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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A MONS. OSCAR LINO LOPEZ FERNANDEZ BRAGA,
VESCOVO DI BENGUELA, IN OCCASIONE DEL
PRIMO CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO IN ANGOLA

 

Al venerabile fratello
monsignor Oscar Lino Lopez Fernandez Braga
Vescovo di Benguela

1. Con sentimenti di profonda letizia e gratitudine, mi unisco alla comunità ecclesiale in festa, per celebrare a Benguela il primo Congresso Eucaristico in terra angolana. Nella sua persona, signor Vescovo, nei prelati qui riuniti, nei sacerdoti, nei religiosi e religiose, nei laici fedeli, riconosco la Chiesa in Angola, vedo tutti i fratelli e le sorelle Angolani, a cui dirigo queste mie parole e a cui desidero che pervenga il mio affettuoso saluto:

“Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà” (Eb 13, 20).

Pace, sacrificio, alleanza eterna, Risurrezione e bene, sono parole che costituiscono altrettanti stimoli di riflessione e adorazione, in questi giorni di celebrazione della fede in presenza di Cristo e di realizzazione del suo sacrificio redentore. Esse saranno anche un punto di riferimento della speranza viva che anima i vostri spiriti, affratellati dalla Eucaristia, sacramento di pietà ed allo stesso tempo segno di unità e vincolo di carità nel banchetto pasquale, in cui si riceve un solo pane, con un solo cuore: “si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura” (Sacrosantum Concilium, 47).

2. Questo Congresso Eucaristico diocesano onora la comunità ecclesiale del Benguela ed il suo devoto Pastore. Si colloca immediatamente nel contesto dei temi scelti dalla Conferenza Episcopale per l’animazione pastorale dell’anno che sta per concludersi: “Battesimo e Eucaristia”; si pone in ideale unione e in sintonia con il congresso internazionale di Seul in Corea; si colloca, inoltre, nella prospettiva delle commemorazioni del quinto centenario della evangelizzazione dell’Angola.

Per le provvidenziali circostanze in cui il congresso si realizza, mi permetto di dare una più ampia portata alle mie parole, senza voler mettere in ombra la sua grandezza come realizzazione diocesana. So bene che si tratta di una diocesi ben strutturata e dotata di dinamismo pastorale. Indice di ciò sono i neosacerdoti che saranno ordinati alla conclusione del congresso. Questo sarà, ne sono convinto, un segno che indicherà l’inizio di una fase di nuove realizzazioni al servizio del regno di Dio, non solo per la diocesi di Benguela, ma anche per tutta la Chiesa dell’Angola.

3. Il Regno di Dio si rende presente nel nostro mondo soprattutto attraverso l’Eucaristia, in cui i frutti della terra e del lavoro dell’uomo vengono trasformati misteriosamente, ma realmente e nella sostanza, per opera dello Spirito Santo e attraverso le parole del ministro, nel Corpo e nel Sangue del Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e di Maria, grazie al quale lo stesso Regno si è reso presente in mezzo a noi (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 48).

Momento di aspettativa e di speranza per la Chiesa in Angola, questo tempo non è privo di grandi sfide che si presentano alla sollecitudine ecclesiale, senza perdita di identità, per aiutare a costruire la pace secondo libertà e giustizia.

Con grande gioia di tutti noi, ultimamente sono stati fatti grandi passi per far concludere la guerra in Angola. Ma la pace, lo sappiamo bene, non è semplicemente l’assenza della guerra e dei suoi orrori; non è una cosa raggiunta una volta per tutte; deve essere continuamente costruita, con quell’“amore che va oltre quanto può assicurare la semplice giustizia” fino a realizzare “la pace di Cristo a Sua immagine e somiglianza”. “Tale pace non si può ottenere se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro ingegno” (Gaudium et Spes, 78).

4. Rifacendomi poi al motto del congresso - un solo pane e un solo cuore nel banchetto eucaristico - vorrei sottolineare come prioritaria, la necessità della riconciliazione profonda di ogni Angolano e di tutti gli Angolani fra loro; la necessità di propiziare quella concordia che è da auspicare, affinché tutti possano godere di una vita giusta, in un clima familiare di serenità, in una patria che racchiude tante promesse di Nazione accogliente e solidale, una Nazione di pace e prosperità.

Offrire il sacrificio e ricevere in comunione il Corpo e il Sangue del Signore ha come esigenza prioritaria la comunione nella stessa fede e nella vita della Chiesa. È questo che fa di ogni comunità riunita intorno all’altare, sotto il sacro ministero del Vescovo, il simbolo della carità e di quella unità del Corpo mistico, senza il quale non ci può essere salvezza (cf. Lumen Gentium, 26).

5. Per raggiungere questa unità di Corpo, ci deve essere nell’intimo dei cuori una riconciliazione profonda, con Dio, con i fratelli e con se stessi. È anche per questo che l’Eucaristia si presenta come fonte e espressione di riconciliazione: “grazie a questo sacrificio di riconciliazione il Signore dà la salvezza e la pace al mondo intero. Cristo per mezzo della sua Croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio e, ristabilendo l’unità di tutti in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l’odio” (cf. Gaudium et Spes, 78). “Egli è la nostra pace” (Ef 2, 14).

