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VISITA PASTORALE A CAMERINO - S. SEVERINO
E A FABRIANO - MATELICA (MARCHE)

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Cattedrale di Camerino - Lunedì, 18 marzo 1991

 

Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo” (Mt 1, 24).

1. Nella vigilia della solennità di San Giuseppe, il custode del Redentore, la Chiesa ci invita a meditare sul suo esempio singolare di obbedienza: “Servo saggio e fedele” (Antifona all’Introito). Posto a capo della famiglia di Nazaret, egli accolse la divina chiamata ad essere attento e provvido tutore dei tesori più preziosi di Dio: il Figlio fatto uomo, la Vergine Madre del Verbo incarnato. Poté così credere alla promessa divina che riguardava il popolo eletto e che trovava adempimento proprio nella sua famiglia: la sua casa sarà “salda per sempre” (2 Sam 7, 16) perché in essa è presente il “Dio-con-noi”, l’Emmanuele; in essa l’attesa d’Israele diventa realtà, si compie il Regno di Dio.

Come i grandi testimoni della tradizione religiosa ebraica, Giuseppe “ebbe fede, sperando contro ogni speranza” (Rm 4, 18), con l’umiltà del giusto, consapevole del dono di Dio che supera ogni umana attesa e che conduce l’uomo al compimento di grandi cose.

2. Sono grato a Dio per la possibilità che mi ha dato questa sera di celebrare l’Eucaristia nel corso della mia visita pastorale a questa cara Diocesi di Camerino-San Severino Marche, in occasione della Solennità di San Giuseppe.

È una festa amata da tutti quella di San Giuseppe, perché egli è patrono della Chiesa, custode ed esempio del popolo nato dalla predicazione di Cristo e modello di sapienza per i credenti. Lo invochiamo nelle difficoltà e nei turbamenti della nostra epoca che rappresentano autentiche sfide alla missione dei cristiani. Ci ispiriamo a lui per essere, a nostra volta, fedeli custodi del Vangelo di Cristo.

La Chiesa, proponendolo come protettore dei lavoratori e degli artigiani, ha fatto di lui un punto di riferimento ed un modello per tante persone che impiegano gran parte del loro tempo in attività apparentemente profane. Lo sposo di Maria insegna che le opere dell’uomo non sono mai estranee al disegno di Dio. Dal lavoro scaturisce la santificazione, quando chi lavora opera in sintonia con il Creatore. Come ha fatto Giuseppe, silenzioso operaio della casa di Nazaret.

3. Condividendo con Giuseppe e Maria la fatica quotidiana delle attività più comuni, Gesù ci illumina sul fatto che ogni lavoro, pur umile e nascosto, avvicina l’uomo al mistero della Croce: è azione che redime, è necessità e liberazione, è manifestazione della possibilità che ha l’uomo di sottomettere la terra. L’attività lavorativa rende più umana l’esistenza quando contribuisce a costruire un mondo nuovo e più perfetto. Come tale, il lavoro porta connaturato in sé l’annuncio che l’umanità cammina verso i cieli nuovi e la terra nuova, preannunciati con la risurrezione di Cristo.

4. Vorrei ricordare tutto ciò ai lavoratori qui presenti, a coloro che in questa terra costantemente faticano e promuovono nuove e migliori condizioni di vita: ai lavoratori della terra e a quelli della piccola e grande industria, a quanti operano nell’artigianato e ai cultori delle arti antiche e tradizionali, a chi cerca lavoro e ai migranti, ai custodi delle tipiche tradizioni lavorative locali come agli amanti delle più moderne tecnologie. A tutti desidero ricordare che il lavoro, talvolta interpretato come condanna e servitù, è stato invece assunto da Cristo come momento di redenzione ed annuncio di liberazione. È via alla personale santificazione e alla salvezza. È costruttivo momento di fraterna solidarietà. Ogni professione può essere così intesa come una particolare vocazione, che conferisce all’opera dell’uomo una superiore dignità ed un valore trascendente in forza dell’unione spirituale con Cristo.

5. “Tu lo chiamerai Gesù” (Mt 1, 21).

Da questo nome che tu, Giuseppe, quale padre, darai al Figlio di Dio, apparirà chiaramente che Egli, il Cristo, “salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 21). Con questo atto di obbedienza alla divina volontà tu diventerai messaggero del Vangelo. Dalla tua azione “legale” di padre che dà il nome al figlio si conoscerà la missione del Redentore: Gesù, colui che è salvezza di Dio per noi, e che “salverà il suo popolo dai suoi peccati”.

Ecco, carissimi fratelli e sorelle, il messaggio che oggi è rivolto anche alla Diocesi di Camerino-San Severino Marche. Riguarda il futuro della vostra Chiesa particolare, che riflette sulla propria fedeltà a Cristo, sull’impegno apostolico che le è richiesto, l’impegno, cioè, di proclamare con coraggio e coerenza il nome di Gesù, affinché, attraverso una rinnovata evangelizzazione, sia data a tutti la possibilità di incontrare personalmente il Redentore.

La missione ecclesiale dell’evangelizzazione è affidata da Dio alla libera e generosa collaborazione degli uomini. A ciascuno il Signore dice: “Tu sarai ministro e testimone”.

