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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

SANTA MESSA NEL «LARGO DE GOTO» DI BEIRA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Beira (Mozambico) - Sabato, 17 settembre 1988

 

“Ti lodino i popoli, Dio
ti lodino i popoli tutti”
(Sal 67[66], 6).

1. Ripetiamo oggi queste parole del salmista, in terra mozambicana. Le ripeto qui, insieme a voi, carissimi fratelli e sorelle, figli e figlie del popolo che abita questa terra ospitale e piena di speranza: qui a Beira centro di diffusione del cristianesimo nel vostro Paese.

Tutti i popoli ti glorificano o Dio, per la grazia del mio incontro con la Chiesa che vive qui, che è un unico gregge, che si distingue fra le nazioni, offrendo il vangelo della pace e realizzando nella speranza il suo pellegrinaggio (cf. Unitatis Redintegratio, 2); essa è anche impegnata a promuovere e a valorizzare tutto ciò che di vero, buono, e bello si trova nella comunità degli uomini (cf. Gaudium et Spes, 76).

Saluto, con affetto, la Chiesa qui riunita, nel nome del Signore; e anche tutta la Chiesa - pastori e fedeli - che è nel Mozambico. Saluto, in modo speciale, il pastore di questa arcidiocesi, dom Jaime Pedro Gonçalves e il suo Vescovo ausiliare e tutti gli altri prelati, soprattutto quelli delle diocesi suffraganee di Quelimane e Tete, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le persone consacrate, coloro che hanno la vocazione, i catechisti e gli animatori di comunità e tutti i fedeli presenti. Allo stesso tempo, saluto questa giovane nazione; la saluto per la sua indipendenza; saluto tutta la popolazione, e gli illustri responsabili del suo destino. Voglio qui riconoscere i meriti di coloro che hanno contribuito a edificare questa comunità nazionale, a costo di sacrifici; e rendere omaggio ai molti missionari che hanno lavorato e lavorano in tutto il Mozambico per costruire questa Chiesa viva.

2. È per me motivo di intensa gioia essere qui oggi, a celebrare in questa Eucaristia la grazia dell’evangelizzazione, compiendo allo stesso tempo la missione di Pietro nella vostra terra; vengo come pellegrino del Vangelo e come missionario, mandato dal Padre e da Gesù Cristo. In questa Chiesa missionaria, in virtù del ministero pontificio, che un misterioso disegno di Dio mi ha affidato, sono consapevole di essere il primo responsabile dell’opera evangelizzatrice. E quindi:

- come pastore della Chiesa universale, obbedendo al Buon Pastore, vengo “a conoscere” e “a pascere” le pecorelle del suo gregge, a dargli l’opportunità di “vedere Pietro” nella persona del suo umile successore e Vescovo di Roma, che qui viene a compiere il mandato di “confermare i fratelli”;

- come Vicario di Cristo, vengo ad annunciare il Regno di Dio, desideroso di portare a tutti la sua benedizione e la sua pace.

3. Vengo, inoltre, nel Mozambico - e oggi a Beira - in nome di Gesù Cristo. Egli - dopo aver compiuto la sua missione di Messia sulla terra affermò: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”; e diede agli apostoli il seguente incarico: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 18-20).

Gli apostoli obbedirono prontamente. E da quel momento in poi adempiendo a questo mandato del Signore Gesù, molti missionari hanno percorso le strade del mondo intero. E venne il tempo in cui questo ordine del Redentore degli uomini cominciò a realizzarsi anche fra i popoli che abitavano il continente africano, lungo la costa dell’Oceano Indiano. E qui cominciò a stabilirsi la Chiesa, nata dal mistero pasquale e propagatasi per la missione data da Gesù Cristo, il primo evangelizzatore, o meglio, il “Vangelo di Dio”.

4. La storia ci dice che, alla fine del XV secolo, con i navigatori portoghesi che giunsero nell’Isola di Mozambico, arrivarono con le loro caravelle alcuni sacerdoti missionari, portando il Vangelo come bagaglio e la croce come emblema. Tra essi, la storia annovera il nome di san Francesco Saverio, il quale, dopo alcuni mesi di permanenza nell’Isola di Mozambico, proseguì il suo viaggio verso l’India. Successivamente arrivarono nuovi missionari, dell’Ordine dei Domenicani e della Compagnia di Gesù, che qui iniziarono l’opera di evangelizzazione.