Non solo è necessario essere ed apparire come comunità riconciliata durante la celebrazione dell’Eucaristia, ma anche essere consapevoli del ministero di riconciliazione, della missione volta ad orientare lo sguardo dell’uomo e a guidare la coscienza e l’esperienza dell’umanità verso il mistero di Cristo (cf. Redemptor Hominis, 10). Egli è la nostra riconciliazione.

6. Con “un solo cuore”, promotori di riconciliazione e di unità soprattutto attraverso la testimonianza, con il vigore del “lievito”, il sapore del “sale” e la trasparenza e lo splendore della “luce”, i cristiani sono simultaneamente promotori del bene comune: “un solo pane”. Al centro della attenzione per il bene comune c’è sempre la persona umana, con le sue ineludibili necessità di ordine sociale - che vanno dalla alimentazione alla salute, dall’educazione al lavoro, fino alla partecipazione alla vita collettiva - e di ordine morale e spirituale. Effettivamente è inutile che i responsabili si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri (cf. Gaudium et Spes, 82).

Per annunciare e proporre in modo efficace nel mondo la riconciliazione, la Chiesa deve presentarsi sempre di più come una comunità costituita da discepoli di Cristo, uniti nell’impegno di convertirsi continuamente al Signore e di vivere come “uomini nuovi, nello spirito e nella pratica della riconciliazione”. Solo così gli sforzi riconciliatori otterranno dei risultati, per “pacificare gli animi, moderare le tensioni, superare le divisioni, sanare le ferite eventualmente inferte tra fratelli” (Reconciliatio et Paenitentia, 9). In una parola, i fedeli devono essere consapevoli del significato della Messa, della famiglia dei figli di Dio, che è l’Eucaristia.

7. Centro ed apice di tutta la vita cristiana, l’Eucaristia è il mezzo attraverso il quale la Chiesa partecipa, in maniera sublime e speciale, della forza redentrice di Cristo. E lo fa con piena sottomissione di amore alla Parola, fedele al Vangelo del suo maestro e Signore, e con senso di responsabilità insieme ad ogni uomo per raggiungere la verità.

Di conseguenza, “il mistero della Fede” - il mistero della presenza del Signore e del suo sacrificio sulla Croce rivissuto pienamente deve essere protetto da qualunque “riduzione”. È una verità essenziale, non solo dottrinale ma anche esistenziale, il fatto che l’Eucaristia costruisce la Chiesa come autentica comunità e questa comunità vive dell’Eucaristia. Essendo inoltre la Rivelazione e la celebrazione più profonda della fratellanza umana dei discepoli di Cristo, l’Eucaristia non può essere ridotta semplicemente a una “occasione” per manifestare tale fratellanza: è sempre sacramento-sacrificio, sacramento-Comunione e sacramento-presenza di Cristo.

8. Esorto tutti inoltre - pastori e fedeli della Chiesa in Angola - affinché si lascino coinvolgere dall’amore di Cristo e come una Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, vivano, testimonino e annuncino, con l’ardore di san Paolo, il ministero e il messaggio di riconciliazione (cf. 2 Cor 5, 14-20). Con ciò risponderanno anche ad una delle più pressanti esigenze dei loro concittadini: formare una autentica Nazione, che integri tutta la ricchezza delle diverse etnie.

Oltre che fautori di riconciliazione, come “cattolici”, tutti sapranno essere anche promotori di solidarietà, in Angola, dall’Angola e per l’Angola: di quella solidarietà che il Magistero ecclesiale non si stanca di proporre come cammino ineludibile per una pace sicura e per lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 39, 44 e 45).

Rafforzata nell’unità grazie a un solo pane, aperta con un solo cuore e impegnata nel dialogo salvifico, accompagnato da molte preghiere, la Chiesa in Angola sarà sempre più costruttrice della “civiltà dell’amore”.

9. Sotto il segno dell’amore i fratelli dell’Episcopato scelsero come celeste patrona dell’Angola, nostra Signora, madre delle nostre speranze, invocandola nel mistero del suo cuore immacolato. Grazie al suo cuore verginale si realizzò il mistero della Redenzione; e, a partire dal suo “fiat”, il cuore di Maria santissima, grazie all’azione particolare dello Spirito Santo, accompagna sempre l’opera di suo Figlio Gesù Cristo, la Redenzione.

Chiedendo, per sua intercessione, che Cristo abbracci ancora una volta, con il suo amore inesauribile tutti gli Angolani, specialmente i più bisognosi - malati, vecchi, rifugiati e bambini, tutti gli emarginati e i sofferenti - presente e unito nella speranza di frutti spirituali ai partecipanti al Congresso Eucaristico di Benguela, chiedo anche per l’Angola giorni migliori.

Per Cristo, con Cristo e in Cristo, che tutti abbiano vita e ne abbiano in abbondanza, con la mia affettuosa ed ampia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 4 luglio 1989.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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