomini”.

Nella sua missione messianica Cristo, mediante il suo proprio sacrificio, è divenuto il sacerdote della nuova ed eterna alleanza con Dio. Egli ha offerto al Padre questo Sacrificio di se stesso, della sua vita e della sua morte. Del corpo che è “stato dato” per noi sulla croce - del sangue che è stato “versato per i peccati del mondo” (cf. Lc 22, 19-20).

Proprio in questo mondo si sono compiute le parole dell’evangelista “ci amò sino alla fine”.

Questo suo sacrificio, Cristo, il giorno prima della passione, durante l’Ultima Cena, l’ha istituito quale sacramento - il santissimo sacramento della Chiesa.

E il ministero di questo sacramento egli l’ha affidato agli apostoli ed a tutti coloro ai quali gli apostoli lo trasmettono di generazione in generazione. “Fate questo in memoria di me!” (Lc 22, 19).

Oggi il ministero dell’Eucaristia viene trasmesso a voi: cari sacerdoti novelli. “Fate questo in memoria di me”.

6. Siamo ora nella Chiesa che è in Lublino, in terra polacca - e allo stesso tempo siamo nel Cenacolo.

Voi ricevete lo stesso sacramento che hanno ricevuto gli apostoli durante l’Ultima Cena in unione con l’Eucaristia, allora istituita.

Diventate sacerdoti - cioè “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1), e specialmente di quel mistero sacramentale che è l’Eucaristia.

Sin d’ora dovete pensare e parlare di voi stessi così come faceva l’apostolo Paolo: “Ognuno ci consideri come ministri di Cristo” (1 Cor 4, 1). Sul terreno preparato nelle vostre anime dal sacerdozio comune che è di tutti i battezzati, viene innestato il sacerdozio ministeriale come sacramento strettamente legato all’Eucaristia. Ecco, dovete assumere lo stesso servizio che Cristo ha trasmesso agli apostoli nel Cenacolo. Col sacramento dell’ordine celebrando l’Eucaristia, dovete ravvivare costantemente, nelle diverse comunità del Popolo di Dio la consapevolezza di quel “sacerdozio comune”, che è anche il sacerdozio regale. Esso si esprime infatti nell’offrire “sacrifici spirituali” a Dio, “servire” il quale vuol dire “regnare” (cf. Lumen Gentium, 36).

7. Servire Dio - servire gli uomini: liberare in loro la coscienza del sacerdozio regale, di quella dignità, propria all’uomo come figlio o figlia di Dio stesso. All’uomo, al cristiano di cui si dice che è “un altro Cristo”.

Il Primate del millennio dice nei suoi “Appunti dalla prigione”: “. . . compio la mia missione sacerdotale. Per grazia di Dio la mia miseria non mi impedisce di servire uomini donando loro ciò che c’è di più prezioso al mondo.

Così ha camminato Cristo, ludibrio delle genti fino ad oggi. Lacero, percosso, sporco del fango della strada, coperto di sputi. Ma egli ha salvato il mondo . . . E lo ha salvato anche se il mondo aveva deriso il proprio Salvatore. Queste due strade sono parallele. La grazia del sacramento sostiene la mia incapacità; la divinità di Gesù sosteneva la sua incapacità . . . Che il mondo rida pure, purché si compia l’opera della salvezza” (Cardinale S. Wyszyński, Lettere dalla prigione, Bologna 1983, p. 63).

Sì, cari sacerdoti novelli! Servire gli uomini! Servire gli uomini in questa terra polacca, dove vi è un così grande bisogno del servizio della verità evangelica: della verità che libera ogni uomo. Come scrive san Paolo: “non falsificando le parole di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti ad ogni coscienza, al cospetto di Dio” (cf. 2 Cor 4,  2).

Questo è un insegnamento forte! L’insegnamento apostolico. Con la sua potenza cresce la Chiesa, si estende, dando testimonianza alla verità. E allo stesso tempo, cresce l’uomo! L’uomo infatti cresce mediante il giudizio della “coscienza”, cresce “al cospetto di Dio”. Come è attuale questo in un’epoca minacciata dalla morte delle coscienze e dall’allontanamento dell’uomo dal “cospetto di Dio” che ovunque libera la sua vera dignità.

Ma, figli cari! Per essere educatori di coscienze, per guidare gli altri, per aiutarli a rialzarsi dai peccati e dai vizi, per rialzare “il popolo che si perde d’animo”, noi stessi dobbiamo essere sempre pronti a presentarci “al cospetto di Dio” e “davanti ad ogni coscienza”. Dobbiamo esigere da noi stessi. Il sacerdozio è esigente. È esigente. Esige, e mediante questo libera.

