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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI
E AL COMITATO PER LA FAMIGLIA

22 settembre 1980


Signori Cardinali,
Cari fratelli e sorelle,

1. Sono veramente felice di potere incontrare oggi voi tutti che partecipate alla IV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. Non dimentico infatti di essere stato consigliere del Consiglio dei Laici sin dalla sua creazione nel 1967. Promulgando allora il Motu proprio “Catholicam Christi Ecclesiam”, il mio venerato predecessore Paolo VI concretizzava una raccomandazione precisa dei Padri Conciliari. Dieci anni dopo, un nuovo Motu proprio, “Apostulatus Peragendi”, valutava positivamente il lavoro svolto da questo organismo a titolo sperimentale; precisava e sviluppava il suo campo d’azione, riformava e rinforzava la sua struttura, trasformandolo in un Dicastero permanente della Curia Romana, l’attuale Pontificio Consiglio per i Laici, che partecipa pienamente al governo pastorale della Chiesa universale, al servizio del Successore di Pietro.

Questo Motu proprio confermava anche l’esistenza e la missione del Comitato per la Famiglia alla nascita del quale il Consiglio dei laici aveva enormemente contribuito e al quale mi rivolgerò tra un istante.

Innanzi tutto, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti per la disponibilità e la generosità con le quali avete accettato, sotto la responsabilità del Presidente, Cardinale Opilio Rossi, e del Vice-Presidente, Monsignor Paul J. Cordes, di mettervi al servizio della Santa Sede, mantenendo le vostre responsabilità in seno ai vostri rispettivi organismi d’appartenenza. Venendo da tutte le regioni del mondo, portate la ricchezza delle molteplici esperienze delle vostre associazioni a livello locale, nazionale e persino internazionale.

2. Il vostro indispensabile contributo implica due processi: Da una parte, tramite l’ascolto ed il dialogo, dovete prestare una particolare attenzione alle aspirazioni, ai bisogni e alle sfide che si manifestano nella vita dei laici in quanto persone, nelle loro famiglie, nei loro movimenti, nelle loro comunità cristiane e nei loro diversi impegni sociali e culturali. In questo modo, anche voi aiutate la Santa Sede a conoscere il contesto nel quale essa esercita il suo governo pastorale.

Dall’altra parte, voi dovete valutare le varie esperienze del laicato alla luce della Rivelazione e della Tradizione cristiana, vegliando affinché esse si realizzino in uno spirito di fedeltà alla Parola di dio e al Magistero della chiesa, per riaffermare l’identità cattolica delle associazioni, ravvivare il loro slancio evangelizzatore nei confronti delle attese più profonde degli uomini e dei popoli ed incoraggiarli ad inserire il loro specifico apostolato, in modo attivo e profondo, nel dinamismo della missione pastorale della Chiesa e delle sue comunità.

Posso già assicurarvi che riceverò e considererò con grande interesse i risultati di questa IV Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici che ha studiato la situazione attuale delle associazioni dei fedeli, in particolare dei movimenti dei laici, nella vita e nella missione della Chiesa.

3. Il Consiglio Pontificio per i Laici è ancora molto giovane, è vero, ma ha già affrontato problemi ed esperienze, sul piano universale, che lo mettono in grado di rivedere, valutare ed orientare l’evoluzione delle associazioni di fedeli.

Sin dalla sua origine, il Consiglio dei Laici, e poi il Pontificio Consiglio per i Laici, in collaborazione con la Segreteria di Stato, ha attentamente seguito la vita di queste associazioni, accompagnandole nelle loro riflessioni e nelle loro azioni, interpellandole nei momenti di crisi, aiutandole a tessere legami all’interno della comunità ecclesiale, favorendone la partecipazione e sostenendone il programma di lavoro.