Dopo questo lavoro pionieristico, altre famiglie religiose vennero a unirsi ai primi che qui “diffusero la Parola della verità e fondarono la Chiesa” (S. Augustini “Enarrat. in Ps. 44,23”; CCL 38, 510): dagli agostiniani ai Fratelli di san Giovanni di Dio, dai francescani ai padri di Cernache e ai padri del Verbo Divino e montfortani, senza parlare dei più recenti.

Nella loro opera di evangelizzazione contribuirono anche alla promozione sociale e culturale delle popolazioni di questo territorio che oggi costituisce la nazione mozambicana. Obbedendo alle parole del Maestro - “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo” (Mc 16, 16) - i missionari compirono un’opera vasta e meritoria, malgrado le limitazioni imposte dai condizionamenti delle diverse epoche. Ciò è comprovato dalla vostra presenza qui, oggi.

5. Sono note le non facili condizioni in cui, attualmente, qui, si realizza la propagazione del Vangelo, e gli ostacoli al dinamismo del Regno, per la piena realizzazione del mandato: “fare discepoli” e insegnargli a compiere “tutto ciò” che il Signore comandò. E ciò non proviene soltanto dalle mancanze del passato; ma è segno di tutta una situazione di ricerca di nuovi cammini, in questa giovane nazione.

Il quadro frequentemente descritto dai missionari che vivono con voi, non è senza ombre, a causa dell’incombente situazione d’insicurezza, dovuta alla violenza, che, come sempre, genera violenza, ansia e morte, rimanendo limitati gli spazi di libertà. Questa situazione si aggrava ulteriormente quando si osserva la diffusione e la socializzazione dell’atteggiamento degli uomini, individuale e collettivo, di chiudersi alla trascendenza, di chiudersi a Dio. Ma non vorrei tralasciare di riconoscere qui gli sforzi che si stanno facendo, in questo momento, per superare tali difficoltà.

Una società - come sappiamo - dipende dal tipo di uomini che la costituiscono; e il suo autentico ed integrale sviluppo non può prescindere dalla realtà e dalla vocazione dell’uomo, dall’uguaglianza fondamentale delle persone, con tutti i suoi diritti e i suoi doveri. E se ne prescinde ciò si ripercuoterà anche sulla famiglia, sulla scuola, sui gruppi intermedi e infine sulla società come tale.

In effetti, fino a quando gli individui e le comunità non vedranno rigorosamente rispettate le esigenze morali, spirituali e culturali fondate sulla dignità della persona umana e sull’identità di ogni comunità, tutti gli altri beni risulteranno insoddisfacenti. È, in fondo, ciò che lo stesso Signore predicava, a proposito della gerarchia dei valori: “Quale vantaggio avrà infatti l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la sua anima?” (Mt 16, 26; Sollicitudo Rei Socialis, 29-33).

6. Nonostante gli ostacoli incontrati, la Chiesa di Cristo, chiamata a seguire la via che egli le indicò, quando realizzò l’opera della redenzione nella povertà e nella persecuzione, continua a camminare. E per questo trova forza nel potere del Signore risorto (cf. Lumen Gentium, 8). Riferendoci, ancora una volta, alle parole del salmo responsoriale, ripetiamo la supplica: “Dio, abbi pietà di noi . . . su di noi risplenda la luce del tuo volto” (Sal 67 [66], 1).

Questa “luce del volto di Dio”, risplende tra gli uomini, quando la vita sociale si svolge secondo lo spirito di giustizia e di pace. Realmente la giustizia unisce il cielo e la terra, in perfetta armonia, dal momento in cui “la terra fece germogliare il Giusto”, Gesù Cristo, che è la nostra pace. Egli è il “frutto” di una terra resa feconda dallo Spirito Santo; incarnò e realizzò la nostra salvezza, rivolta ad un perfezionamento della terra e degli uomini, originando e sostenendo la nostra speranza. Per questo, continua la preghiera del salmista: “Esultino le genti e si rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le nazioni sulla terra” (Sal 67 [66], 5).

