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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE RWANDESE

 

A Sua Eccellenza Monsignor
Thaddée Ntihinyurwa
Vescovo di Cyangugu
Presidente della Conferenza Episcopale del Rwanda

La venuta in Rwanda di Sua Eccellenza Monsignor Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum mi dà l’opportunità di porgere il mio più cordiale saluto a voi, a tutti i Pastori della Chiesa, alle Autorità del vostro Paese e al popolo rwandese. Alla vigilia del secondo anniversario dell’inizio del genocidio che è costato la vita a centinaia di migliaia di persone, il messaggio che vi rivolgo vuole essere una nuova manifestazione sensibile dell’amore paterno che il Successore di Pietro nutre per tutti i rwandesi, e in particolare per quelli che soffrono e vivono nel lutto o nell’angoscia del domani. M’inchino ancora davanti alla memoria di tutte le vittime di questo dramma, specialmente dei Vescovi, dei Pastori e degli altri fedeli della Chiesa, chiedendo al Signore di essere misericordioso con loro.

Ora che il vostro Paese sta cercando le vie della riconciliazione e della pace, incoraggio ardentemente tutti i suoi figli a scoprire una nuova speranza in Cristo. In Lui si manifesta pienamente la misericordia infinita di Dio che perdona tutti in tutte le circostanze. In Lui veniamo assicurati della benevolenza divina per sempre. Come ci dice l’Apostolo Paolo, "se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio, per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" ( Rm 5, 10 ). I cristiani hanno il dovere di essere i testimoni veritieri, per tutta la loro esistenza di questo dono straordinario che Dio fa, per giungere alla riconciliazione e alla pace. La Legge nuova che il Signore ci ha lasciato è quella dell’amore fraterno. È questa legge che la natura umana combatte quando rifiuta Dio, è questa stessa legge che il mondo non riesce a comprendere. Noi dobbiamo ascoltare il discepolo che Gesù amava tanto e che diceva: "Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" ( 1 Gv 4, 20 ).

L’amore fraterno, che porta al perdono di tutte le offese, non priva del suo oggetto la giustizia degli uomini, che giudica la colpa commessa e la condanna. Il cammino della pace e della riconciliazione passa però soprattutto per il rispetto della persona umana, senza il quale non è possibile ricostruire ciò che è stato distrutto. Questo rispetto per l’uomo è il presupposto per un dialogo veramente fraterno. Al contempo, la giustizia e l’equità per tutti coloro che hanno dei diritti da difendere sono altrettanto indispensabili. Bisogna riconoscere che, da questo punto di vista, lo Stato ha di fronte una sfida grande e difficile: rendere giustizia a tutti è uno dei suoi doveri fondamentali. Desidero aggiungere che la giustizia e la verità devono andare di pari passo quando si tratta di mettere in luce le responsabilità nel dramma che il vostro Paese ha vissuto. La Chiesa in quanto tale non può essere ritenuta responsabile delle colpe di quei suoi membri che hanno agito contro la legge evangelica; essi saranno chiamati a rendere conto delle loro azioni. Tutti i membri della Chiesa che hanno peccato durante il genocidio devono avere il coraggio di sopportare le conseguenze di ciò che hanno commesso contro Dio e contro il prossimo.

Il mio pensiero è rivolto in particolare ai numerosi prigionieri in attesa di giudizio, a quanti hanno perduto le persone a loro care o i loro beni e che attendono che venga resa loro giustizia, ai rifugiati dell’interno e a coloro che, in gran numero, attendono, al di là delle frontiere, di poter rientrare nel Paese in sicurezza e dignità.

Desidero incoraggiare in modo particolare la Chiesa in Rwanda, che ha tanto sofferto per il dramma vissuto dal vostro popolo; rendo qui omaggio a quei Pastori e a quei fedeli che, nel corso degli eventi, sono stati autentici testimoni dell’amore di Cristo e modelli di vita cristiana. Oggi la Chiesa in Rwanda si trova di fronte all’urgenza di mettersi all’ascolto del Vangelo e di proclamare la Buona Novella. Per i suoi membri "la grande sfida sarà sempre costituita dalla occorrenza di un’esistenza cristiana conforme agli impegni del Battesimo, che significa morte al peccato e risurrezione quotidiana ad una vita nuova (cf. Rm 6, 4-5 )" (Ecclesia in Africa, n. 74). Non abbiate paura, costruite insieme comunità unite, che rendano testimonianza di un amore reciproco sincero e che divengano per tutti luoghi di autentica riconciliazione (cf. Ecclesia in Africa, nn. 77 e 79). Invito tutti voi, Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e laici, di qualsiasi origine etnica, a volgervi verso Dio con cuore sincero, a perdonare e a riconciliarvi, rafforzando così l’unità fra di voi e lavorando insieme nell’unica missione di Cristo. La Chiesa universale è con voi in questa prova, continua a sostenervi con la sua preghiera, con la presenza di missionari e con il suo aiuto per riprendere la vostra attività pastorale. Mediante le sue opere caritative, essa vuole così contribuire a soddisfare i bisogni materiali di tutta la popolazione, senza distinzione di origine e di religione.

L’opera di ricostruzione del vostro Paese è immensa. Rivolgo anche un fervente appello a tutti i vostri concittadini, affinché s’impegnino in questo compito volto al bene comune. Un’autentica solidarietà fra gli uomini di buona volontà è indispensabile per poter vivere nuovamente nella fiducia ritrovata. "Il frutto della solidarietà è la pace" (Ecclesia in Africa, n. 138). Auspico anche che la comunità internazionale apporti generosamente il suo contributo venendo in aiuto di coloro che soffrono e che vivono in ristrettezze, per essere al vostro fianco in questa opera. Accogliete con gioia il sostegno dei vostri fratelli che desiderano partecipare allo sforzo comune di edificazione del vostro Paese.

Mi rivolgo ora al Signore, Dio di Pace e di Misericordia, chiedendogli di risvegliare nei cuori di tutti i rwandesi il profondo desiderio di riconciliazione e di fiducia ritrovata fra fratelli. Affido all’intercessione materna della Vergine Maria tutta la vostra nazione, insieme al vostro ministero e a quello di tutti i Pastori del Rwanda. Su ognuno di voi, sui fedeli delle vostre diocesi, su quanti sono responsabili della conduzione del Paese e su tutto il popolo del Rwanda invoco la Benedizione di Dio Onnipotente.

Dal Vaticano, 14 marzo 1996.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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