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VISITA ALLA PARROCCHIA DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARETH

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 14 febbraio 1993

 

Carissimi Fratelli e Sorelle! “Beato chi cammina nella legge del Signore”.

1. Questa beatitudine, collocata come un ritornello tra i versetti del Salmo responsoriale, ben riassume il messaggio che la odierna Liturgia della Parola propone alla nostra riflessione. Della legge del Signore ci parla infatti, già nella prima Lettura, il Siracide ricordandoci che l’uomo non è legge a se stesso, ma è chiamato ad osservare i comandamenti di Dio. Prendere coscienza di questo, è accogliere l’intima verità dell’esistenza umana, è riconoscersi creatura di fronte al Creatore.

Una certa cultura ha sostenuto o temuto che osservare la Legge del Signore e custodirla con tutto il cuore potesse essere mortificante o alienante per l’uomo. Nulla di più falso. La legge di Dio è condizione di vita, mentre la morte è tragicamente in agguato ogni volta che l’uomo la rifiuta. È questa la puntuale esperienza fatta dall’essere umano fin dai primordi della storia. Ce lo ricorda oggi il Siracide: “Davanti agli uomini stanno la vita e la morte” (Sir 15, 17). Basta guardarsi intorno, in un mondo come il nostro così segnato dal male, per sentire il brivido del tremendo confronto tra la vita e la morte. Ma non lo sente forse anche ciascuno di noi, quando sinceramente guarda dentro il suo cuore?

Dobbiamo dunque scegliere. La parola di Dio ci ammonisce sul tremendo rischio della libertà: “Se vuoi, osserverai i comandamenti. L’essere fedele dipenderà dal tuo buon volere” (Sir 15, 15). La libertà è un incomparabile dono, ma anche fondamento di doveri e di responsabilità. Di ciò che fa, l’uomo è chiamato a rispondere.

2. “Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti” (Mt 5, 17). Anche il Vangelo ci parla della legge di Dio. Qui però si tratta di un discorso più specifico ed esigente. Siamo infatti nel contesto del grandioso e solenne “Discorso della montagna”, nel quale Gesù disegna la legge di vita del Regno di Dio, da lui stesso inaugurato. Non a caso, l’intonazione dell’intero discorso è data dalle Beatitudini. Come già l’Antico Testamento aveva ben compreso, Iddio vuole la nostra gioia, e ce ne addita il segreto proprio nell’osservanza del suo comandamento.

Quello che Egli ora propone, nella pienezza della Rivelazione, è qualcosa di esaltante ed esigente, ben lontano dal minimalismo etico costruito su misura della nostra mediocrità. Egli è un Padre pieno di fiducia verso i suoi figli, che chiama ad imitare sempre più da vicino la sua divina perfezione. Così, nell’odierno brano, Gesù non esita a chiedere ai suoi discepoli una giustizia più grande di quella finora realizzata: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 5, 20).

Non si deve pensare qui a una nuova legge morale, come Gesù stesso chiarisce: egli non è venuto “per abolire ma per dare compimento”. Si tratta piuttosto di una nuova comprensione dei comandamenti, nella piena misura delle loro implicazioni.

3. “Parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria” (1 Cor 2, 7). L’apostolo Paolo ci aiuta a penetrare in questo mistero di vita nuova, pienamente realizzatosi in Gesù Cristo. In lui assumono significato nuovo i vari precetti della legge.

Il “non uccidere” significherà molto di più del semplice rispetto della vita, esigendo tutte le finezze dell’amore fraterno, diventando legge di accoglienza, di fraterna premura, di sempre rinnovato perdono. Il “non commettere adulterio” andrà ben al di là di una semplice regolamentazione esteriore dei rapporti tra uomo e donna, ma esigerà un atteggiamento di vigile e interiore rispetto nel modo stesso di pensare all’altro sesso. E infine, le relazioni sociali sono chiamate a diventare rapporti di autentica solidarietà tra fratelli, vissuti nella cordialità, nella semplicità e nella verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37).

Di fronte a tali elevatissime esigenze non possiamo non avvertire l’umiliazione della nostra colpevole mediocrità. Sì, dobbiamo riconoscere che talora nel nostro modo di essere Chiesa non vibra questo anelito di perfezione. Si è tentati di adeguarsi a quella logica mondana da cui ci mette in guardia San Paolo nella Lettera ai Corinzi, mentre ci invita ad accogliere la “sapienza divina”. Oggi il Signore si aspetta da noi una risposta generosa. Non abbiamo paura della santità. Fidiamoci di Dio! La sua parola chiama tutti a un rinnovato impegno di fedeltà e di testimonianza.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia della Sacra Famiglia! Questa parola divina giunge oggi a voi, che avete la fortuna di avere per patrono non questo o quel santo, ma Gesù, Maria e Giuseppe, la santa Famiglia di Nazareth. Quale esempio di vita secondo il cuore di Dio! Quale realizzazione sublime del Vangelo!

Davvero essi hanno “camminato nella legge del Signore”! Guardare a loro, imitarne lo stile di vita, è la via sicura della perfezione umana e soprannaturale. Possa l’esempio della Santa Famiglia aiutare la vostra comunità parrocchiale a crescere giorno dopo giorno nel cammino della fedeltà e dell’amore. Sia di stimolo alle famiglie perché nel loro vivere quotidiano si ispirino al clima di fattiva e serena operosità della Casa di Nazareth, crescendo unite nel costante ascolto e nella docile sequela del Vangelo. Sia di sostegno ai fanciulli e ai giovani che guardano con apprensione e speranza al loro avvenire. Sia modello per l’intera parrocchia, perché, imitando la Sacra Famiglia, diventi sempre più famiglia autentica, vivificata dalla luce e dal vigore dello Spirito Santo, e “segno di riconciliazione e di pace” per ogni uomo.

