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CELEBRAZIONE DELL'EUCARESTIA PER LA COMUNITÀ
PARROCCHIALE DI CASTEL GANDOLFO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villanova (Castel Gandolfo)
Domenica, 15 settembre 1991

 

1. “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede, ma non ha le opere?” (Gc 2, 14).

Con tale interrogativo, San Giacomo ci invita quest’oggi a riflettere seriamente sul contenuto della fede e sulla necessità di esprimerla in opere di giustizia e di carità.

È certo necessario avere la fede - osserva l’Apostolo -, ma quale fede? Di quale fede si tratta?

“Se non ha le opere (la fede) è morta in se stessa” (Gc 2, 17).

2. L’odierno testo evangelico ci aiuta a comprendere quale sia l’autentico senso della fede cristiana: essa è adesione personale al Redentore dell’uomo.

Gesù, in cammino verso Cesarea di Filippo, interroga i discepoli: “Chi dice la gente che io sia?” (Mc 8, 27). Essi rispondono che per alcuni si tratta di Giovanni Battista risuscitato, per altri è Elia o uno dei grandi Profeti. La gente stima Gesù di Nazaret, ha di lui una valutazione indubbiamente positiva: molti lo ritengono un “mandato da Dio”, ma non riescono ancora a riconoscerlo come il Messia preannunciato ed atteso.

“E voi, chi dite che io sia?” (Mc 8, 29). Ecco l’ulteriore domanda con cui Gesù replica alle varie risposte ricevute. Questa volta, in maniera chiara e decisa, si rivolge a loro, agli apostoli; li costringe ad una Presa di posizione personale.

Pietro, sempre irruente e coraggioso, esclama con limpida sincerità, a nome di tutti: “Tu sei il Cristo!” (Mc 8, 29).

3. “Chi dite che io sia?”.

La voce di Cristo risuona nella storia, lungo l’incessante succedersi degli eventi. Si fa sentire nella Chiesa; si rivolge a ciascuno e nessuno può restare indifferente. Quale è la nostra risposta?

“Tu sei il Cristo!”.

Come Pietro ed insieme a lui, la Comunità ecclesiale ripete la stessa professione di fede ed addita all’umanità il Salvatore, che “morendo ha dato la vita al mondo” (dal rito della Messa).

La nostra, pertanto, non è una fede qualsiasi.

Essa è ascolto umile della Parola divina; è professione di fedeltà a Colui che si definisce la Via, la Verità e la Vita; è proclamazione gioiosa della sua vittoria sul peccato e sulla morte; è accoglienza incondizionata della sua legge.

La fede è annuncio di un Messia sofferente - il servo di Jahvè - che per redimere il genere umano si è sottomesso senza opporre resistenza alla prova umiliante della passione, come già era stato predetto dal profeta Isaia: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50, 6).

4. Il Signore stesso si sofferma a spiegare il significato della sua missione messianica: dovrà soffrire, essere riprovato ed ucciso, ma dopo tre giorni risusciterà.

Il suo discorso riesce oscuro per quanti lo ascoltano, giacché essi hanno in mente l’idea di un Messia potente e glorioso. Pietro, allora, presolo in disparte, lo rimprovera. Il Signore reagisce con fermezza: “Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mc 8, 33).

La natura umana si ribella davanti alla prospettiva della passione. Il discepolo fedele, tuttavia, non può fare altro che seguire il suo Maestro, abbandonando la sicurezza apparente delle certezze razionali ed accettando liberamente i disegni di Dio. Tali progetti, anche quando ci sembrano incomprensibili, sono sempre per il nostro bene. Essi portano a compimento il piano di misericordia e di salvezza preparato per noi da tutta l’eternità.

5. All’umanità che si dibatte nel dubbio, nell’indifferenza, nell’affannosa ricerca del benessere, sovente confuso con il solo soddisfacimento materiale dei desideri umani, la Chiesa continua a proclamare questa sconvolgente novità: il Mistero pasquale. “Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione, né è dato in terra un altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati” (Gaudium et spes, 10).

È Cristo la piena e definitiva risposta ad ogni nostra aspirazione. Ed egli ci chiama a seguirlo nella strada della croce.

“Colui che persevererà sino alla fine sarà salvo” (Mt 10, 22).

6. Carissimi fratelli e sorelle, non ci viene forse dall’odierna liturgia una vibrante esortazione a riscoprire il dono della fede che abbiamo gratuitamente ricevuto? Non ci viene forse un invito a rendere attiva ed operosa la nostra testimonianza evangelica?

La contemplazione del mistero della Croce ci guida all’umile e docile sequela di Cristo. “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà . . .” (Mc 8, 34-35).

Alla scuola del Verbo incarnato, comprendiamo che è saggezza divina accettare con amore la croce: la croce dell’umiltà della ragione davanti al Mistero; la croce della volontà nella pratica fedele di tutta la legge morale, naturale e rivelata; la croce del proprio dovere, talvolta pesante e poco gratificante; la croce della pazienza nella malattia e nelle difficoltà di ogni giorno; la croce dell’impegno senza sosta per rispondere alla propria vocazione; la croce della lotta contro le passioni e le insidie del male.

Guardando al Crocifisso - e ieri la festa dell’Esaltazione della Croce ci ha ricordato che la Croce è gloria ed esaltazione di Cristo - siamo incoraggiati a rinnegare noi stessi, a prendere ogni giorno la nostra croce e a camminare dietro di lui.

Dalla morte nasce la vita: “Chi perderà la propria vita per causa mia la salverà”.

“Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo; con la tua Croce hai redento il mondo” (Dalla liturgia della festa dell’Esaltazione della Croce).

7. Carissimi fratelli e sorelle, sono lieto di condividere queste riflessioni, che ci vengono suggerite dall’odierna liturgia, con voi residenti a Castel Gandolfo durante tutto l’anno, e con i pellegrini che trascorrono in questa località i mesi estivi.

Auguro a ciascuno di aderire senza riserve alla chiamata di Cristo e vi saluto con affetto, cari abitanti di così ospitale e ridente cittadina. Saluto, in modo speciale, il vostro Pastore, il carissimo Monsignor Dante Bernini ed unisco nel ricordo il parroco e i sacerdoti, i quali svolgono con zelo il loro ministero sacerdotale fra voi. Il mio deferente pensiero si dirige poi al signor Sindaco, ai membri della Giunta Comunale ed a quanti hanno collaborato a vario titolo perché il mio soggiorno estivo al Castello, che sta ormai per terminare, si svolgesse nella tranquillità. Iddio vi ricolmi della ricchezza dei suoi doni e vi renda pronti in ogni circostanza a compiere la sua volontà.

8. Camminate alla presenza del Signore!

“Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera . . .!” (Sal 114, 1).

Il Salmo responsoriale ci invita a lodare Iddio perché ha teso l’orecchio verso di noi nel momento del bisogno.

Egli è buono e giusto: è misericordioso il nostro Dio!

Non ci abbandona nella prova. Ci sostiene nella fatica. Ci libera dal male.

Per questo con San Paolo possiamo affermare: “di null’altro mi glorio se non della croce di Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso e io per il mondo” (Canto al Vangelo).

Di null’altro vogliamo veramente gloriarci se non della Croce di Cristo. Vergine Addolorata, che oggi veneriamo con speciale devozione, aiutaci ad amare la Croce. Aiutaci a seguire Gesù.

“Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum, ut sibi complaceam!”. Amen!

 

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

 



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