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CELEBRAZIONE CONCLUSIVA PRESSO LA TOMBA DI S. PIETRO
DELL'ASSEMBLEA SPECIALE PER L'AFRICA DEL SINODO DEI VESCOVI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 8 maggio 1994

 

1. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”! (Gv 15, 9).

Cristo disse queste parole agli Apostoli nel cenacolo il giorno prima della sua morte in croce. Esse manifestarono poi la loro piena potenza nella risurrezione, che divenne l’inizio della nuova missione: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21).

Oggi dobbiamo tornare a quell’inizio. Dobbiamo presentarci nella fede davanti al Padre che “ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4, 10). L’amore è da Dio. Non siamo stati noi per primi ad amare Dio, ma è stato lui stesso ad amarci (1 Gv 4, 10). Ci ha amati di amore eterno nel suo Figlio, e nella pienezza del tempo ha mandato questo Figlio nel mondo, perché grazie a lui avessimo la vita.

L’amore dà la vita. Chi ama è generato da Dio e Dio dimora in lui (cf. 1 Gv 4, 7). Dunque, chiunque ama conosce Dio, perché lo porta dentro di sé. Conosce colui che è Amore. Conosce il Figlio, e grazie al Figlio conosce il Padre e rimane nel suo amore.

2. Questo è l’eterno principio del Vangelo e dell’evangelizzazione. Durante il Sinodo, mediante la preghiera, eravamo ogni giorno in contatto con questo “eterno principio”. Oggi desideriamo rendere grazie a Dio in modo particolare per questo. Desideriamo rendere grazie, perché quest’“eterno principio” è divenuto a suo tempo l’inizio storico dell’evangelizzazione dell’Africa, dei vostri paesi e dei vostri popoli.

La prima volta questo avvenne già ai tempi apostolici, quando il diacono Filippo battezzò un funzionario della regina di Etiopia. Il cristianesimo si diffuse ben presto lungo le coste del Mare Mediterraneo nell’intero Nord Africa, che era allora parte dell’Impero Romano. Nel resto del vasto continente il Vangelo giunse più tardi, nel secolo XV in alcune regioni e, definitivamente, nel corso del secolo passato.

Le Chiese africane dunque, se ci si riferisce alla cronologia storica, sono giovani. E giovinezza significa anche freschezza, vitalità, significa grande riserva di forze e prontezza ad affrontare prove e lotte. Giovinezza significa crescita e maturazione. E se di pari passo con questo processo avvengono delle crisi, si tratta solitamente di crisi di crescita, dalle quali normalmente l’uomo esce più maturo.

Tutto questo è stato proprio il tema del nostro lavoro durante il Sinodo. Nella sua fase di riflessione e di elaborazione esso si è svolto qui, a Roma, presso la tomba di san Pietro. Attendiamo ora il momento opportuno per trasferire nel vostro Continente i suoi frutti. Abbiamo deciso infatti che la parte conclusiva del Sinodo si svolgerà in punti scelti dell’Africa, per informare il popolo di Dio delle vostre Chiese circa le conclusioni alle quali l’Assemblea sinodale è giunta e per iniziare ad introdurre nella vita delle Chiese africane le decisioni prese.

3. La liturgia ricorda oggi un evento degli Atti degli Apostoli, che può essere ritenuto il primo passo nella missione della Chiesa “ad gentes”. Ecco, proprio Pietro - l’Apostolo presso la cui tomba si svolge questa celebrazione conclusiva della fase romana dell’Assemblea sinodale - proprio Pietro viene mandato dallo Spirito Santo al centurione romano Cornelio. Il centurione è un pagano. La prima comunità cristiana in Gerusalemme era formata soprattutto da persone provenienti dal Giudaismo. Il comando di Cristo di andare agli estremi confini della terra per annunziare il Vangelo a tutte le nazioni non aveva ancora potuto essere attuato: era mancato il tempo. Pietro aveva accettato con una certa esitazione l’ingiunzione dello Spirito di recarsi nella casa di un pagano. Nondimeno, quando vi andò, constatò con gioiosa sorpresa che quel pagano attendeva Cristo e il battesimo. Leggiamo negli Atti degli Apostoli: “E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio” (At 10, 45-46).

