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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI CARPI

8 novembre 1980

 

Fratelli e sorelle carissimi!

1. Sono sinceramente lieto di incontrarmi oggi con voi, che avete voluto concludere qui a Roma la “grande missione”, con la quale avete celebrato il bicentenario di fondazione della vostra diocesi, avvenuta - come è noto - nel 1779 per opera del mio predecessore Pio VI di venerata memoria.

A tutti il mio commosso ringraziamento per la vostra presenza, così carica di entusiasmo e di affetto.

In questo anno di missione avete approfondito e meditato il ruolo e il significato ecclesiologico, che la diocesi assume sia nell’ambito della vita di tutto il Popolo di Dio, sia in quello dell’esperienza del singolo fedele cristiano. “La diocesi - afferma il Concilio Vaticano II - è una porzione del Popolo di Dio, che è affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e per mezzo del Vangelo e della santissima eucaristia unita nello Spirito Santo, costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente ed agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica” (Christus Dominus, 11).

In queste poche righe c’è una profonda presentazione teologica di quella “Chiesa particolare” che è la diocesi, la quale è “porzione” della Chiesa universale: in essa il Vescovo, i sacerdoti, i fedeli, animati tutti dallo Spirito Santo, hanno nel messaggio evangelico la guida basilare per il loro comportamento e nell’eucaristia il cibo spirituale per il cammino ed il pellegrinaggio, che essi compiono insieme in mezzo alle varie vicende del mondo.

2. Il cristiano è colui che “crede in Cristo”; crede cioè che Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio incarnato; è il Salvatore dell’uomo; è colui che ha donato tutto se stesso per la nostra autentica liberazione; che è morto per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione (cf. Rm 4,25). Il primo, fondamentale annuncio del cristianesimo è questo; la prima nostra grande professione di fede è questa. Ecco perché il Vangelo, che di Gesù ci presenta la vita e l’insegnamento, rimane sempre per colui che intende aderire a Cristo il punto costante di riferimento e di orientamento per tutta la vita. È il Vangelo che deve trasformare la nostra mentalità, le nostre tendenze, le nostre inclinazioni, i nostri desideri. Conservare, alimentare, accrescere, proteggere, manifestare la fede è quindi per il cristiano una costante ed ineliminabile esigenza.

Voi, fratelli e sorelle carissimi, siete venuti a Roma per pregare sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e dei martiri, i quali per rimanere fedeli a Cristo preferirono la morte. Siete venuti, anche, per ricevere dal successore di Pietro incoraggiamento e conforto per la vostra fede, la quale deve esprimersi e realizzarsi spesso in situazioni di particolari difficoltà sia per la diffusione di ideologie che si proclamano o indifferenti o apertamente contrarie a qualsiasi concezione religiosa e, in particolare, cristiana, sia per la crescita continua e preoccupante di comportamenti pratici, in cui dominano l’individualismo, l’egoismo, la ricerca del benessere e del successo terreno a qualsiasi costo.

In tali situazioni, che possono provocare la tentazione dello sconforto, dello scoraggiamento o del cedimento psicologico, voglio esortarvi oggi, ricordando la grande tradizione cristiana dei vostri padri, a riaffermare con coraggio e con impegno la vostra fede; a custodirla nel cuore; a professarla, senza timore e senza debolezza, pubblicamente con la parola, con l’esempio, sempre in radicale coerenza con le esigenze, talvolta dure, della concezione cristiana. “II fedele - ci avverte sant’Agostino - non creda semplicemente col cuore, mentre per il timore impedisce alle labbra di annunziare ciò che crede. Ci sono dei cristiani che hanno la fede nel cuore..., ma temono di professarla con le labbra, quasi proibiscono alle loro labbra di far risonare ciò che sanno, ciò che hanno dentro... Dicano dunque le labbra ciò che ha il cuore: questo contro il timore. Abbia il cuore ciò che dicon le labbra: questo contro la simulazione... Le tue labbra siano sempre in sintonia con il tuo cuore” (cf. S. Agostino, Enarr. in Ps. 39,16: PL 36,444). Per il cristiano la coerenza è la manifestazione più bella dell’autenticità della sua fede!

3. Auspico pertanto che sempre uniti, con filiale affetto e con serena docilità, al vostro Vescovo, formiate una Chiesa particolare, che sia di ammirazione e di esempio a tutto il Popolo di Dio. Voi, Sacerdoti, in leale collaborazione ed obbedienza al vostro pastore e in fraterna comunione fra di voi, cercate di spendere tutte le vostre energie per il bene delle anime. Voi, padri e madri, con la forza del sacramento del matrimonio, siate consapevoli delle vostre delicate responsabilità ed educate i vostri figli all’amore e all’apertura verso gli altri. Voi, giovani, che sognate la felicita e la trasformazione della società, preparatevi con impegno, nello studio e nella preghiera, ai compiti che la provvidenza vi affiderà sia nell’ambito della Chiesa sia in quello della comunità civile. E voi, carissimi ammalati, che siete segnati nel vostro corpo e nel vostro spirito dalle stigmate della passione di Cristo, offrite a Dio le vostre sofferenze perché la vostra diocesi sia un luminoso centro di vitalità cristiana.

In questo incontro non posso non ricordarvi la straordinaria figura di un figlio della vostra nobile terra: san Bernardino Realino, nato a Carpi nel 1530, e vissuto in tempi non meno facili di quelli odierni. Giovane intelligente e brillante, appassionato della verità, studiò storia, filosofia, medicina, diritto civile ed ecclesiastico. Fu podestà, avvocato, pretore, luogotenente generale di Napoli. Proprio in questa città, rispondendo docilmente alla chiamata di Dio, entrò nella Compagnia di Gesù e visse per molti anni a Lecce, dove morì, benedetto, amato e venerato da tutti, nel 1616.

Nel 1947 fu canonizzato dal mio grande predecessore Pio XII.

Alla luce dell’esperienza spirituale del vostro san Bernardino, voglio rivolgermi a tutti voi, fedeli della diocesi di Carpi, perché ne imitiate le eminenti virtù cristiane; in particolare desidero invitare i giovani ad essere sempre generosi con Gesù anche, e specialmente, quando egli chiama a seguirlo in una vita di totale consacrazione. Spero e prego che il numero dei seminaristi e dei novizi religiosi della vostra diocesi aumenti sempre più perché essa possa avere sempre molti e santi sacerdoti.

Con questi voti, invoco su voi tutti e sui fedeli di Carpi la continua assistenza di Dio, per la materna intercessione della Vergine santissima.

La mia benedizione apostolica vi accompagni sempre.



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