Tutti i contatti regolari che intrattengono sono preziosi: contatti con i dirigenti e gli assistenti ecclesiastici delle Organizzazioni Internazionali Cattoliche e la loro Conferenza, contatti con i movimenti di spiritualità e le altre associazioni di laici e, attraverso quest’ultime, con l’insieme del laicato operante nelle comunità parrocchiali o, al di là di quest’ambito, contatti con le Conferenze Episcopali, in particolare con le loro commissioni o settori dell’apostolato dei laici, e contatti con gli altri Dicasteri della Curia Romana.

4. È con la costituzione “Lumen Gentium” ed il decreto “Apostolicam Actuositatem” che il Concilio Vaticano II ha aperto una prospettiva di profondo significato e di vasta ripercussione: il pieno riconoscimento dei laici come cristiani che “dopo essere stati incorporati a cristo col battesimo e costituiti popolo di dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano” (Lumen Gentium, 31).

Come ben sapete, l’importanza delle molteplici forme di apostolato organizzato (cf. Apostolicam Actuositatem, 18-19) nella vita e nella missione della Chiesa deriva dal sacerdozio comune dei fedeli e dal riconoscimento della diversità dei ministeri nell’unità della missione (cf. Ivi, 2).

L’Esortazione Apostolica “Evangelii Nuntiandi”, in una meravigliosa sintesi, giudica con discernimento l’effervescenza così feconda, ma a volte così critica ed incontrollata, di questo periodo post-conciliare; ne ricorda i frutti migliori e traccia dei punti di riferimento per l’avvenire.

Nell’insegnamento che sono chiamato io stesso a fornire, in particolare nell’Enciclica “Redemptor Hominis” e nell’Esortazione Apostolica “Catechesi Tradendae”, così come in occasione dei miei viaggi pastorali, voi trovate i criteri sostanziali di cui bisogna tener conto affinché l’azione die movimenti e delle associazioni possa svilupparsi in sintonia con questi tempi di rinnovamento del cattolicesimo nei quali viviamo.

5. Mi accontento di ricordarvi quello che dicevo in occasione del mio primo viaggio apostolico alle organizzazioni cattoliche del Messico e, tramite loro, a tutte le organizzazioni di laici: “Che le vostre associazioni, domani come oggi, e sempre meglio, formino dei cristiani votati alla santità, con una fede solida, che si poggiano con sicurezza sulla dottrina proposta dall’autentico magistero, fermi ed attivi nella Chiesa, alimentati da una ricca vita spirituale, che si avvicinano spesso, per nutrirsi, ai sacramenti di penitenza ed eucarestia, perseveranti nella testimonianza e nell’azione evangelica, coerenti e coraggiosi nei loro impegni temporali, che oppongono con costanza la pace e la giustizia a qualsiasi forma di violenza od oppressione, capaci di discernere con spirito critico le situazioni e le ideologie alla luce della dottrina sociale della Chiesa, fiduciosi e pieni di speranza nel Signore” (La Documentation Catholique, 1979, p. 178).

6. Oggi, non posso sviluppare queste riflessioni brevi ma esigenti che contengono i fili conduttori fondamentali della vita delle associazioni di laici cattolici. Quest’ultime sono scuole di formazione dei cristiani; li stimolano ad agire come il lievito nella pasta in seno allo stesso popolo di Dio, al fine di suscitare nuove vocazioni al servizio del Vangelo. In comunione stretta con la Chiesa, esse non si isolano in un movimento di élite sufficiente a se stesso, ma offrono un potenziale di carisma in vista della crescita del popolo di Dio in tutte le strutture e attività pastorali, sotto la direzione dei Vescovi.

Ma i cristiani devono essere il lievito nella pasta in seno alla vita familiare, sociale, economica, politica delle diverse nazioni e sul piano internazionale, al fine di evangelizzare le culture, nelle loro stesse radici, affinché si realizzino migliori condizioni di pace e giustizia, lo sviluppo integrale delle persone e dei popoli, in modo che si possano intravedere i frutti della fratellanza nel comune riconoscimento della filiazione divina. Compiti così importanti non potranno essere assunti a meno che i laici cristiani e le associazioni di fedeli in genere non diano una testimonianza vigorosa ed entusiasta d’identità cattolica, di comunione ecclesiale, di formazione di uomini nuovi secondo il Vangelo, di preoccupazione evangelizzatrice.

