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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO
(12-15 MAGGIO 1982)

VISITA ALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA PORTOGHESE

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Lisbona
Venerdì, 14 maggio 1982

 

Signor Cardinale Gran Cancelliere,
signor Rettore, signori Professori e alunni
dell’Università Cattolica portoghese,
amati fratelli e sorelle in Cristo.
“Siate sempre irrobustiti dallo Spirito Santo, che Cristo abiti tramite la fede nei vostri cuori e siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” (cf. Ef 4, 16ss)!

1. È per me motivo di gioia potervi salutare personalmente qui, nella sede centrale dell’Università Cattolica portoghese. Gioia di colui che si sente a proprio agio tra i giovani e in essi deposita tante speranze; gioia per la vostra gioia, da cui mi sento contagiato; gioia perché l’Università Cattolica fa parte della mia vita, come perenne gratitudine, per ciò che mi ha dato e mi ha offerto occasione di dare, soprattutto a Cracovia, e come rimpianto. Qui, in qualche modo, sto cancellando i rimpianti. Grazie!

In voi e per vostro mezzo io vedo i numerosi professori e alunni cattolici, partiti dalla vostra patria, che insegnano e studiano nelle diverse Università e Istituti di insegnamento superiore. A tutti va il mio saluto affettuoso, con simpatia, apprezzamento e stima, per essere tutti sintonizzati sullo stesso ideale, quello di camminare insieme a Cristo e di contribuire ad instaurare il suo regno nel proprio ambiente.

E rivolgendomi soprattutto ai giovani, desidero dir loro: su di voi convergono sguardi pieni di speranza, che non vorrete certo deludere. Voi siete motivo di legittimo orgoglio per i vostri genitori, parenti ed amici; da voi si attende fermezza nella concezione integrale dell’uomo, della vita, della società, non separata dai valori morali e religiosi, per l’irradiazione della cultura e della civiltà cristiana. Voi, per ciò che siete, costituite la promessa di un mondo più giusto, più umano e più fraterno; promessa che manterrete, se sarete coscienti e impegnati a vivere la vostra scelta, il vostro impegno con Cristo, di “essere fermento nella massa” (cf. 1 Cor 5, 6).

2. Ci incontriamo oggi in questa giovane Università. Era una istituzione di cui si aveva bisogno “in un Paese di tradizione cattolica e in cui il cristianesimo è il clima spirituale prevalente di cui si alimenta la coscienza dei portoghesi”, scrivevano i miei fratelli Vescovi, in occasione della solenne inaugurazione nel 1967. Giovane in età, essa si faceva subito carico fin dalla nascita di una antica tradizione e di una preziosa eredità, che fu allo stesso tempo gloria della Nazione, sempre legata alla fama che avevano guadagnato nel mondo le Scuole di Filosofia e di Teologia di Coimbra e i Teologi che erano intervenuti al Concilio di Trento.

In virtù di questa eredità, certo l’Università Cattolica venne fondata in Portogallo anche come atto di chiaroveggenza, cosa che lo stesso Episcopato nel 1965 esprimeva in questi termini: si decide di creare l’Università Cattolica, “di fronte a ciò che già è stato designato come la "disfatta spirituale dell’Europa", per poter presentare sul piano universitario e con il rigore del metodo scientifico, la verità totale e universale, a cui aspira il nostro cuore, e offrire le chiavi che aprano il "mistero" che l’uomo continuamente vuol conoscere, quando si domanda chi è, da dove viene e dove va; tutta la problematica della cultura umana - l’umanesimo, l’ordine sociale, il senso della storia - dipende dalla risposta a queste domande” (Nota del 16 gennaio 1965).

Nonostante le difficoltà, non solo finanziarie - di cui sono venuto a conoscenza preparando questo incontro - la Provvidenza divina è venuta in aiuto alla buona volontà di coloro che in lei confidavano. E mi auguro che così continui ad essere, affinché l’Università Cattolica prosegua il suo cammino e si affermi sempre di più nella stima di tutti, realizzando i propri obiettivi.