La mediazione umana tocca da vicino il mistero e con esso il problema di ogni vocazione all’apostolato: ne rende possibile l’attuazione, ne arricchisce e ne conforta il cammino, dal momento in cui se ne percepiscono i segni, fino a quando viene portata al suo pieno compimento. Ad ogni cristiano è affidato il compito di “dare un nome” alla fondamentale vocazione che scaturisce dal Battesimo e che si specifica nelle diverse vocazioni particolari. E ciò attraverso un percorso esistenziale differenziato, nel quale la persona intreccia la sua storia con quella di Dio, adoperandosi con radicale disponibilità all’Amore verso il Padre celeste e al servizio ai fratelli.

“Tu gli darai il nome”. Ogni Chiesa particolare, ogni parrocchia, ogni famiglia è chiamata a dare un nome all’impegno del cristiano, affinché egli, fin dai primi anni della fanciullezza, approfondendo la conoscenza di Cristo, imparando ad amare ed a seguire il Salvatore, interrogandosi con animo aperto e generoso sulla volontà di Dio, scopra la propria missione e la conduca a compimento con gioia e perseveranza. Si trova qui anche la via per affrontare il problema della crisi vocazionale, che tanto preoccupa la vostra Diocesi.

Sappiano i cristiani che le vocazioni nascono e si sviluppano in comunità vive, fervorose e fedeli al Vangelo; in comunità che perseverano nella preghiera, nella catechesi e nella condivisione dell’esperienza della fede; in comunità disposte a sostenere un progetto di vita concepito come impegno totale per il Cristo. La vocazione, ogni vocazione, è sempre frutto della fede e della carità generosa del popolo di Dio.

6. Saluto con gioia tutti voi che formate la Comunità cristiana che vive e proclama il Vangelo della misericordia in Camerino-San Severino Marche. Canterò con voi senza fine le grazie del Signore (cf. Sal 89, 2). Con voi voglio ricordare che la fedeltà di Dio è fondata nei cieli, e che, perciò, la vostra Chiesa, porzione eletta del popolo di Dio, è dal Signore amata e da Lui chiamata a servirlo nei secoli con filiale fedeltà.

Saluto l’Arcivescovo Monsignor Francesco Gioia, da quasi un anno alla guida della vostra Diocesi. Saluto tutti i fratelli nell’Episcopato qui presenti, saluto i Sacerdoti, laboriosi e pazienti servitori delle anime, talvolta provati dalle fatiche e dalle difficoltà. A tutti dico: siate fiduciosi, sappiate che nessuna parola che esce dalla vostra bocca, se è parola del Vangelo, ritornerà a voi senza frutto. Siate fiduciosi e prodigatevi per la vostra gente con umiltà e generosità grande, testimoniando la santità di vita e la carità spirituale che il Cristo da voi attende. Tocca a voi, Sacerdoti in cura d’anime, cooperare per primi fedelmente al compimento dell’opera della salvezza (cf. Colletta). Saluto i Religiosi e le Religiose, quelli qui presenti e quelli che nei numerosi monasteri, tradizione e vanto della vostra Regione, testimoniano nel silenzio il loro amore indiviso a Cristo e con la preghiera implorano senza sosta la grazia di Dio per ogni uomo.

Saluto le Autorità civili intervenute a questo sacro Rito; esprimo loro il mio sentito ringraziamento per la cordiale accoglienza riservatami, assicurando la mia preghiera affinché il Signore accompagni la loro attività con speciali doni di sapienza nel servizio a questa comunità.

7. “Saldo è il cuore del giusto che confida nel Signore”. Così abbiamo cantato per disporci all’ascolto del Vangelo.

Saldo è il cuore di chi riconoscerà il cammino di Dio nella sua vita, di chi saprà confidare nella promessa e farà rivivere nella propria esistenza, come Giuseppe, l’atteggiamento dei “giusti”, di cui parla la Scrittura.

Confida nel Signore” colui che pone al centro della vita la parola di Dio e sa ascoltarla sempre, come Giuseppe e Maria, e seguirla docilmente.

Confida nel Signore e non temerà colui che di fronte all’Altissimo non si sgomenta, né si chiude nel proprio io.

Confida nel Signore colui che è fedele e giusto.

Confida nel Signore e non teme di percorrere la via che Egli ha tracciato.

Confida ed opera come Iddio gli ha ordinato. E questo è l’esempio che ci ha lasciato per sempre San Giuseppe, carpentiere di Nazaret, sposo della Madre di Dio su questa terra.

Amen! (cf. “Oratio collecta”).

Nella piazza antistante la Cattedrale molte persone che non hanno potuto partecipare alla Messa celebrata nel tempio sostano nella speranza di ricevere un saluto da parte del Santo Padre. E la speranza non viene delusa. Affacciatosi da un balcone della Cattedrale, Giovanni Paolo II rivolge alle moltissime persone che lo attendono il seguente saluto.

Voglio salutare tutti coloro che portano il nome di Giuseppe. Ci sono uomini e donne, perché ci sono anche le “Giuseppine”. Saluto insomma tutti quelli che portano il nome di San Giuseppe, ma non voglio certamente escludere gli altri, perché lui non è solamente il patrono delle persone, ma è il patrono della Chiesa universale. Noi tutti siamo Chiesa ed egli è dunque anche il nostro patrono. Quindi è la nostra festa. Gioisco di poter celebrare questa festa insieme con voi qui a Camerino-San Severino Marche, insieme con la vostra Comunità. Ma adesso, a quest’ora, si deve tornare a casa. Sì, si deve tornare a casa e io auguro a tutti una buona notte. San Giuseppe certamente curava sempre il sonno del suo bambino Gesù. Allora io vi auguro una buona notte nel nome di San Giuseppe.

 



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