7. Portare la buona novella del Regno, “che è già e non ancora”, è l’eterna missione della Chiesa “fino alla fine del mondo” come comunità di speranza e amore fraterno: “Perché si conosca sulla terra la tua via, tra tutte le genti la tua salvezza” (Sal 67 [66], 3). Anche in questa regione e popolo del Mozambico evangelizzare “è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 26); è testimoniare che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16); che Dio è Padre, ricco di misericordia, e offre continuamente agli uomini la possibilità di entrare a vivere nell’ambito della salvezza. Evangelizzare è, anche, impegnarsi affinché si realizzi la richiesta del “Padre nostro”: “Venga il tuo regno”.

In questo Regno si entra in forza della grazia del Battesimo: “Battezzateli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19); e in esso si permane e si vive grazie ad un continuo sforzo di conversione e il ricorso alla vita sacramentale, affinché si possa compiere “tutto ciò” che il Signore ci aveva comandato e volle che ci fosse insegnato, dal momento in cui, nel Battesimo, chiedemmo alla Chiesa il dono della fede per la vita eterna.

8. La salvezza, quale annuncio profetico dell’aldilà e come profonda vocazione dell’uomo, si trova al tempo stesso in continuità e in discontinuità, con la situazione storica presente, nello scenario di questo mondo che passa (cf. 1 Cor 7, 31). Ma deve segnare l’uomo, i suoi valori, la sua convivenza sociale e la coscienza di se stesso. In Cristo e per Cristo, nasce “l’uomo nuovo”, con quella novità di “giustizia” e “santità” ottenuta per lui nel mistero pasquale. Ed è con “gli uomini nuovi” che devono nascere le società nuove.

Ma affinché il messaggio della salvezza, il Vangelo, influenzi effettivamente la vita dell’uomo del Mozambico, è necessario che egli lo comprenda e lo veda come un bene per se stesso, come un valore che può portargli un arricchimento. Si pone il problema dell’inculturazione.

9. È un lavoro importante e delicato, che esige discernimento, serietà, competenza e rispetto, al fine di tradurre, senza tradire la sua verità essenziale, tutto il messaggio del Vangelo in un “linguaggio”, in senso lato, che possa offrire all’uomo del Mozambico un “linguaggio” per il suo “dialogo” con Dio e con i suoi fratelli. Vorrei manifestare una duplice fiducia:

- in Dio, la cui Parola si incarnò in Gesù Cristo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). Assumendo così la dimensione della nostra storia e il volto del nostro mondo, si rivestì della “nostra” cultura e prese su di sé il peso delle nostre situazioni. Comunicò e si fece comunione. È questo il modello da seguire, affinché l’evangelizzazione possa dirsi, in tutti i sensi, il prolungamento della rivelazione che Dio fece di se stesso;

- nei pastori e diretti collaboratori in questa terra mozambicana, che hanno dato prova di sapienza e delicatezza, nello sforzo di collegare in modo armonioso le esigenze del Vangelo con le tracce della cultura locale, tenendo conto della presenza della Chiesa universale.

Dovendo entrare in contatto con tutti i popoli e tutte le culture la Chiesa vuole arricchirsi dei veri valori che vi incontra. E l’esperienza le insegna che pastoralmente è utile adoperare espressioni culturali peculiari in un popolo, per esempio, nelle relazioni all’interno della comunità, nella preghiera, nella catechesi e nella liturgia. Ma in questo campo deve rispettare, con amorosa e totale fedeltà, i testi e i riti che l’autorità legittima decise di escludere dall’ambito della creatività delle persone e dei gruppi.

10. In questo momento si vive nel Mozambico un’esperienza ecclesiale della carità, nella speranza della riconciliazione dell’uomo con Dio, con se stesso e con gli altri. Il Vangelo è riconciliazione e comunione. E mi rallegro di sapere che la Chiesa è consapevole che ciò che deve dire agli uomini, come Chiesa, non scaturisce semplicemente da una situazione particolare e non è un semplice risultato di riflessioni umane: ha la sua fonte in Gesù Cristo, “lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8).

Il Vangelo è ascolto e dialogo, che richiede vigore e coraggio apostolico. Dio parla e vuole parlare, attraverso le situazioni presenti, al popolo del Mozambico. E spetta ai pastori interpretare questa parola presso le comunità cristiane. Molto è stato fatto, malgrado le difficoltà. Ma molto resta ancora da fare.

Questo popolo, che si interroga, sarà certamente portatore di messaggi che prospetteranno un futuro più umano per il popolo del Mozambico. La lotta per salvare la propria vita e quella dei propri simili, ispirata da sentimenti di carità e di solidarietà, non mancherà di plasmare, prima o poi, la grande famiglia della nazione.

