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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL LXIX CONGRESSO NAZIONALE
DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI OTORINOLARINGOLOGIA
E CHIRURGIA CERVICO-FACCIALE

Venerdì, 21 maggio 1982

 

1. Vi saluto di cuore, partecipanti al LXIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale, promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. Vi sono sinceramente grato dei sentimenti che vi animano e che vi hanno spinti a chiedere questo incontro.

So che nel corso dei lavori del Congresso, voi non solo vi soffermate ad analizzare e a valutare le attività della vostra Società, nel campo della didattica, della ricerca e dell’assistenza, ma soprattutto, scambiandovi reciprocamente le esperienze, intendete contribuire al progresso della scienza e potenziare nuovi filoni di sviluppo.

2. Vi esprimo l’apprezzamento e la stima della Chiesa, non solo in quanto voi siete rappresentanti della cultura e della scienza, ma anche in quanto operatori del vostro campo specifico di competenza.

Voi sapete quali rapporti legano la Chiesa al mondo della cultura e della scienza. Nei secoli passati, essa ha dato vita a una serie di Centri di studi superiori sparsi nel mondo e divenuti poi celebri Università.

La Chiesa vuole essere vicina alla scienza e alla cultura per una ragione di fondo, che tocca nel vivo la sua stessa missione evangelica: il servizio da rendere all’uomo. Ho avuto già altre volte l’occasione di affermare, e intendo ripeterlo qui, ora, che la Chiesa ha bisogno della cultura, così come la cultura ha bisogno della Chiesa. Scienza e fede devono rimanere collegate per il raggiungimento dell’obiettivo primario, che è la promozione umana, condizione indispensabile per assicurare lo sviluppo dei popoli e della civiltà.

Sicché, come la Chiesa oggi non potrebbe rendere un servizio adeguato all’uomo, ignorando la scienza, così la scienza, se volesse ignorare la fede. La Chiesa staccata dalla scienza lascerebbe scoperti settori assai ampi e importanti dell’attività umana. La scienza senza la fede diventerebbe presto meno umanizzante.

3. Ed ecco che queste ragioni, valide sul piano generale, sembrano acquistare ulteriore concretezza considerando il vostro settore specifico di attività. La vostra specialità, che è una branca della Medicina, svolge un’importante funzione per la vita di relazione dell’individuo.

Ogni male fisico tocca la personalità umana. Ma quando è colpito l’organo dell’udito o della parola, la personalità umana, perché vulnerata nella sfera più sensibile e più alta dei suoi rapporti con il mondo esterno, si sente particolarmente ferita.

Certo la personalità umana nel suo vivo valore complessivo è una grandezza così alta da non essere sostanzialmente condizionata dall’esercizio delle sensazioni. La storia di tutti i tempi ci presenta numerosi esempi di uomini divenuti eccellenti, di statura morale e intellettuale fuori del comune, malgrado l’insufficienza di organi fisici. E proprio l’arte dei suoni annovera, nell’elenco dei massimi compositori, un musicista privo dell’udito. Linguaggio e suoni, tuttavia, appunto perché strumenti di relazione, arricchiscono non poco la vita umana e ne rendono più facile lo sviluppo.

Per tal ragione, il vostro lavoro, indirizzato a ristabilire la funzione dell’udito e della voce, rende alla persona umana un servizio quanto mai prezioso.

4. Ma se ora, dalle considerazioni a carattere più generale della funzione della scienza e da quelle più specifiche relative al vostro campo di lavoro, diamo uno sguardo ad alcune considerazioni di fede, in particolare ad alcuni riferimenti biblici, la vostra attività appare in una luce più suggestiva e inserita in una missione più grande.

Il Dio della Bibbia è per eccellenza un Dio che parla e ascolta, a differenza degli idoli, che “hanno bocca e non parlano . . . hanno orecchi e non odono” (Sal 113 B [115], 5.6).

Voce e udito sono ben dati dal Creatore perché l’uomo, fatto simile a lui, più facilmente possa sviluppare la sua relazione con Dio fino all’amore dell’amicizia e della filiazione. Dio ha dato all’uomo una bocca per cantare la sua lode (cf. Is 50, 4). La mistica sposa del Cantico dei Cantici riconosce subito, quasi trasalendo, il suo sposo al suono della voce (Ct 2, 8).

“Ascoltare la parola del Signore” è un programma ed un dovere fondamentale dell’uomo biblico (cf. Os 4, 1; Am 7, 16; ecc.). Ma questo è anche frutto della grazia divina: “Darò loro un cuore e orecchi che ascoltano” (Bar 2, 31).

Come ogni singolo uomo, così le folle nel loro insieme si pongono coralmente davanti al Signore. “La folla gli faceva ressa intorno per ascoltarlo” (Lc 5, 2), realizzando la beatitudine promessa già al tempo dell’antico saggio: “Beato l’uomo che mi ascolta” (Pr 8, 34) e per cantare la lode del Signore: “La folla dei discepoli cominciò a lodare il Signore a grande voce” (Lc 19, 37).

Gesù, che è la Parola di Dio venuto sulla terra per parlare agli uomini con le loro stesse parole, ripristina amorevolmente la voce e l’udito quando incontra chi ne è privo: “Pieni di stupore dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti” (Mc 7, 37).

5. Di fronte all’insegnamento biblico, specie davanti alle ultime parole tratte dal Vangelo di Marco, la vostra professione si eleva al compito di missione. Chi ha fede è spinto a considerarla non solo in funzione di promozione esclusivamente umana, ma anche di collaborazione con Dio.

Con questi sentimenti e con questo augurio, vi assicuro del mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e alle persone da voi assistite la mia benedizione.

                                  



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