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VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN REMIGIO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 9 giugno 1990

 

“Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene”.

1. Carissimi fratelli e sorelle, convocati come popolo della nuova alleanza, abbiamo iniziato, come sempre, la nostra celebrazione eucaristica col segno della croce, invocando la SS.ma Trinità, che celebriamo oggi con particolare solennità. Siamo invitati a glorificare e benedire il suo nome santo e glorioso, quale sorgente dell’amore a noi rivelato e donato da Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo.

Il Dio della rivelazione, nel quale noi “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”, “che ha creato il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra” (At 17, 27. 24), che ha salvato gli uomini e ha stretto alleanza con loro, che è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34, 6), è il Dio dell’amore.

2. L’amore infatti spiega il mistero della vita che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella comunione trinitaria. L’amore fonda la missione del Cristo nella storia umana: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito . . . perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 16-17). L’amore dà senso e valore all’azione dello Spirito che santifica i credenti, li riunisce in una sola famiglia, li fa dimora della sua gloria, li arricchisce di doni e di ministeri per l’utilità comune, li spinge alla testimonianza e al servizio della carità. In una parola, è l’amore trinitario che dà ragione delle meraviglie compiute da Dio in tutta la storia della salvezza. Un amore che è “comunione” e “missione”! Contempliamo oggi, ammirati, questo amore. Accogliamolo con gioiosa e grata disponibilità. Celebriamo con entusiasmo. Annunciamolo a tutti!

3. L’amore trinitario è indubbiamente un “mistero” profondo che supera le nostre umane capacità di comprensione. “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11, 33). Questo amore, tuttavia, ci è stato rivelato per divina condiscendenza, e noi ne siamo diventati partecipi per grazia. Siamo perciò chiamati a diventarne testimoni e messaggeri, affinché tutti gli uomini ne siano “provocati” e si aprano al dono.

4. “Ciò che noi abbiamo contemplato . . ., quello che noi abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1, 3).

Queste meravigliose parole gettano un fascio di luce sul mistero di Dio. Esse ci dicono, anzitutto, la realtà nascosta ma esaltante del Dio cristiano: mistero che è comunità e comunione di vita. Una vita “superiore” piena e definitiva, che dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo si diffonde e si comunica all’uomo già nella creazione e più ancora con la redenzione, nella misura in cui ad essa ci si apre attraverso la fede e i sacramenti. E tutto per la benevolenza del Padre, per l’opera del Figlio e per l’azione dello Spirito, “che è Signore e dà la vita” ed è l’amore divino effuso nei nostri cuori.

È per lui che i credenti diventano partecipi della comunione trinitaria, formano la Chiesa “popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen gentium, 4), “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Ivi, 1).

5. Carissimi fratelli e sorelle della Parrocchia di San Remigio, la contemplazione del mistero trinitario, alla quale ci sollecita l’odierna liturgia, non può e non deve lasciarci insensibili di fronte alle “provocazioni” e agli stimoli che essa racchiude in ordine alla vita. Specialmente in un momento tanto importante per tutta la Chiesa che è in Roma, incamminata verso la celebrazione del Sinodo pastorale diocesano. Un Sinodo come il nostro, che si propone di far prendere più viva coscienza a tutti i credenti del valore della “comunione” nella Chiesa e della “missione” che essa è inviata oggi a compiere in questa città, deve costantemente riferirsi al mistero di Dio, Padre Figlio e Spirito Santo, rivelatoci come comunione e missione.

6. Il Dio, che noi vogliamo sempre più conoscere, amare e servire, non è semplicemente Essere trascendente e tanto meno “indifferente”. Dio è Amore; è comunione, perché Creatore dell’universo e dell’uomo, che ha reso partecipe del suo soffio vitale. Egli non lascia l’uomo in balìa di se stesso. Pur rispettandone la libertà, il Dio-Amore, il Dio-comunione, si muove verso di lui. Parla e agisce, manda il suo Figlio, dona lo Spirito, affinché gli uomini, pur tentati di fare a meno di lui e disgregati fra loro dal peccato, entrino nel suo circuito d’amore e formino in lui un cuore solo e un’anima sola. La Chiesa è frutto di questa missione d’amore. E ne è anche “sacramento”.

La Chiesa vive la realtà della comunione grazie all’azione dello Spirito, che procede dal Padre e dal Figlio e, consentendole di vivere l’esperienza della carità, interiormente la riempie di gioia e la fa crescere nella verità. Dalla stessa carità essa è anche spinta a farsi luogo e comunità di salvezza per tutti gli uomini. È, dunque, essa stessa comunione e missione. Questa è la fondamentale affermazione di tutto il magistero conciliare del Vaticano II: un’affermazione da approfondire sempre più e da tradurre concretamente nella vita e nelle opere di ogni comunità ecclesiale, a livello sia diocesano che parrocchiale. A ciò è finalizzato tutto l’impegno del nostro Sinodo romano!

