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SANTA MESSA NELLA CAPPELLA
DELLA NUNZIATURA APOSTOLICA D'ITALIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 7 maggio 1989

 

1. “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine” (Ap 22, 13). È Cristo che parla dal trono della sua gloria nel cielo. La Chiesa lo ascolta, levando verso di lui il suo sguardo con intenso trasporto di amore come il diacono Stefano, il quale “fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra” (At 7, 55).

La Chiesa guarda ed attende. In questa domenica dopo l’Ascensione, essa vive l’aspettativa dell’evento promesso dal Signore prima della sua dipartita: “Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14, 16). La Chiesa sa di avere bisogno di “essere rivestita di potenza dall’alto” (cf. Lc 24, 49), per poter affrontare gli ostacoli che le forze del male frappongono sul suo cammino. Essa conserva la memoria dell’esperienza del martirio, che contrassegna ogni stagione della sua storia venti volte secolare.

2. La Chiesa attende con fiducia il dono dello Spirito, perché è sicura della preghiera di Gesù nel Cenacolo. Lo attende e ardentemente lo implora: “Veni, Sancte Spiritus!”.

In questa fervida attesa, essa prende rinnovata coscienza della necessità di vivere sempre più profondamente quello che dello Spirito è il primo frutto, e cioè la comunione: comunione con Dio e comunione con i fratelli, secondo l’invocazione del Signore: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).

3. Questo pensiero spontaneamente richiama alla volontà del Signore di lasciare alla sua Chiesa uno strumento di comunione che, sotto l’azione dello Spirito, opera nel ministero petrino. Nel Principe degli apostoli e nei suoi successori, Cristo ha stabilito il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità ecclesiale (cf. Lumen Gentium, 23). Sant’Ignazio di Antiochia lo ha ben testimoniato, affermando che la Chiesa di Roma “presiede all’assemblea universale della carità” (Ad Romanos, Intr.).

4. Con il volgere dei secoli, la diffusione del Vangelo e la crescita di nuove Chiese particolari, così come lo sviluppo della comunità degli uomini e delle nazioni, hanno reso sempre più impegnativo l’esercizio del ministero petrino. Così i Papi hanno preso ad avvalersi dell’aiuto di loro legati, sia per assicurare una feconda unità con i Vescovi e le Chiese, sia per curare i rapporti con i responsabili della città dell’uomo. È venuta delineandosi in tal modo la figura e la funzione del rappresentante pontificio, le cui mansioni Papa Paolo VI ha voluto precisare, alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, or sono vent’anni, con un documento dal titolo eloquente e significativo: Sollicitudo Omnium Ecclesiarum.

Il progresso delle comunicazioni consente, oggi, contatti e relazioni sino a ieri inimmaginabili. Nuove istituzioni - come il Sinodo dei Vescovi - esprimono e favoriscono l’unione della Chiesa attorno al Vescovo di Roma. In particolare, le visite pastorali che il Papa compie in ogni parte del mondo - porto ancora negli occhi e nel cuore le immagini del mio pellegrinaggio in alcune terre d’Africa, concluso da poche ore - consentono al successore di Pietro di svolgere il suo universale ministero in modo più diretto ed immediato.

5. Nondimeno, il servizio dei rappresentanti pontifici conserva pienamente il suo valore. Con grande fedeltà ed amore, spesso nel silenzio e non senza sacrificio, essi rendono quotidianamente presente il Papa in seno alla Chiesa locale, favorendo quello spontaneo movimento che dalla periferia, dalle più lontane frontiere dell’evangelizzazione, si rivolge verso Roma, centro e cuore della cattolicità. Al contempo, i rappresentanti del Papa, curano i contatti con i responsabili delle nazioni e delle istituzioni internazionali, dando attuazione a quella sollecitudine per i destini degli uomini e dei popoli che il successore di Pietro non può non sentire intimamente connessa con il suo supremo mandato pastorale.

6. Sono perciò molto lieto di trovarmi, oggi, in questa rappresentanza pontificia, che, per la singolare vicinanza alla Sede Apostolica, mi è particolarmente cara. Monsignor nunzio ha voluto ricordare due ricorrenze significative: il sessantesimo anniversario della istituzione della Nunziatura Apostolica in Italia ed il trentesimo trasferimento in questa sede, dono generoso e grato di un fratello che beneficiò della carità del Papa.

Rivolgo un saluto fraterno a monsignor nunzio ed ai suoi collaboratori ecclesiastici, religiosi, religiose e laici. Conosco l’impegno e l’abnegazione, con cui attendono alle molteplici incombenze che la nuova definizione dei compiti della rappresentanza pontificia in Italia comporta, li ringrazio e di cuore li benedico.

Saluto i superiori della segreteria di Stato, qui convenuti insieme con il Cardinale Agostino Casaroli, il Cardinale Ugo Poletti e tutte le personalità che hanno voluto essere presenti a questo incontro familiare.

Desidero rivolgere un pensiero cordiale alle famiglie dei collaboratori laici della Nunziatura. La loro partecipazione a questa Eucaristia è un segno ulteriore dell’unione di tutti noi nell’amore a Gesù ed alla sua Chiesa.

7. “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni!” (Ap 22, 17). Se un’attesa particolarmente intensa anima la Chiesa, in questi giorni di preparazione alla Pentecoste, non viene mai meno quell’aspettazione che orienta la comunità dei credenti verso il giorno del ritorno del Signore. In ogni celebrazione eucaristica, la Chiesa mette sulle nostre labbra questa gioiosa testimonianza, secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo: “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete a questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Cor 11, 26).

Ci sentiamo dunque intimamente compresi del mistero che si compie su questo altare. Confidiamo nella forza di vita e di grazia che in esso ci è donata.

Diciamo perciò anche noi, insieme con lo Spirito, in comunione con tutta la Chiesa mistica Sposa di cristo: “Vieni, Signore Gesù”, Affidiamo questa invocazione a Maria, nostra madre. Ed apriamo il nostro cuore alla risposta rassicurante di Gesù: “Sì, verrò presto”.

Amen.

 

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