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CANONIZZAZIONE DI 117 MARTIRI VIETNAMITI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 19 giugno 1988

 

1. “Noi predichiamo Cristo crocifisso” (1 Cor 1, 23).

Con queste parole di san Paolo apostolo la Chiesa di Roma saluta oggi la Chiesa in Vietnam, che, se pur geograficamente lontana, è tanto vicina al nostro cuore; e saluta, nello stesso tempo, l’intera nazione vietnamita, alla quale, con tutto l’affetto, augura ogni bene.

Il mio primo, cordiale ed affettuoso pensiero va al caro fratello, il Cardinale Josep Marie Trinh Van Can, Arcivescovo di Ha Nòi ed a tutto il collegio episcopale della Chiesa vietnamita, che mi è caro sentire riunito spiritualmente intorno a me in questo momento. Con loro saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nell’attività missionaria, tutti i fedeli cristiani di quella nazione alla quale mi sento, in questo momento, profondamente e particolarmente vicino.

Desidero anche salutare i cari fratelli nell’episcopato provenienti assieme a gruppi di fedeli della Spagna, dalla Francia e dalle Filippine, Paesi tra loro uniti da tre secoli nell’evangelizzazione di quelle terre. Sono qui per ricordare i numerosi fratelli missionari originari delle loro nazioni.

Invio inoltre un saluto ai padri domenicani della provincia del santo Rosario, fondata 400 anni fa, e all’Istituto delle Missioni Estere di Parigi; a queste due famiglie religiose appartengono molti tra i vescovi e i sacerdoti che oggi veneriamo come martiri della fede e della predicazione del Vangelo.

2. Nella grande comunità della Chiesa io vi saluto in modo speciale cari fratelli e sorelle vietnamiti venuti qui da tutte le parti del mondo, dall’America e dall’Asia, dall’Australia e da tutti i Paesi d’Europa. So che siete animati dal desiderio di onorare i vostri fratelli martiri ma anche dal bisogno di ricostruire attorno alla loro memoria la fraternità, l’amicizia, l’affetto di cui i vostri cuori sono colmi, dal momento che voi tutti siete originari dalla stessa patria. Ravvivando i vostri ricordi, è verso la vostra patria che voi rivolgete con amore, con nostalgia, con il desiderio di vivere qui, voi che vi trovate nella diaspora, un istante di comunione ricco di speranza. Proclamando con voi il Cristo crocifisso, vogliamo oggi rendere grazie a Dio per la particolare testimonianza che gli hanno offerto i martiri della vostra Chiesa, siano essi stati i molti figli e figlie del Vietnam o i missionari venuti da Paesi nei quali la fede in Cristo aveva già posto le sue radici.

La vostra tradizione ci ricorda che la storia del martirio della Chiesa vietnamita dalle sue origini è ben più ampia e più complessa. Dal 1533, cioè dall’inizio della predicazione cristiana nel sud-est asiatico, la Chiesa in Vietnam ha subito, nel corso di tre secoli, diverse persecuzioni che si sono succedute, con qualche tregua, come quelle che hanno colpito la Chiesa in Occidente nei primi tre secoli di vita. Ci furono migliaia di cristiani mandati al martirio, e moltissimi sono coloro che sono morti sulle montagne, nelle foreste, nei territori insalubri dove erano stati esiliati.

Come ricordarli tutti? Anche se ci limitassimo a quelli canonizzati oggi, non potremmo soffermarci su ciascuno di loro. Sono 117, tra cui otto vescovi, cinquanta sacerdoti, cinquantanove laici, e tra di essi troviamo una donna, Agnese Le Thi Thành, madre di sei bambini.

È sufficiente richiamare una o due figure, come quella del padre Vincent Liem, domenicano, mandato al martirio nel 1773; è il primo di 96 martiri di nazionalità vietnamita. E poi un altro sacerdote, Andrè Dung-Lac, i cui genitori, pagani, erano poverissimi; affidato dall’infanzia ad un catechista, diventa prete nel 1823, e fu parroco e missionario in diverse località del Paese. Salvato dalla prigione più di una volta, grazie ai riscatti generosamente pagati dai fedeli, desiderava ardentemente il martirio. “Chi muore per la fede” diceva “sale in cielo; al contrario, noi che ci nascondiamo continuamente, spendiamo del denaro per sottrarci ai persecutori! Sarebbe molto meglio lasciarci arrestare e morire”. Sostenuto da un grande zelo e dalla grazia del Signore, subì il martirio della decapitazione ad Hanoi il 21 dicembre 1839.