7. Carissimi, annunciare agli uomini il Dio-Amore, il Dio che è comunione e missione, quale si rivela a noi nella creazione e nella redenzione, non è per i cristiani un’impresa facile.

Ogni giorno anche voi vi scontrate con una realtà umana e sociale, nella quale si riflette un processo del tutto contrario, frutto soprattutto dell’indifferentismo e del secolarismo attuali. Si tratta di una tendenza che, volendo affermare l’autonomia assoluta dell’uomo, lo imprigiona in una dimensione esclusivamente terrena e, chiudendolo in un benessere egoistico e materialistico, lo lascia in definitiva in una profonda solitudine. Tutto ciò, anche se non sempre esplicitamente affermato e teorizzato, si rivela praticamente in molte manifestazioni del vivere di larghi strati della popolazione, specialmente di grandi metropoli, com’è appunto Roma.

8. Nasce da qui l’istanza di quella “nuova evangelizzazione” che rimane compito prioritario e fondamentale della Chiesa nel nostro tempo, e quindi obiettivo primario anche del nostro Sinodo. È un compito difficile, responsabile e tanto esigente da apparire talvolta superiore alle nostre possibilità e alle nostre forze.

Ma Cristo ha previsto tutto questo e ci ha fatto dono dello Spirito, lasciandoci l’assicurazione che egli rimane con noi fino alla fine del mondo. Alla fine la vittoria sarà sua, anzi è già sua con la sua risurrezione. La situazione complessa e difficile in cui vivono i cristiani, testimoni e annunciatori del Risorto, non deve scoraggiarli o impaurirli; deve piuttosto stimolarli all’impegno con la forza che viene loro dalla fede e dalla speranza che sostengono il loro pellegrinaggio terreno.

9. A questa fede e a questa speranza incoraggio anche voi, carissimi fedeli della parrocchia di San Remigio, ai quali va il mio saluto cordiale. Sono presenti con noi il card. vicario e mons. Boccaccio, vescovo ausiliare per il settore nord della diocesi: li saluto fraternamente. Un affettuoso saluto rivolgo anche al vostro parroco, don Alfio D’Agostino che conclude quest’anno il primo lustro di ministero tra voi, al vicario parrocchiale, agli altri sacerdoti e al diacono permanente, che prestano il loro servizio nelle varie attività della parrocchia.

Un saluto molto cordiale va pure alle religiose degli Istituti operanti nel territorio della parrocchia e a tutti i laici che, con impegno generoso, animano organismi di partecipazione, associazioni e movimenti, nei quali si articola e si esprime la vita della vostra comunità nelle sue molteplici forme. Il Papa è qui tra voi, carissimi, per incoraggiarvi a perseverare con slancio rinnovato nelle rispettive mansioni dalla catechesi alla liturgia, dal servizio nelle forme associative all’impegno caritativo, dalle iniziative culturali a quelle ricreative, nella parrocchia c’è veramente posto per tutte le persone di buona volontà. La vostra comunità è di origine relativamente recente: bisogna promuovere in essa sane tradizioni di condivisione e di corresponsabilità, poggiandole sulla riscoperta dei perenni valori della fede.

È un impegno che investe ciascuno di voi. Le strutture residenziali sono a buon punto. Molto resta ancora da fare perché i residenti si sentano parte viva di una stessa comunità. La parrocchia può svolgere un ruolo fondamentale in questo cammino di crescita comunitaria, che deve portare questo agglomerato urbano ad essere un quartiere vivo e solidale.

10. Carissimi fratelli e sorelle, se volete contribuire attivamente al raggiungimento di questo traguardo, voi dovete rispondere a due forti esigenze. Quella, anzitutto, di vivere in comunione profonda con Dio che, in forza della fede e dei sacramenti pasquali, vi unisce intimamente a sé per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Ogni comunità ecclesiale nasce e vive di questa comunione che la rende tempio santo nel Signore, edificio spirituale di cui Cristo è pietra angolare (cf. 1 Pt 2, 5).

La comunione con Cristo e col Padre mediante l’unico Spirito vi porterà, di conseguenza, ad attuare, carissimi fedeli, l’altra esigenza: quella di vivere e operare in fraterna comunione tra voi, evitando tutto ciò che isola e divide. La Chiesa, ogni Chiesa, deve essere icona della Trinità! Una e santa, nella diversità dei doni elargiti a ciascuno dallo Spirito, per l’edificazione comune e l’annuncio del regno di Dio.

In questa prospettiva rivolgo a voi, carissimi, l’esortazione dell’apostolo Paolo nella seconda lettura della Messa: “Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace. E il Dio dell’amore e della pace sarà con voi”.

Sì, il Dio dell’amore e della pace sia con voi! Amen.

 

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