3. Subito agli inizi del mio pontificato, come ben ricordate, ho indirizzato a tutta la Chiesa una costituzione apostolica - Sapientia Christiana - in cui sono contenute la definizione degli obiettivi e alcune linee direttive per le istituzioni cattoliche di insegnamento superiore. L’attività di ricerca e di insegnamento a tale livello, introdotta nella vita della Comunità ecclesiale e integrata nelle condizioni del mondo attuale, in cui avvengono trasformazioni rapide e profonde, dovrà convergere in un ripensamento costante del campo scientifico, al fine di informare cristianamente la cultura.

E se è vero che una Università ha come scopo quello di formare uomini per l’uomo e verso l’uomo, una Università Cattolica deve avere anch’essa come scopo quello di formare uomini che, mantenendo una posizione in favore dell’uomo, lo porti ad incontrare Cristo, per il quale e dal quale tutto è stato creato, poiché “piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificandole con il sangue della sua croce” (Col 1, 19-20).

4. Esiste una indispensabile piattaforma, che ho già presentato in altre occasioni, poggiata sulla “pietra angolare” Cristo, “centro del cosmo e della storia” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 1) su cui deve essere edificata l’opera di una Università o Istituto di insegnamento superiore che si pregi della definizione di “cattolica”.

Il primo elemento o fondamento di tutta questa piattaforma sarà costituito dalla competenza e serietà della ricerca e dell’insegnamento, con un senso completo dell’uomo-persona, nel suo rapporto con Dio e con la natura e inserito nella famiglia umana; realtà questa, che esige un adeguato senso della storia e un realismo sereno e critico, nell’analisi dei fatti e dei problemi, senza mai perdere di vista il genuino bene della comunità e di tutta la società.

Il secondo elemento deve consistere nel comune intento in cui dovrà incentrarsi il dinamismo di tali Università e Istituti: dotare coloro che la frequentano di una solida preparazione, fatta di conoscenze scientifiche e tecniche di prim’ordine, insieme con la formazione cristiana, che li conduca a fare una sintesi personale di cultura e di fede e li renda atti ad assumere responsabilmente incarichi importanti nella società, in cui devono vivere la testimonianza cristiana.

Infine, condizione affinché i due elementi precedenti divengano realtà, le Università e Istituti similari cattolici devono arrivare a instaurare tra la propria popolazione - docente, discente e di coloro che qui prestano servizio - più che uno spirito comunitario, autentiche comunità in cui si viva un cristianesimo operante e capace di conquistare le simpatie di tutti: una comunità in cui la seria applicazione allo studio e alla ricerca scientifica, mirando alla verità, si svolga in uno spazio e ambiente di vita cristiana condivisa.

Sono certo che vi anima questo senso della vostra identità, di ciò che vi distingue come “cattolici”, che non può mai rimanere pura qualificazione sociale, ma deve tradursi in vita e testimonianza. L’affermazione di Dio e dei suoi diritti di Creatore e Signore, della sua rivelazione e della Chiesa cattolica come custode e interprete di questa rivelazione, dotata di un Magistero vivo, costituiscono il fondamento su cui costruisce colui che vuole “essere unito” a Cristo e “non disperdersi” (cf. Lc 11, 23). La continua presa di coscienza dell’indole ecclesiale dei vostri Istituti deve portarvi a vivere la preoccupazione di soddisfare sempre il maggior bene della Chiesa universale e delle vostre Chiese locali, nella cui orbita vivete e operate.

5. Sulla base di una lunga esperienza vissuta durante lunghi anni di insegnamento universitario, non mi stancherei mai di far risaltare il compito dell’Università nei due “banchi” di lavoro in cui si svolge la sua opera e si manifesta la sua vitalità: quello della ricerca e quello dell’istruzione scientifica. Entrambe le attività corrispondono al desiderio di conoscere, a una profonda aspirazione che è nel cuore dell’uomo: di maggiore verità, per la pienezza nell’amore.