Fissate lo sguardo negli esempi, che sono così numerosi in ogni diocesi. Io nominerò solamente san Massimiliano M. Kolbe, il Vescovo Michal Kozal, martire a Dachau, che durante questo Congresso Eucaristico, mi sarà dato elevare alla gloria degli altari, don Wojciec Blaszyns, don Jan Balicki, don Aleksander Fedorowicz, don Wladyslaw Kornilowicz, che fu direttore del convitto dei sacerdoti-studenti dell’Università Cattolica di Lublino e cofondatore dell’opera di Laski per i non vedenti nel corpo e nell’anima, infine il giovane don Jerzy Popieluszko, che fu disposto al sacrificio fino alla morte.

8. “Imitamini, quod tractatis!” - ci esorta il Vescovo nella santa liturgia. E: “quod tractatis”? Quod tractatis? Non è proprio quell’“amore con cui Cristo, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”?

Il vostro servizio consiste proprio in questo. Dovete servire la dignità dell’uomo, la sua liberazione, dovete rialzare dalle cadute, dalle crisi gli uomini e gli ambienti, con la testimonianza proprio di quell’amore che è in Cristo: che viene da Cristo.

“Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù” (2 Cor 4, 5). Bisogna dunque che Dio “rifulga nei vostri cuori” quella luce che è il Cristo - affinché questa luce possa “riflettersi” in altri cuori (cf. 2 Cor 4, 6).

9. Il sacerdozio è un sacramento sociale. È la sorgente di particolari energie apostoliche e di apostoliche possibilità.

Tutto questo diventa oggi la vostra parte, sacerdoti novelli. Come un dono per voi - e in voi come un dono per la Chiesa. Per questa Chiesa in terra polacca - e in tutta la terra. La Chiesa infatti in ogni luogo è missionaria, rimane “in stato di missione” - e questa caratteristica missionaria è inscritta in modo tutto particolare nella vocazione sacerdotale.

Dunque inginocchiatevi! Anzi: prostratevi davanti alla grandezza del sacramento; che dovete ricevere oggi “mediante l’imposizione delle mani del Vescovo”.

E se quello che deve compiersi agli occhi della Chiesa in terra lublinese, viene accompagnato dal timore interiore, dalla trepidazione del giovane cuore - è bene così tale timore esprime il senso di responsabilità. È bene così.

Una profonda verità viene infatti espressa dalle parole dell’Apostolo: “Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi” (2 Cor 4, 7).

Sì. Da Dio. Non da noi. Da Dio!

Al termine del rito di ordinazione il Papa ha salutato l’assemblea con queste parole

“Ringrazio la Chiesa di Lublino per la visita odierna; ringrazio il Vescovo, i confratelli nell’episcopato, i sacerdoti, gli ordini maschili e femminili, tutto il Popolo di Dio, tutti i pellegrini, i partecipanti alla santissima Eucaristia, come pure quelli che sono davanti a me e dietro le mie spalle alla mia destra e alla mia sinistra, poiché infatti così numerosi eravate qui a circondare il Papa per questa straordinaria Eucaristia, durante la quale hanno ricevuto gli ordini sacerdotali i figli della nazione polacca delle diverse diocesi e congregazioni. Salutando tutti i pellegrini voglio indirizzare il mio saluto anche ai nostri confratelli slavi il cui striscione è dinanzi all’altare e che purtroppo non riesco a leggere. Auguriamo a tutti i neopresbiteri di andare - come disse nostro Signore Gesù Cristo agli apostoli - e portare frutto e che il loro frutto sia duraturo, che possa durare sulla terra polacca, ovunque dove nostro Signore Gesù li chiama per il servizio sacerdotale. Mi rallegro oggi con la Chiesa di Lublino, madre di tutte le Chiese di questa terra, di questa antichissima, jagellonica terra polacca. Terra provata, terra fedele. Di tutte le Chiese sempre più numerose, poiché cresce il Popolo di Dio, cresce il bisogno di chiese. Mi rallegro per il numero crescente di chiese nella diocesi di Lublino e auguro a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che Cristo abbia in mezzo a voi, sempre e ovunque, un tetto sopra la testa. Infine, ringrazio per la partecipazione a questo sacrificio, per la partecipazione espressa con la preghiera, col canto e col silenzio. Il profondissimo, religioso silenzio, della grande folla. Penso che nostro Signore Gesù Cristo abbia ascoltato e accettato sia la parola, sia il canto che il nostro eloquente silenzio, con cui abbiamo detto tanto di noi. Che la nostra parola, il nostro canto e il nostro silenzio arrivino al suo cuore e che egli - forza per un millennio del Popolo di Dio su tutta la terra - sia sempre con noi, sia sempre la nostra forza. Sia lodato Gesù Cristo. Ancora un ringraziamento. Voglio ringraziare la pioggia, che ha cominciato a cadere solo alla fine dell’incontro. Questa mattina il Vescovo di Lublino mi ha detto: “Non pioverà”. Mi rallegra il fatto che questa profezia benché non interamente, si sia avverata in modo per noi vantaggioso. Dio vi assista tutti!”



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