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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AD UN SIMPOSIO SULLA MISSIOLOGIA

Giovedì, 2 dicembre 1982

 

Carissimi fratelli.

1. È con gioia particolare che vi porgo il mio benvenuto, cari Professori, Alunni e Partecipanti al Convegno di Studi Missiologici, indetto per celebrare il 50° anniversario della Facoltà dell’Università Gregoriana, opportunamente voluta a suo tempo dal mio grande predecessore, il Papa Pio XI. Vi saluto cordialmente e desidero ringraziare insieme con voi il Signore per tutto il benemerito lavoro che la Facoltà ha svolto in questi anni al servizio del Vangelo. Essa ha formato una cospicua schiera di missiologi e missionari, specialisti e animatori della missione. I principi metodologici del programma della Facoltà hanno così comprovato la loro fecondità, dando spazio ad una sana proporzione di studi teologici, antropologici e fenomenologici, insieme a discipline pastorali. E la mia esortazione a tutti voi è di continuare con gioiosa dedizione su questo cammino, per il quale esprimo il mio sincero apprezzamento e il mio incoraggiamento.

In questi giorni avete voluto riflettere, con l’aiuto di illustri specialisti, venuti da vari Paesi, sul ruolo degli studi missiologici nella Chiesa odierna. Il clima ecumenico che ha caratterizzato i vostri lavori è un segno di quella auspicata collaborazione con tutti i fratelli cristiani “per rendere - come ha scritto il mio predecessore Paolo VI di venerata memoria - sin d’ora, nella stessa opera di evangelizzazione, una più larga testimonianza comune a Cristo di fronte al mondo” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 77).

2. La formazione specificamente missiologica è chiamata a tener conto del fatto che l’intera Comunità ecclesiale è missionaria. Quindi essa deve inserirsi nel contesto vivo della formazione dei cristiani e in particolare dei presbiteri in questa prospettiva. L’impegno missionario, infatti, rappresenta la massima esplicitazione dell’identità battesimale, della fede viva e perciò della vera maturità di ogni cristiano.

Oggi, poi, la Chiesa si trova in una nuova situazione missionaria. Non soltanto l’incontro con le religioni non cristiane e con le culture da esse influenzate, ma anche il diffondersi di culture di ispirazione atea aprono nuovi e immensi campi alla missione della Chiesa. Fra i numerosi compiti degli specialisti della missiologia, vorrei menzionarne alcuni, riguardo ai quali la Chiesa attende da voi una speciale attenzione nella ricerca e nella formazione accademica.

La teologia della missione dovrebbe studiare in modo speciale la Cristologia. Cristo, il Redentore dell’uomo, è la chiave della teologia missionaria, così come è lui che, mediante il suo Spirito, anima e illumina il servizio missionario. Nello studio delle culture e delle religioni non cristiane, e nel costante dialogo con esse, tenete sempre presente la sua persona e la sua funzione. Sarà lui ad illuminare, come dal di dentro, le realtà dell’uomo, perché Gesù Cristo, “proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo” (Gaudium et Spes, 22).

Per quanto riguarda l’inculturazione, auspico che i vostri studi tendano a formare veri operatori di comunione. Non ci si deve fermare a una superficiale affermazione di particolarità nazionali o etniche, ma i valori umani e culturali devono essere fin dove è possibile assunti e poi internamente trasformati dalla fede, così da inserire le genti nella unità del Popolo di Dio. Il compito missionario non è facile. Esso dovrà evitare gli estremi di un dialogo rinunciatario e di una missione miope e impositiva. A questo proposito, restano sempre sagge e illuminanti le parole dell’ultimo Concilio: “Come Cristo . . ., così i suoi discepoli, animati intimamente dallo Spirito di Cristo, debbono conoscere gli uomini, in mezzo ai quali vivono, ed improntare le relazioni con essi ad un dialogo sincero e comprensivo, dimostrando tutte le ricchezze che Dio nella sua munificenza ha dato ai popoli, ed insieme tentando di illuminare queste ricchezze alla luce del Vangelo e di liberarle e di riferirle al dominio di Dio Salvatore” (Ad Gentes, 11). In tale maniera continuerete le grandi tradizioni della vostra Università, che conta fra i suoi ex-alunni degli uomini che si sono distinti in questa missione, come Matteo Ricci, di cui ho avuto occasione di parlare durante la mia recente visita a codesta Università.

3. Che il patrono delle missioni, san Francesco Saverio, di cui oggi ricorre la vigilia della festa, vi aiuti con la sua intercessione, sostenendovi nel vostro generoso sforzo affinché il vostro impegno di studiosi e tutta la vostra vita si aprano sempre di più alla chiamata di Cristo Evangelizzatore. L’annuncio della Chiesa è il lieto messaggio della misericordia divina. L’Anno Santo per il 1950° anniversario della Redenzione, che ho annunciato, vi offrirà occasioni propizie per approfondire questo elemento centrale della missione cristiana.

Continuate con rinnovata dedizione il vostro compito per il bene di tutta la Chiesa. Il Signore stesso sia la vostra luce e la vostra forza. E come pegno della sua grazia imparto di cuore a tutti voi la mia benedizione apostolica.

 

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