11. L’azione evangelizzatrice globale deve proseguire, senza rotture né debolezze. In questo momento, in cui circolano frequentemente notizie tristi nel Mozambico e sul Mozambico, bisogna indicare a tutti il progetto di salvezza di Dio, segnalato nella Bibbia: la buona novella della gioia per il Salvatore venuto a instaurare il regno della fraternità e della pace tra tutti gli uomini.

Continui il dialogo dei responsabili della Chiesa, con chi di diritto, a favore della vita e della libertà e per raggiungere le infrastrutture necessarie all’evangelizzazione, come servizio di valorizzazione integrale dell’uomo e della società. La Parola e lo Spirito della verità non potranno altrimenti, in seguito, educare nel rispetto, far crescere nell’amore, purificare e liberare dalla ambiguità, restituendo alle persone la loro dignità e libertà; “La verità vi farà liberi” (Gv 8, 32).

12.     Dopo la sua risurrezione - e prima di ricongiungersi al Padre - Cristo Signore rimase con i suoi discepoli preparandoli al giorno della Pentecoste: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi; e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”(At 1, 8).

Sarete miei testimoni anche nel Mozambico. Oggi nel Mozambico, i testimoni di Cristo risorto siete voi: tutti coloro che ascoltano e accolgono la Parola di Dio, si impegnano a vivere cristianamente, ciascuno secondo la sua vocazione, e testimoniano anche silenziosamente, la buona novella della salvezza. È compito di tutti i battezzati i quali, avendo ricevuto il dono della fede, si sentono adulti nella Chiesa, responsabili nella comunità, consapevoli di appartenere al regno del re-servitore e sacerdote-profeta, Gesù Cristo.

È dovere che spetta ai Vescovi e ai sacerdoti, ai membri degli istituti di vita consacrata e ai laici e, tra di loro, soprattutto a coloro che sono impegnati nell’apostolato, ai genitori, ai padrini, ai catechisti, agli animatori delle comunità; ma anche ai giovani, agli anziani, a coloro che soffrono, e infine a tutto il Popolo di Dio (cf. Ad Gentes, 35-41).

L’evangelizzazione è un’opera di fede ma è anche un’arte; e come tale esige preparazione ed uso di mezzi adeguati. Conosco gli sforzi e sacrifici che fate in tale direzione, affinché il Vangelo si diffonda e metta radici nell’anima del vostro popolo. Vi incoraggio a proseguire nella certezza che l’impegno principale dell’evangelizzazione è con il Vangelo; e il resto, per quanto urgente, è sussidiario (cf. Mt 6, 33).

13. Ancora una volta insieme a voi, prego con le parole ispirate del salmista: “Dio abbia compassione di noi!”. Dio abbia compassione del vostro Paese! E vi dia la sua benedizione, per continuare l’opera di evangelizzazione che vi impegna a rivelare a tutti, grandi e piccoli, “il mistero nascosto da secoli e da generazioni” (Col 1, 26). E che risplenda su di voi la luce del suo volto!

Sì! Che Dio faccia risplendere la luce del suo volto e illumini il cammino che deve intraprendere il Mozambico in futuro: la società e la Chiesa!

Nel momento in cui il Signore Gesù “inviava” gli apostoli in tutto il mondo, prima disse loro: “Mi fu dato ogni potere in cielo e in terra”. Non si tratta, ovviamente, di un potere temporale o politico. È il potere di decidere ciò che riguarda Dio sulla terra: è il potere sul peccato e sulla coscienza di tutti e ciascun uomo.

È il potere che fu consolidato nel sacrificio della croce e che fu rivelato nella resurrezione per la vittoria sulla morte.
È il potere che non è di origine umana: ma, veramente di origine divina.
È grazie all’autorità che tale potere gli conferisce, che Gesù parla agli apostoli nel momento della separazione visibile; e per gli apostoli, parla alla Chiesa nel corso di tutte le generazioni; parla, qui e adesso, proprio a noi, nel Mozambico.
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Anche qui, con i missionari, prima di noi. E oggi, con noi!
In mezzo a tutte le sofferenze e le privazioni del nostro tempo, possano queste parole diventare per noi sempre più motivo di perseveranza e servirci di sostegno.
Gloria a te, Re dei secoli!

Amen.



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