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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
ALL'ABATE GENERALE DEI CISTERCENSI,
PADRE DOM BERNARDO OLIVERA

 

Al Reverendo Padre Dom BERNARDO OLIVERA
Abate Generale dei Cistercensi della Stretta Osservanza

1. In occasione dei Capitoli Generali, che il ramo maschile e quello femminile di codesto Ordine stanno celebrando presso Roma, sono lieto, Reverendo Padre, di inviare alle rispettive Assemblee Capitolari uno speciale Messaggio, non essendomi possibile in questo momento riceverle, come sarebbe stato mio vivo desiderio.

Rivolgo anzitutto un saluto cordiale a ciascuno dei venerati Abati e delle venerate Badesse, convenuti per l’importante incontro, che si svolge in un tempo davvero favorevole: il tempo in cui la Chiesa tutta si sta preparando all’Anno Santo del 2000; in cui, in particolare, la Famiglia Cistercense si avvicina a compiere i nove secoli della sua vita, iniziata a Cîteaux nel 1098. “Tempo favorevole” anche perché tempo di martirio: i vostri lavori infatti sono come illuminati e corroborati dalla testimonianza dei sette Confratelli della Trappa di “Notre-Dame d’Atlas”, in Algeria, trucidati il 23 maggio scorso.

Due sono le prospettive di fondo che orientano la riflessione dei presenti Capitoli: quella del rinnovamento e quella della comunione; prospettive che riprendono e prolungano le linee portanti del Concilio Vaticano II e che quindi si inseriscono naturalmente nel cammino verso il Grande Giubileo.

2. “Rinnovamento”, secondo il Vangelo, è sinonimo di conversione a Cristo, di approfondimento della sequela di Lui, della conformazione a Lui. Tale principio, valido per ogni battezzato e per ogni realtà ecclesiale, si applica in modo particolare alle persone consacrate ed alle loro comunità: “Deve rimanere viva la convinzione che nella ricerca della conformazione sempre più piena al Signore sta la garanzia di ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele all’ispirazione originaria” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 37).

Fin dai primi secoli della storia della Chiesa, la vita monastica ha conosciuto una grande varietà di espressioni, sia eremitiche che cenobitiche. Il monachesimo cistercense, secondo la migliore tradizione benedettina, è il frutto di schiere di uomini e donne che abbandonarono il mondo per cercare Dio e dedicarsi a Lui “non anteponendo nulla all’amore di Cristo” (S. Benedetto, Regola, 4,21; 72,11).

Per i monaci e le monache cistercensi seguire Cristo è anzitutto una vocazione. Più precisamente, una convocazione: una chiamata cioè a vivere con Lui convivendo con altri. Vivere con Lui e come Lui: consacrati in castità, povertà, obbedienza e stabilità, al fine di condividere la sua missione mediante la testimonianza evangelica della vita.

Occorre rendersi ogni giorno degni eredi di Cîteaux, il “Nuovo Monastero”: nuovo non per cronologia ma per l’obiettivo, che è l’uomo nuovo, la donna nuova. Come discepoli del Signore, occorre lasciarsi rinnovare da Lui, che dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Così si manterrà viva e operante la novità originaria di Cîteaux e si impedirà che la mancanza di radicalità o le mutevoli circostanze dei tempi e dei luoghi ne indeboliscano la forza e la testimonianza.

Il luminoso esempio offerto dai monaci di Notre-Dame d’Atlas è la prova più eloquente che lo spirito di san Roberto, del beato Alberico, di santo Stefano, di san Bernardo, per opera dello Spirito Santo è vivo nell’oggi della Chiesa. Unito ai monaci e alle monache cistercensi nel rendere grazie a Dio, mi associo alle parole della sua Lettera, Reverendo Abate Generale, scritta dopo l’uccisione dei Confratelli, là dove dice: “All’alba di questo IX centenario di Cîteaux e del Giubileo dell’anno 2000, questi eventi costituiscono per noi un segno dei tempi, una Parola di Dio che non ritornerà a Lui senza aver fecondato i nostri cuori e senza aver dato frutto” (in: “L’Osservatore Romano”, 1.6.96, p. 6).

3. La seconda prospettiva, che i rispettivi Capitoli intendono considerare, è quella della “comunione nella loro Famiglia cistercense”. Essa infatti si trova dinanzi ad una nuova epoca della sua lunga storia, un’epoca nella quale è chiamata a raccogliere la sfida della comunione nella diversità.

Non posso che incoraggiare questo impegno, che fa pensare a quello più ampio e generale di tutti i cristiani, impegnati a tendere con decisione verso la piena unità.

Attraverso un cammino non sempre facile, il movimento della “Stretta Osservanza” giunse a Roma nel 1892. Fu allora che si realizzò l’unione, grazie alla quale prese origine l’attuale Ordine Cistercense della Stretta Osservanza; ma, insieme con tale unione, si compì anche la separazione dall’altra parte di quello che era stato, fino ad allora, l’unico Ordine Cistercense. A partire da quel momento, sotto l’autorità del Papa Leone XIII, l’Ordine si convertì nella Famiglia cistercense composta da due Ordini (cf. Leone XIII, Lettera Apostolica Non mediocri, 30 luglio 1902).

Nell’Esortazione apostolica Vita consecrata, ho citato le parole “sempre attuali di san Bernardo a proposito dei diversi Ordini religiosi: Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l’osservanza, ma a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo, lo ricevo dagli altri ” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, n. 52).

Possa l’approssimarsi del IX centenario della fondazione di Cîteaux aumentare in tutti i monaci e le monache cistercensi la consapevolezza, la disponibilità ed anche la creatività necessarie per preparare l’attuazione del fine ultimo perseguito dai Capitolari del 1892: giungere un giorno con i Fratelli e le Sorelle della Comune Osservanza alla piena unità dell’intera grande Famiglia cistercense. Un’unità che non mortifichi la pluralità, ma esprima tutto ciò che è comune in quanto risale ai primi Padri, nel rispetto delle autentiche tradizioni maturate nei diversi tempi e luoghi.

Affido a Maria Santissima, tanto amata e venerata dai figli di San Bernardo, questo auspicio, mentre su di Lei, Reverendo Padre, sui Capitolari e le Capitolari, come pure su tutti i componenti dell’Ordine Cistercense della Stretta Osservanza imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 6 Ottobre 1996.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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