Per realizzare queste sue finalità, l’Università dovrà usufruire di strumenti di lavoro adeguati, e aggiornare continuamente i metodi, per meritare la stima del mondo della cultura, mantenere la credibilità e offrire nel campo scientifico quel contributo che lo stesso mondo della cultura e la Chiesa attendono.

La verità e l’autentica scienza non si possono mai aspettare da fattori aleatori; sono conquiste che devono essere fatte ricorrendo ai mezzi adatti, percorrendo le vie della serietà e dell’applicazione, in continua, paziente e coordinata ricerca. Quando inoltre, l’oggetto della ricerca è l’uomo - l’ho sottolineato diverse volte - non si può mai perdere di vista la dimensione spirituale nella globalità della sua natura, a rischio di cadere in una visione depauperante dello stesso uomo. E, per il cristiano, si impone nella sua ricerca, come nel suo insegnamento, il rifiutare ogni visione parziale della. realtà umana e il lasciarsi illuminare dalla sua fede nella creazione dell’uomo da parte di Dio e nella redenzione realizzata da Cristo.

Come è ben noto, la Chiesa, fedele al suo divino Fondatore, che indicò la verità come via dell’autentica libertà (cf. Gv 8, 32) ha sempre appoggiato le istituzioni che si dedicano all’insegnamento e alla ricerca della verità e della conquista del mondo tramite la scienza; si può perfino dire, in prospettiva storica, che le compete l’onorevole titolo di fondatrice delle Università che, col passar del tempo, divennero famose e prototipi esemplari per similari istituzioni.

Non c’è pertanto contraddizione tra la cultura e la fede, secondo quanto ha insistentemente sottolineato il Concilio Ecumenico Vaticano II; al contrario, ci può essere reciproca illuminazione e arricchimento. Da qui si ricava una particolare responsabilità degli studiosi cristiani e delle istituzioni cattoliche di insegnamento superiore: quella di contribuire ad eliminare un grande squilibrio tra la cultura generale e l’approfondimento della fede che, in non pochi casi, sembra essersi precocemente anchilosato, con inevitabili riflessi nel comportamento cristiano e nella presenza al mondo.

7. In una Università Cattolica, ogni attività, con l’indispensabile sigillo dell’onestà intellettuale e della serietà accademica, si situa all’interno della missione evangelizzatrice della Chiesa. Questa missione evangelizzatrice - come avete avuto occasione di vedere nella citata costituzione apostolica Sapientia Christiana - ha come fine “di portare la Buona Novella a tutti i ceti dell’umanità . . . e penetrare con la luce del Vangelo le loro opere, le loro iniziative, tutta la loro vita” (cf. Giovanni Paolo II, Sapientia Christiana, Prooemium, 1). Così, cadrebbe qui a proposito situare ognuno dei protagonisti della vita universitaria nell’ambito che spetta loro in questa opera comune. Ma so che voi siete coscienti di questo vostro compito e che, per aiutarvi a camminare con Cristo nella Chiesa, non mancheranno anche iniziative tra di voi, in una linea di pastorale delle intelligenze; e sono certo che Vescovi, sacerdoti, religiosi, laici impegnati - in breve, tutti gli operatori della pastorale - dedicheranno il migliore interesse all’elevazione umana e cristiana degli universitari, facendo rientrare Dio nella programmazione e realizzazione delle attività accademiche, affinché possa da qui elevarsi la religiosa lode della Sapienza.

8. Intanto, riflettendo sulla figura del professore, in particolare sul professore delle discipline sacre e soprattutto sul teologo, credo sia comune la persuasione e l’attesa di incontrare in lui qualcosa in più del semplice comunicatore di scienza: un educatore della vita cristiana. In effetti, un uomo o una donna educati in un istituto cattolico di insegnamento superiore dovrebbero normalmente sentirsi preparati ad affrontare la vita con qualche cosa in più della semplice competenza professionale e capacità di produzione. Bisogna sentirsi cristiani. In particolare, cristiani coscienti del fatto che la qualità della propria cultura e competenza, come valori personali acquisiti, sono dono di Dio anche per servire la Comunità dove essi sono chiamati ad operare. E questa convinzione dovrebbero poterla assorbire anche dall’insegnamento e dalla testimonianza dei professori.