Così dunque nella casa di Cornelio in un certo senso si ripeté il miracolo della Pentecoste. Pietro disse allora: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto [ . . .]. Forse che si può proibire che siano battezzati con l’acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?” (At 10, 34-35.47).

Così iniziò quella missione della Chiesa “ad gentes”, della quale araldo principale diverrà Paolo di Tarso.

4. Forse una meraviglia simile a quella dei primi cristiani davanti all’effusione dello Spirito sui pagani, accompagnava anche i missionari, giunti per la prima volta nel cuore dell’Africa. Ricordiamo bene le date di quell’inizio. Con grande commozione visitai, durante il soggiorno in Angola, i ruderi del primo tempio, ivi costruito quando cinque secoli fa i piedi dei missionari toccarono per la prima volta quelle sponde. Si sa che i primi missionari trovarono una cordiale accoglienza in Africa, e il sovrano di allora, Dom Alfonso I Mvemba-Nzinga, cercò il contatto con la Sede di Pietro. Il figlio di lui, Dom Henrique, divenne il primo Vescovo di quelle popolazioni da poco convertite.

Oggi, in occasione della conclusione della fase romana del Sinodo africano, desideriamo presentare a Dio un caloroso ringraziamento per tutti i missionari che si sono spinti in terra africana per portarvi la croce di Cristo.

5. La grande epopea dell’annuncio missionario nell’Africa dei nostri tempi, avviata con risultati così promettenti, dovette tuttavia sperimentare ben presto prove difficili, quali l’uccisione degli araldi del Vangelo o la loro espulsione, la soppressione degli stessi Ordini o Congregazioni religiose, oltre alle prove costituite dalle malattie e dai disagi di viaggio e di clima. Ma ciò non arrestò l’avanzata del Vangelo. Nel secolo scorso assistiamo, anzi, quasi ad una gara generosa da parte di molti e nuovi Istituti sorti con lo scopo specifico di portare la Buona Novella nel Continente africano.

Come non ricordare, tra gli altri, il Cardinale Massaia, Vicario Apostolico tra i Galla, i Padri dello Spirito Santo, la Società delle Missioni Africane, i Padri Bianchi, chiamati in Algeria dal Cardinale Lavigerie? E poi: i Sacerdoti di Cernache do Bonjardim, i Padri di Verona, conosciuti come Comboniani, i Padri della Consolata, assieme agli Oblati di Maria Immacolata e ai Monfortani.

E ancora: i Missionari del Verbo Divino, i Padri di Scheut, i Missionari di Marian Hill, e la Società di San Patrizio.

Con gratitudine va pure fatta memoria del grande impegno profuso in Africa dai Francescani, dai Domenicani, dai Benedettini e dai Gesuiti; ad essi si aggiunsero successivamente i Lazzaristi, i Redentoristi, i Salesiani e i Pallottini. Anche i Fratelli delle Scuole Cristiane non mancarono di portare il loro fattivo contributo all’educazione di intere generazioni di africani.

Ma la principale novità dell’impresa evangelizzatrice nel Continente africano è stata sicuramente la parte rilevantissima svolta dalle Congregazioni femminili. Al riguardo va ricordata innanzitutto la Congregazione delle Sorelle di S. Giuseppe di Cluny, presente in Senegal sotto la guida della Beata Anna Maria Javouhey, fin dall’inizio dell’Ottocento. Successivamente si distinsero le Suore Bianche, le Comboniane, le Suore di Marian Hill, le Missionarie benedettine, le Suore del Preziosissimo Sangue e quelle della Consolata, - per non ricordarne che alcune - le quali disseminarono nel Continente eloquenti testimonianze di santità, di generosità e di fecondità evangelica.

