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VISITA PASTORALE IN KAZAKHSTAN E VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA
 (22-27 SETTEMBRE 2001)

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Astana - Piazza della Madre Patria
Domenica, 23 settembre 2001

 

1. "Uno solo è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2, 5).

In questa espressione dell'apostolo Paolo, tratta dalla prima Lettera a Timoteo, è contenuta la verità centrale della fede cristiana. Sono lieto di poterla annunciare quest'oggi a voi, carissimi Fratelli e Sorelle del Kazakhstan. Sono tra voi, infatti, come apostolo e testimone di Cristo; sono tra voi come amico di ogni uomo di buona volontà. A tutti e a ciascuno vengo ad offrire la pace e l'amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

Conosco la vostra storia. Conosco le sofferenze a cui molti di voi sono stati sottoposti, quando il precedente regime totalitario li ha strappati dalla loro terra d'origine e li ha qui deportati in condizioni di grave disagio e privazione. Sono lieto di poter essere oggi qui tra voi per dirvi che il cuore del Papa vi è vicino.

Abbraccio con affetto ciascuno di voi, cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio. In particolare, saluto il Vescovo Tomasz Peta, Amministratore Apostolico di Astanà, e lo ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti. Saluto poi i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, come pure i rappresentanti delle varie Religioni presenti in questa vasta regione eurasiatica. Saluto il Signor Presidente della Repubblica, le Autorità civili e militari e tutti coloro che hanno voluto unirsi a questa celebrazione.

2. "Uno solo è Dio". L'Apostolo afferma anzitutto l'assoluta unicità di Dio. Questa verità i cristiani l'hanno ereditata dai figli di Israele e la condividono con i fedeli musulmani: è la fede nell'unico Dio, "Signore del cielo e della terra" (Lc 10,21), onnipotente e misericordioso.

Nel nome di quest'unico Dio, mi rivolgo al popolo di antiche e profonde tradizioni religiose, che vive nel Kazakhstan. Mi rivolgo anche a quanti non aderiscono ad una fede religiosa e a coloro che sono alla ricerca della verità. Vorrei ripetere ad essi le celebri parole di san Paolo, che ho avuto la gioia di riascoltare nello scorso mese di maggio all'Areopago di Atene: "Dio non è lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At 17,27-28). Torna alla mente quanto scrisse il vostro grande poeta Abai Kunanbai: "Si può forse dubitare della sua esistenza / se ogni cosa sulla terra ne è testimonianza?" (Poesia 14).

3. "Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù". Dopo aver additato il mistero di Dio, l'Apostolo porta lo sguardo su Cristo, unico mediatore di salvezza. Una mediazione - sottolinea Paolo in un'altra sua lettera - che si è attuata nella povertà: "Da ricco che era, si fece povero, per arricchire noi con la sua povertà" (2 Cor 8,9 - Acclamaz. al Vangelo).

Gesù "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2,6); non volle presentarsi alla nostra umanità, che è fragile e indigente, con la sua schiacciante superiorità. Se lo avesse fatto, non avrebbe obbedito alla logica di Dio, ma a quella dei prepotenti di questo mondo, denunciata senza mezzi termini dai profeti d'Israele, come Amos, dal cui Libro è tratta oggi la prima Lettura (cfr Am 8,4-6).

La vita di Gesù è stata coerente col disegno salvifico del Padre, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4). Egli ha testimoniato fedelmente questa volontà, dando "se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2,6). Spendendo per amore tutto se stesso, ci ha procurato l'amicizia con Dio, perduta a causa del peccato. Questa "logica dell'amore" Egli suggerisce anche a noi, chiedendoci di applicarla soprattutto attraverso la generosità verso i bisognosi. E' una logica che può accomunare cristiani e musulmani, impegnandoli a costruire insieme la "civiltà dell'amore". E' una logica che supera ogni scaltrezza di questo mondo e ci permette di procurarci amici veri, che ci accolgono "nelle dimore eterne" (cfr Lc 16,9), nella "patria" del Cielo.