Dobbiamo essere convinti che solo la densità e la profondità dell’esperienza religiosa, della vita spirituale dei movimenti ed associazioni e dei loro membri, permettono di rispondere a tali esigenze.

7. Vorrei infine incoraggiarvi a proseguire le vostre diverse attività: prima di tutto la realizzazione dei vostri programmi, di cui vi ringrazio per tenermi costantemente informato; ma anche le diverse riunioni regionali con i Vescovi responsabili dell’apostolato dei laici, gli incontri degli assistenti ecclesiastici delle organizzazioni e delle associazioni internazionali cattoliche e il dialogo permanente con queste, l’accompagnamento pastorale dei movimenti di spiritualità o di carità.

È chiaro che in ogni approccio pastorale riguardante i laici non si può dimenticare l’esperienza fondamentale della loro vita familiare. È un settore particolare e di primaria importanza sul quale mi attarderò un po’ più a lungo.

8. Ed ora mi rivolgo al Comitato per la Famiglia. Assieme al suo Presidente, il Cardinale Opilio Rossi, saluto il suo Vice-Presidente, Monsignor Kazimierz Majdanski, vescovo di Szczecin-Kamien, il suo Segretario permanente, i suoi membri e i suoi rappresentanti dei diversi Dicasteri della Curia Romana le cui competenze sono esercitate verso l’uno o l’altro degli aspetti della famiglia.

So che era intenzione di Papa Paolo VI, quando istituì il Comitato per la Famiglia, che questo nuovo Organismo servisse da punto di incontro e di riferimento per tutti i lavori dottrinali e disciplinari, tutti gli sforzi di ricerca e di pastorale che da diversi anni si sviluppano all’interno della Curia Romana, per divenire in seguito il punto di partenza per un servizio pastorale rinnovato ed autentico da parte della Santa Sede per il bene di tute le famiglie della Chiesa.

9. In questi ultimi mesi, tutti gli sforzi del Comitato per la Famiglia, tutti i suoi mezzi sono stati messi al servizio della preparazione della prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi. Ve ne sono molto riconoscente e vi ringrazio tutti per i vostri sforzi. Ringrazio anche i membri delle Commissioni Episcopali per la Famiglia delle diverse Conferenze Episcopali che hanno cercato di stabilire dei legami solidi e pieni di speranza per l’avvenire con il Comitato per la Famiglia. E ringrazio anche, per la loro generosa partecipazione, i diversi Movimenti della Chiesa che cercano di promuovere una giusta concezione della famiglia cristiana prendendo così parte alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

10. Ho già avuto occasione di rivolgermi a tutta la Chiesa per esprimere la necessità di accompagnare, d’ora in poi, il lavoro del Sinodo dei Vescovi, con la preghiera di tutti, ma soprattutto delle famiglie stesse, vere “chiese domestiche”(Lumen Gentium, 11), santuari di preghiera e di testimonianza di vita cristiana quotidiana. Desidero rinnovare ora questo appello. Le famiglie cristiane, ritrovando la forza dell’unità e dell’equilibrio data dalla preghiera familiare, manifesteranno allora tutte le loro capacità educative. Gli ostacoli che le vengono posti davanti da un ambiente pessimista e dalle tendenze al disgregazione familiare, risultati di visioni distorte della persona e della sessualità, saranno superati. E già vedo in questo uno dei primi frutti del lavori del Sinodo dei Vescovi.

Mi auguro, dopo la conclusione del Sinodo, di poter contare sul contributo essenziale del Comitato per la Famiglia, arricchito dalle esperienze sinodali, per la salvaguardia e la promozione di una visione autentica ed attraente della famiglia.

Che l’esempio della Santa Famiglia a Nazareth sia per voi una luce. Raccomando le vostre intenzioni alla Vergine Immacolata, e impartisco su tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

 



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