3. Il Vangelo di oggi ci ha ricordato le parole con le quali Cristo Gesù ha annunciato ai suoi discepoli le persecuzioni che avrebbero subito: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani” (Mt 10, 17-18). Gesù ha parlato agli apostoli e ai discepoli di tutti i tempi; ha parlato con grande franchezza! Non ha fatto baluginare davanti a loro delle false promesse ma, nella pienezza della verità che caratterizzava sempre le sue parole, li ha preparati al peggio: “II fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 21-22).

4. Tuttavia il divino Maestro non ha lasciato i suoi discepoli e i suoi fedeli indifesi di fronte alle grandi persecuzioni: “Quando vi arresteranno non preoccupatevi di ciò che direte; non sarete voi a parlare; lo Spirito di vostro Padre parlerà per voi” (Mt 10, 19-20).

Lo Spirito santo. Lo Spirito della verità. Egli sarà la forza per la vostra debolezza. Con la sua forza voi darete testimonianza.

Il fatto stesso che dobbiate dare testimonianza di Cristo crocefisso, non necessita forse una saggezza e una forza superiori alle forze umane?

E non è forse a proposito di Cristo che l’Apostolo scrive che è considerato “scandalo secondo gli ebrei, stolto secondo i greci?” (1 Cor 1, 23).

Così avvenne ai tempi degli apostoli. Così ciò si ripete nelle diverse epoche della storia, in tempi e luoghi diversi. Così avvenne anche ai tempi della persecuzione religiosa contro i cristiani vietnamiti.

Era dunque necessaria la forza e la saggezza di Dio per proclamare questo mistero dell’amore di Dio, cioè, la redenzione del mondo per mezzo della croce: il mistero più grande ed, allo stesso tempo, umanamente inconcepibile.

 “Poiché ciò che è stolto in Dio è più saggio degli uomini, e ciò che è debole in Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 11, 25).

Proprio per questo l’Apostolo scrive: “Noi predichiamo Cristo crocefisso”: Cristo che - concretamente nel suo mistero pasquale - è “forza e saggezza di Dio” (1 Cor 1, 23-24).

5. Così dunque oggi, abbiamo davanti agli occhi i martiri vietnamiti come quei mietitori di Dio a cui si riferisce il salmo:
“Coloro che seminano con le lacrime
raccolgono tra i cantici.
Partendo piangono
portando con sé i semi;
tornando cantano portando con sé il loro raccolto” (Sal 126 [125], 5-6).

Alla luce di queste misteriose parole possiamo comprendere il vero significato della testimonianza storica dei martiri della Chiesa vietnamita. Con le loro lacrime ha avuto luogo quella semina del Vangelo e della grazia, da cui è ampiamente sgorgato il dono della fede: “Se il chicco di grano non cade in terra e muore, rimane infecondo; ma se muore dà molti frutti” (Gv 12, 24).

I martiri vietnamiti “seminando fra le lacrime”, in realtà iniziarono un dialogo profondo e liberatore con la popolazione e la cultura della loro nazione, proclamando prima di tutto la verità e l’universalità della fede in Dio, proponendo inoltre una gerarchia di valori e di doveri particolarmente adeguata alla cultura religiosa di tutto il mondo orientale. Sotto la guida del primo catechismo vietnamita, diedero testimonianza del fatto che è necessario adorare un solo Dio, come Dio unico che ha creato cielo e terra. Di fronte alle disposizioni coattive delle autorità riguardo alla pratica della fede, essi affermarono la propria libertà di credo, sostenendo con umile coraggio che la religione cristiana era l’unica cosa che non potevano abbandonare, poiché non potevano disobbedire al supremo sovrano: il Signore. Inoltre proclamarono con forza la loro volontà di essere leali nei confronti delle autorità del Paese, senza contravvenire a tutto ciò che fosse giusto e onesto; insegnarono a rispettare ed a venerare gli antenati, secondo gli usi della propria terra, alla luce del mistero della resurrezione. La Chiesa vietnamita, con i suoi martiri e mediante la propria testimonianza, ha potuto proclamare il proprio impegno e la propria volontà di non rifiutare la tradizione culturale e le istituzioni legali del Paese; al contrario ha dichiarato e dimostrato che vuole incarnarsi in questa, contribuendo con fedeltà alla vera crescita della patria.

In seguito, i conflitti e le tensioni politiche che sorsero nelle relazioni dei cristiani con le autorità, gli interessi di altre confessioni religiose, le ragioni economiche e sociali, l’incomprensione riguardo la trascendenza e l’universalità della fede, formarono quel crogiolo terreno in cui venne offerta la purezza e la forza di questa straordinaria testimonianza.

6. Ma dalla lunga teoria dei martiri, delle loro sofferenze, delle loro lacrime viene la “mietitura del Signore”. Sono loro, i nostri maestri, che mi danno la grande opportunità di presentare alla Chiesa intera la vitalità e la grandezza della Chiesa vietnamita, il suo vigore, la sua pazienza, la sua capacità di affrontare le difficoltà d’ogni sorta e di proclamare Cristo. Rendiamo grazie al Signore per ciò che lo Spirito genera con abbondanza in mezzo a noi!