È soprattutto allo straordinario impegno degli Istituti religiosi che la Chiesa in Africa resta debitrice. L’azione organizzata e corale delle Congregazioni non deve tuttavia far dimenticare le singole personalità di missionari che si sono distinti nell’annuncio del Vangelo: così il padre Gonçalo da Silveira, martire della fede già nel secolo XVI; il catechista malawi Kasian Gama de Lituhi; il medico Adriano Altman; il beato Giuseppe Gerard del Lesotho; il vescovo Hirth e il suo successore Enrico Streicher; San Giustino de Jacobis: Charles de Foucauld; la Serva di Dio Edel Quinn e le Beate Clementina Anuarite, la malgascia Vittoria Rasoamanarivo, la sudanese Giuseppina Bakhita, oltre ad Isidoro Bakanja, che ho avuto la gioia di proclamare Beato proprio nel corso di quest’Assise sinodale.

Tra le grandi figure ora evocate spiccano, accanto a missionari e missionarie venuti da fuori, figli generosi della stessa Terra africana, nei quali non è possibile non ammirare la fecondità delle vostre giovani Chiese. Di tale fecondità sono testimonianza anche i nuovi Istituti religiosi, che vanno nascendo nello stesso Continente africano.

6. Se noi, cari Fratelli, abbiamo potuto incontrarci a Roma, durante il mese appena trascorso, per celebrare il Sinodo africano, lo dobbiamo a quella grande epopea missionaria, di cui il vostro Continente, specialmente nello spazio dei due ultimi secoli, è stato teatro. Oggi, grati alla divina Provvidenza, desideriamo richiamare alla mente tutti coloro che, per mezzo del ministero della parola, dell’amministrazione dei sacramenti, con la fatica di tutta la vita e a volte anche con il sangue del martirio, hanno contribuito alla “implantatio” ed allo sviluppo della Chiesa in Africa. Il seme da loro sparso ha recato frutti abbondanti: voi stessi ne siete un’eloquente testimonianza, voi miei Fratelli nell’Episcopato, figli dei popoli africani, con i vostri Sacerdoti, che portate ormai sulle vostre spalle gran parte della fatica dell’evangelizzazione. Ne sono testimonianza anche le numerose vocazioni religiose entrate a dare man forte alle Congregazioni missionarie o confluite in nuovi Istituti sorti in Terra d’Africa, quasi a prendere nelle proprie mani la fiaccola della totale consacrazione al servizio di Dio e del Vangelo.

Con quale commozione il Papa Paolo VI canonizzò, durante il Concilio, i Martiri ugandesi. Tutti erano africani; e va aggiunto che nel loro gruppo si trovarono non soltanto figli della Chiesa Cattolica, ma anche della Comunione Anglicana. Altre cause stanno maturando. La Chiesa in Africa deve provvedere a redigere il suo proprio Martirologio, aggiungendo alle magnifiche figure dei primi secoli, come Cipriano, Atanasio, Agostino, i martiri e i santi degli ultimi tempi. Nella Chiesa, infatti, è viva la vocazione alla santità, e la santità dei figli e delle figlie della Chiesa conferma la santità della Chiesa stessa: è stato ciò che ha messo in rilievo con tanta forza il Concilio Vaticano II, nella Costituzione “Lumen gentium”.

Crediamo in una Chiesa che è “santa”. Proprio questa è la Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica e apostolica. In questa Chiesa viviamo il mistero della Comunione dei Santi, ed attendiamo la risurrezione dei corpi e la vita eterna in Dio.

7. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16).

Presso le reliquie di san Pietro si leva oggi fervida la preghiera, affinché i frutti del Sinodo della Chiesa che è in Africa permangano e si moltiplichino. Ancora chiederemo questo a Dio nei diversi luoghi del Continente africano nei quali si svolgeranno le celebrazioni conclusive di questo Sinodo.

Godremo la gioia del Popolo di Dio, che porta tanta freschezza di vita in ogni celebrazione liturgica. Questo Popolo di Dio ha anche manifestato singolare iniziativa e tanta creatività nelle varie tappe della preparazione del Sinodo. Gioisca ora dei suoi frutti ed intraprenda, insieme ai suoi Pastori, il compito di incarnare nella vita le risoluzioni sinodali.

Africa, l’eterno Padre ti ama, ti ama Cristo!

Rimani in questo amore!

 

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