4. Carissimi, la patria dell'umanità è il Regno di Dio! E' assai eloquente per noi meditare su questa verità proprio qui, nella Piazza intitolata alla Madre Patria, dinanzi a questo monumento che simbolicamente la rappresenta. Come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II, vi è un rapporto tra la storia umana e il Regno di Dio, tra le realizzazioni parziali della civile convivenza e la meta ultima a cui, per libera iniziativa di Dio, l'umanità è chiamata (cfr Gaudium et spes, 33-39).

Il decimo anniversario dell'indipendenza del Kazakhstan, che quest'anno voi celebrate, ci porta a riflettere in questa prospettiva. Che rapporto vi è tra questa patria terrena, con i suoi valori e i suoi traguardi, e la patria celeste, in cui, superando ogni ingiustizia e conflitto, è chiamata ad entrare l'intera famiglia umana? La risposta del Concilio è illuminante: "Benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il Regno di Dio" (ivi, 39).

5. I cristiani sono al tempo stesso abitanti del mondo e cittadini del Regno dei cieli. Si impegnano senza riserve nella costruzione della società terrena, ma restano orientati verso i beni eterni, quasi rifacendosi a un modello superiore, trascendente, per attuarlo sempre più e sempre meglio nell'esistenza di ogni giorno.

Il cristianesimo non è alienazione dall'impegno terreno. Se talora, in alcune situazioni contingenti, dà questa impressione, ciò è dovuto all'incoerenza di tanti cristiani. In realtà, il cristianesimo autenticamente vissuto è come lievito per la società: la fa crescere e maturare sul piano umano e la apre alla dimensione trascendente del Regno di Cristo, realizzazione compiuta dell'umanità nuova.

Questo dinamismo spirituale trae forza dalla preghiera, come ha ricordato poc'anzi la seconda Lettura. Ed è quanto, in questa celebrazione, noi vogliamo fare pregando per il Kazakhstan e per i suoi abitanti, affinché questo grande Paese, nella varietà delle sue componenti etniche, culturali e religiose, progredisca nella giustizia, nella solidarietà e nella pace. Progredisca grazie alla collaborazione, in particolare, di cristiani e musulmani, impegnati ogni giorno, fianco a fianco, nell'umile ricerca della volontà di Dio.

6. La preghiera dev'essere sempre accompagnata da opere coerenti. La Chiesa, fedele all'esempio di Cristo, non separa mai l'evangelizzazione dalla promozione umana, ed esorta i suoi fedeli ad essere in ogni ambiente promotori di rinnovamento e di progresso sociale.

Carissimi Fratelli e Sorelle, possa la "Madre Patria" del Kazakhstan trovare in voi dei figli devoti e solleciti, fedeli al patrimonio spirituale e culturale ereditato dai padri e capaci di adattarlo alle nuove esigenze.

Distinguetevi, secondo il modello evangelico, per la vostra umiltà e coerenza, facendo fruttificare i vostri talenti al servizio del bene comune e privilegiando le persone più deboli e svantaggiate. Il rispetto dei diritti di ciascuno, anche se di convinzioni personali diverse, è il presupposto di ogni convivenza autenticamente umana.

Vivete un profondo e fattivo spirito di comunione tra di voi e con tutti, ispirandovi a quanto gli Atti degli Apostoli attestano della prima comunità dei credenti (At 2,44-45; 4,32). La carità, che alimentate alla Mensa eucaristica, testimoniatela nell'amore fraterno e nel servizio ai poveri, ai malati, agli esclusi. Siate artefici di incontro, di riconciliazione e di pace tra persone e gruppi differenti, coltivando l'autentico dialogo, perché emerga sempre la verità.

7. Amate la famiglia! Difendete e promuovete questa cellula fondamentale dell'organismo sociale; abbiate cura di questo primordiale santuario della vita. Accompagnate con cura il cammino dei fidanzati e dei giovani sposi, perché siano davanti ai figli e all'intera comunità segno eloquente dell'amore di Dio .

Carissimi, con gioia ed emozione desidero rivolgere a voi qui presenti e a tutti i credenti che sono a noi uniti l'esortazione che a più riprese vado ribadendo in questo inizio di millennio: Duc in altum!

Ti abbraccio con affetto, Popolo del Kazakhstan, e ti auguro di portare a compimento ogni progetto d'amore e di salvezza. Dio non ti abbandonerà. Amen!



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