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CELEBRAZIONE DELLA MESSA «IN CENA DOMINI»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì Santo, 31 marzo 1994

 

1. “E cominciò a lavare i piedi dei discepoli . . .” (Gv 13, 5)

Questa è la sera in cui la Chiesa rivive il gesto e il significato della lavanda dei piedi, che doveva introdurre gli Apostoli, riuniti nel cenacolo, all’istituzione dell’Eucaristia.

Perché Cristo ha voluto cominciare dalla lavanda dei piedi? Lo ha fatto per presentarsi davanti a loro nella condizione di servo. Lo spiega lui stesso, quando dice: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13, 14).

La lavanda dei piedi sta ad esprimere il servizio di un’umile carità. Durante l’Ultima Cena, Cristo desidera rivelare se stesso come colui che serve: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 27).

Vero discepolo di Cristo è soltanto colui che ha “parte” con il Maestro, pronto a servire come Lui. Il servizio, infatti, cioè la cura delle necessità degli altri, costituisce l’essenza di ogni potere. Servire significa regnare.

2. Nell’ora in cui si appresta a dar compimento al mistero pasquale, Cristo si manifesta in mezzo a noi come colui che serve. Appare, infatti, agli occhi dei discepoli la vera ragione ultima della sua venuta nel mondo: il ministero della redenzione dell’uomo e della salvezza del mondo.

In questo ministero Egli offre se stesso: si consegna alla morte di croce per donare se stesso. Questo è il motivo per cui anticipa la crocifissione mediante l’istituzione dell’Eucaristia. In essa Cristo offre in dono se stesso agli Apostoli nel cenacolo; poi, dicendo loro: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22, 19), li impegna a far dono di lui agli altri fino alla fine del mondo.

Cristo, che vive totalmente per il Padre, desidera che anche noi viviamo per mezzo di Lui; per questo motivo, si offre a noi sotto le apparenze del pane e del vino. Il pane è l’alimento quotidiano dell’uomo, senza il quale è difficile vivere; il vino è la bevanda benefica per la salute dell’organismo.

Consegna in dono se stesso - il suo Corpo e il suo Sangue - sino alla fine del mondo, perché questa è la logica del suo amore: “ci amò sino alla fine” (cf. Gv 13, 1).

3. L’essenza del suo ministero è proprio questa: è il ministero della salvezza che egli sta compiendo ancora oggi, che compirà fino alla fine dei tempi, per mezzo della Chiesa. Per tale ragione è necessario che la Chiesa, Sposa di Cristo, compia fedelmente il ministero affidatole, attuando il mistero della redenzione e dell’Eucaristia.

Nel realizzare questo “servizio”, Cristo si è nascosto sotto le specie del pane e del vino e, in tali misteriose apparenze, egli nutre e conduce attraverso i secoli il suo popolo. Ne è l’unico Sacerdote, Re e Profeta, e di Lui diveniamo partecipi per mezzo dei sacramenti.

4. La liturgia dell’Ultima Cena mette in risalto il misterioso legame che esiste tra la liberazione d’Israele dalla schiavitù d’Egitto e l’istituzione dell’Eucaristia. Questo secondo tema troverà piena espressione durante la Veglia pasquale, quando sarà fatta memoria del sacramento del Battesimo. Oggi trova la sua espressione in relazione all’Eucaristia.

Ecco l’annuncio: Cristo è l’Agnello pasquale, che libera il suo popolo dalla schiavitù per mezzo del sangue versato sulla Croce.

Nella notte dell’esodo dall’Egitto, il sangue dell’agnello sugli stipiti delle case, in cui abitavano i figli d’Israele, era il segno della loro salvezza. Si può dire che è stato proprio questo sangue a condurre gli Israeliti fuori dalla condizione di schiavitù ed ha mostrato loro la via verso la Terra promessa.

Durante l’Ultima Cena, Gesù dice: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me” (1 Cor 11, 25).

Il Salmista si domanda: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Sal 115/116, 12). E noi, con tutta la Chiesa, ci poniamo la stessa domanda in questa sera del Giovedì Santo: “Che cosa renderò al Signore?”.

 

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