5. L’immagine della Famiglia di Nazareth continui a rifulgere in questa vostra comunità parrocchiale, affidata fin dal suo sorgere ai Sacerdoti dell’Istituto Sacra Famiglia di Martinengo, che qui hanno gettato il seme del loro specifico carisma. Essi furono chiamati sul territorio fin dal 1921, per assistere spiritualmente la popolazione agricola che vi abitava. Col sorgere dei nuovi quartieri cittadini, quel territorio fu suddiviso in ben otto parrocchie, che oggi provvedono alla vita spirituale di circa 250.000 persone. A voi, che siete un bel gruppo di oltre 15.000 anime, con quasi 4.000 famiglie, è rimasto il titolo originario della parrocchia.

Conosco le vicende della vostra chiesa parrocchiale, dedicata nel settembre 1978, e successivamente abbellita e perfezionata da voi, con i vostri contributi e i vostri sacrifici. Da circa 15 anni siete entrati in una fase di più attiva partecipazione alla vita della Chiesa. Molti di voi danno un valido appoggio ai sacerdoti nell’impegno pastorale e anche nell’amministrazione economica. Un buon numero di catechisti cooperano con i sacerdoti nella catechesi delle varie età. Molti gruppi specifici si sono formati, con varie denominazioni, per rispondere alle esigenze spirituali e pastorali di particolari ceti della popolazione.

6. Siete una Comunità viva e attiva e di questo mi compiaccio con tutti voi e vi saluto con affetto. In particolare saluto il vostro parroco, don Giorgio Grandi, ed i Presbiteri collaboratori. Saluto il Superiore Generale dell’Istituto della Sacra Famiglia di Martinengo. Rivolgo il mio cordiale pensiero alle 4 famiglie religiose operanti nel territorio parrocchiale: una di Sacerdoti, Fratelli laici e Suore, e le altre tre femminili, il cui zelo molto contribuisce all’apostolato e alla carità. Per questo ringrazio il Signore, e intendo far giungere la mia gratitudine a ciascuno di voi, specialmente ai laici impegnati, ai membri delle Associazioni e dei Movimenti apostolici come pure a quanti, in vario modo cooperano al buon andamento della vostra parrocchia. Un cordiale grazie anche al Signor Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario per Roma, e a Monsignor Cesare Nosiglia, Vescovo incaricato del settore. Saluto anche tutti i sacerdoti presenti di questa Prefettura e faccio voti augurali alle loro comunità parrocchiali.

Un pensiero affettuoso mi preme poi inviare anche a quanti, pur avendo la stessa fede, per i più diversi motivi non partecipano attivamente alla vita della comunità. Ad essi vorrei dire che sono desiderati e attesi dai Sacerdoti e dai collaboratori che vorrebbero poter vivere con loro un’esperienza di fede e di amore.

Gesù non delude, solo Lui è lo stesso, ieri, oggi e sempre, compagnia sicura nella gioia e nel dolore, povero con i poveri, sofferente con i malati e i tribolati, guida nelle traversie della vita, garanzia di pace terrena e salvezza eterna. Per amor suo, la Chiesa diocesana di Roma, guardando all’ormai prossimo Giubileo, si è proposta di rinnovare il suo volto e la sua vitalità, attraverso il Sinodo pastorale, che volge ormai verso il suo compimento e che guiderà il cammino diocesano negli anni a venire. Affido alle vostre preghiere il buon esito dell’Assemblea Sinodale, tappa importante della nuova evangelizzazione della Città. Lo affido soprattutto alle orazioni e alle sofferenze degli ammalati della vostra parrocchia, che di cuore saluto.

7. “Sii per me difesa, o Dio,... guidami per amore del tuo nome” (Antifona all’introito). La tua legge, Signore, ci guidi nelle scelte di ogni momento! Con questa invocazione, che riassume i sentimenti della nostra assemblea liturgica, noi ci rivolgiamo fiduciosi verso il Signore: “Grande infatti è la speranza del Signore, egli è onnipotente e vede tutto” (Sir 15, 19). Egli ci chiama alla santità: “non ha dato a nessuno il permesso di peccare” (Sir 15, 20). Ci rivela per mezzo del suo Spirito la profondità del suo cuore.

 “Indicami, Signore la via dei tuoi precetti... dammi intelligenza, perché osservi la tua legge” (Salmo resp.). Ti seguirò, Signore, sino alla fine! “Beato chi cammina nella legge del Signore!”.

Dopo il mio ritorno dall’Africa voglio salutare in modo speciale questa parrocchia di Roma, una delle tante che costituiscono la Chiesa di Roma. Questa Chiesa di Roma che rimane il punto di riferimento per le tante Chiese che sono nel continente africano e negli altri Continenti. Dobbiamo pensare spesso a questo privilegio che pone anche esigenze speciali a noi romani. Vi è un disegno divino legato a questa Chiesa, mediante gli Apostoli Pietro e Paolo. Questa Chiesa serve tutte le Chiese del mondo come vincolo dell’unità fraterna in Cristo, della carità nello Spirito Santo. Questo vorrei aggiungere, oggi, dopo il mio ritorno dall’Africa, a voi, carissimi parrocchiani della parrocchia della Sacra Famiglia, a voi carissimi romani. Sia lodato Gesù Cristo. Amen.

 

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