Riferendomi in particolare ai teologi, desidererei approfittare ancora una volta dell’occasione per esprimere loro gratitudine e apprezzamento per il loro lavoro. Questo lavoro, guidato anch’esso dall’idea che il sapere teologico è “un talento” (cf. Mt 25, 16) e dalla funzione sociale della scienza, come bene personale, possiede uno spazio di autonomia scientifica e vie di legittima libertà, di quella libertà per cui Cristo ci ha liberato (cf. Gal 5, 1ss); ma tutte queste vie passano attraverso la fede, che agisce tramite la carità, in obbedienza alla verità.

Questo passaggio obbligatorio porta tali vie a confluire nel legame con il Magistero e la Gerarchia, cosa che non toglie la libertà d’indagine, di opinioni personali e di dibattiti a livello scientifico tra teologi. Come si sa, la Gerarchia, mentre dà le linee direttive dell’unità cattolica, ha nello stesso tempo bisogno e molto può trarre dal lavoro teologico.

A determinare ancora queste vie esistono i diritti della Comunità ecclesiale ad essere informata e formata nel suo senso della fede. Così, non si possono lanciare tra un pubblico non specializzato ipotesi o posizioni liberamente discusse tra esperti e specialisti, ma che non sono in condizione di essere accolte dai fedeli senza turbamento. Sebbene ci sia connessione tra il piano dell’evangelizzazione e il piano della ricerca teologica, non si può dimenticare che esistono una pedagogia e degli imperativi nella gradualità dell’annuncio.

A guidare il cammino dei teologi nel proprio lavoro deve essere, pertanto, la preoccupazione di servire il regno di Dio, con tutto l’amore. Quando a questo amore vengono sovrapposte finalità meno costruttive o chiare, sfruttare questo bene che si possiede può tramutarsi in abuso, con ripercussioni nel campo della carità, la quale non è mai sconveniente, né cerca il proprio interesse . . . “ma si compiace della verità” (cf. 1 Cor 13, 6). Ciò ovviamente senza porre in causa l’autonomia che compete alla scienza, la quale non si riduce a semplice ausiliaria della fede.

Il determinato principio dell’esporre, con le sue implicazioni pratiche, è valido non solo per i teologi e cultori delle scienze sacre, ma per tutti: quanto più grande è il “bene” culturale di qualcuno, tanto più questo deve essere sfruttato anche come valore “per gli altri”, in maniera cosciente, attiva, responsabile e cristiana. Pensare e produrre intellettualmente è una responsabilità; e principio indeclinabile per i lavoratori intellettuali cattolici è il pensar bene, alla luce della dignità umana e in quella luce che il Maestro, eterna Sapienza, ci ha dato in se stesso quando ci ha detto: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre” (Gv 8, 12).

Amati fratelli e sorelle.

Ricordate certamente una domanda che mi ponevo agli inizi del mio pontificato, e che volli condividere con tutta la Chiesa - con la coscienza ravvivata e sviluppata dal Concilio Vaticano II - in fase di ricerca, in molti campi: “In che modo sarà conveniente proseguire?”. E lascio nella risposta data allora, e sempre viva nel mio spirito, la sintesi di tutto ciò che ho inteso trasmettervi: “l’unico orientamento dello spirito, l’unico indirizzo dell’intelletto, della volontà e del cuore è per noi questo: verso Cristo, Redentore dell’uomo; verso Cristo, Redentore del mondo” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 7).

Riconfermandovi la gioia che ha costituito per me questa visita e incontro, desidero assicurarvi che continuerò ad essere presente tra voi, con amicizia; spero che anche voi continuerete a tenermi presente come amico, e che coltiveremo questa nostra amicizia nella preghiera. E chiedendo alla Madonna, la Sede della Sapienza - che il Portogallo venera con particolare amore nel Santuario di Fatima, meta del pellegrinaggio apostolico che sto realizzando - che vi protegga con il suo manto materno vi do, di cuore, la mia benedizione.



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