Ancora una volta possiamo dire che il sangue dei martiri è per voi, cristiani del Vietnam, una fonte di grazia per progredire nella fede. In voi la fede dei nostri padri continua a trasmettersi ancora alle nuove generazioni. Questa fede resta il fondamento della perseveranza di tutti coloro che, sentendosi autenticamente vietnamiti, fedeli alla loro terra, vogliono al tempo stesso continuare ad essere dei veri discepoli di Cristo. Tutti i cristiani sanno che il Vangelo chiede di essere sottomessi alle istituzioni degli uomini per l’amore verso il Signore, di fare il bene, di comportarsi da uomini liberi, di rispettare tutti, di amare i fratelli, di avere timor di Dio, di onorare le autorità e le pubbliche istituzioni (cf. 1 Pt 2, 13-17). La ricerca del bene comune della patria è dunque un dovere sincero per il cittadino cristiano, nella libertà di proclamare la verità di Dio, in comunione con i pastori e con i fratelli nella fede, nel desiderio di vivere in pace con gli altri uomini pr costruire con coscienza il bene di tutti.

7. “Sanguis martyrum, semen christianorum”. “Semen christianorum”. Oltre alle migliaia di fedeli che, nei secoli passati, hanno camminato sui passi di Cristo, vi sono ancora oggi coloro che lavorano, talvolta nell’angoscia e nell’abnegazione, con la sola ambizione di poter perseverare nella vigna del Signore come fedeli che comprendono i beni del Regno di Dio.

“Semen chrstianorum”, sono tutti coloro che, ancora oggi, in mezzo al loro popolo e per la causa di Dio si sforzano di comprendere il senso del Vangelo di Cristo e della sua croce, con il dovere che ciò comporta di lavorare e di pregare per la venuta del Regno del nostro Padre in tutte le anime, e particolarmente nel Paese dove il Signore li ha chiamati a vivere. Questo dovere, questa attività interiore costante e rigorosa, esigono la pazienza e l’attesa fiduciosa di chi sa che la Provvidenza di Dio lavora con loro per rendere efficaci i loro sforzi e anche le loro sofferenze.

8. “La vita dei giusti è nella mani di Dio” (Sap 3, 1).
Il libro della Sapienza proclama questa splendida verità che inonda con tanta luce l’avvenimento che oggi celebriamo.
Sì. “La vita dei giusti è nella mani di Dio e non patiranno tormenti”. Potrebbe sembrare che queste parole non corrispondano alla realtà storica: in effetti i martiri patirono tormenti, e in che misura!
Ma l’autore ispirato sviluppa maggiormente il suo pensiero:
“La gente insensata pensava che morissero,
consideravano il loro trapasso come una disgrazia,
la loro dipartita da noi come una distruzione;
ma loro sono in pace.
La gente pensava che fossero stati castigati;
ma loro aspettavano sicuri l’immortalità” (Sap 3, 2-4).
Santi martiri! Martiri vietnamiti! Testimoni della vittoria di Cristo sulla morte! Testimoni della vocazione dell’uomo all’immortalità.

Il libro della Sapienza continua: “Avete un poco sofferto; riceverete grandi doni, perché Dio vi ha messo alla prova e vi ha trovati degni di lui: vi ha provati come l’oro nel crogiolo, vi ha ricevuti come sacrificio di un olocausto” (cf. Sap 3, 5-6).

Sì. Come in olocausto, uniti al sacrificio della croce di Cristo. Effettivamente, proprio voi, martiri del Vietnam, avete proclamato fino alle estreme conseguenze Cristo crocefisso, saggezza e forza di Dio. Rivolgiamoci a Cristo, grazie al quale raggiungiamo la salvezza in Dio.

9. “Quanti confidano in lui - in Cristo crocifisso e risorto - comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti” (cf. Sap 3, 9).
Voi - martirizzati! Voi - eletti!
Ascoltate fino alla fine ciò che dice di voi il libro della Sapienza: “Nel giorno del loro giudizio risplenderanno come scintille nella stoppia, correranno qua e là” (Sap 3, 7).

Come scintille, come fiammelle di una luce che illumina e accende . . . Ascoltate fino alla fine ciò che dice di voi il libro della Sapienza:
“Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro” (Sap 3, 8).
Il Signore . . .
Cristo crocifisso e risorto.
Colui che è venuto nel mondo - non per “giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 17).
Questo Cristo!
Come avete partecipato alla sua sofferenza e alla sua croce, così abbiate parte nella salvezza del mondo, da lui operata.
La vostra messe duri nella gioia!

 

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