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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
A SUA SANTIT
À DIMITRIOS I
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI PATRIARCA ECUMENICO

 

A sua Santità Dimitrios I
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca ecumenico.

“Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1 Cor 13, 13).

Queste le parole dell’apostolo Paolo ai fedeli della Chiesa di Corinto quando parla della carità che deve essere caratteristica di ogni comunità cristiana e che riunisce tutte le Chiese locali in una comunione d’amore. Con nel cuore questa raccomandazione apostolica e per approfondire i vincoli di carità che uniscono le Chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli, ho inviato a lei una delegazione presieduta da sua eminenza il Cardinale Willebrands, per partecipare alle celebrazioni della festa di sant’Andrea.

L’anno in corso è stato segnato da due avvenimenti che hanno mostrato come sta crescendo la carità tra le nostre Chiese. Anzitutto, l’indimenticabile visita della Santità vostra alla Chiesa di Roma nel dicembre del 1987. Fu davvero una grande gioia per me e per la Chiesa di Roma riceverLa e scambiare un bacio fraterno presso la tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Questa volontà di procedere nella comunione si è manifestata anche nel lavoro compiuto dalla commissione internazionale di dialogo sul sacramento dell’Ordine, e in particolare sulla successione apostolica nel suo rapporto con la santificazione e l’unità del Popolo d Dio. Ritengo che si tratti di un ulteriore passo che consentirà alla commissione di continuare il lavoro ed affrontare i temi su cui le nostre Chiese si sono divise.

Come abbiamo già ricordato insieme, lo scopo del dialogo è il ristabilimento della piena comunione tra le nostre Chiese. Abbiamo fissato questa meta umilmente, pieni di fiducia nello Spirito Santo che è Spirito di comunione, Spirito che ci guida alla verità tutta intera e che ci farà raggiungere lo scopo che la volontà di Dio consentirà ai nostri sforzi. Con il suo aiuto, coscienti della profonda comunione che già ci unisce, ci impegniamo risolutamente per procedere sulla strada da lui indicata.

Non ne siamo ancora arrivati alla fine, e molti sforzi ancora vanno compiuti sia a livello locale che a livello internazionale dalla nostra comune commissione teologica. Purtroppo i secoli durante i quali siamo stati estranei gli uni agli altri hanno provocato una diminuzione della conoscenza e quindi dell’amore vicendevole. Così hanno potuto svilupparsi, da una parte e dall’altra, incomprensioni e caricature della fede realmente vissuta dai cattolici o dagli ortodossi. Ancora oggi, una precisa e profonda conoscenza dell’altro sembra mancare in certe zone in cui cattolici e ortodossi vivono insieme. Prendere coscienza di queste difficoltà deve stimolarci ad intensificare gli sforzi per diffondere nel popolo cristiano, con la predicazione, la catechesi, la formazione teologica, una concezione dell’altro ispirata dalla verità e dalla carità e purificata dagli atteggiamenti polemici del passato. Noi ci siamo solennemente riconosciuti come Chiese sorelle in comunione quasi totale (Pauli VI Epist “Tomos Agapis”, 283, die 8 febr. 1971). Dobbiamo trarne le conseguenze pratiche negli atteggiamenti concreti da avere gli uni verso gli altri e in ogni nostro rapporto.

Santità, di anno in anno ci rendiamo sempre più conto dell’importanza di questo scambio di delegazioni in occasione della festa patronale delle nostre Chiese, per la continuazione, in stretta collaborazione, del nostro cammino comune verso la piena comunione. Così di tutto cuore, cari fratelli, mi unisco alla vostra celebrazione di sant’Andrea e gli chiedo di ottenere dal “Padre della luce, da cui viene ogni dono perfetto” (Gc 1, 17), la luce e la forza per procedere in una carità fraterna sempre più profonda.

Dal Vaticano, 23 novembre 1988.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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