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VISITA PASTORALE IN GRAN BRETAGNA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI E AGLI UOMINI RELIGIOSI DI SCOZIA

Murrayfield - Lunedì, 31 maggio 1982

 

Miei fratelli e sorelle in Cristo.

1. Poiché la Chiesa celebra il significativo canto di preghiera di Maria a Dio, il Magnificat, sono molto felice di essere con voi in questa Cattedrale dedicata al suo nome. Ringrazio Dio per l’amore che portate a Cristo e per l’impegno verso la sua Chiesa.

Voi rappresentate tutti i sacerdoti e gli uomini religiosi di Scozia. Siete i più vicini collaboratori dei Vescovi nel loro ministero pastorale. Siete presenti in ogni area della vita della comunità, sollecitando l’avvento del Regno di Dio con le vostre preghiere e il vostro lavoro. In voi sento il palpito dell’intera comunità ecclesiale. Nelle vostre vite leggo la storia della Chiesa in questa terra, storia di fede viva e amore intenso. Riconosco il contributo dato dai sacerdoti e dai religiosi di altre terre, specialmente dell’Irlanda, i quali hanno contribuito a rafforzare qui la comunità cattolica. La vostra presenza parla di speranza e vitalità per il futuro.

Durante le mie visite pastorali, i miei incontri con sacerdoti e religiosi sono momenti di particolare significato ecclesiale. E oggi, ancora una volta, posso adempiere al mio compito: confermarvi nella fede (cf. Lc 22, 31); e ricordarvi, con le parole di san Pietro, che voi siete stati rigenerati ad una speranza vivente, per una eredità che è imperitura (cf. 1 Pt 1, 4).

2. Il mio saluto va in primo luogo ai sacerdoti, sia diocesani che religiosi, partecipi dell’unico sacerdozio di Cristo, sommo sacerdote, “costituito in favore degli uomini in ciò che riguarda Dio, affinché offra doni e sacrifici per i peccati” (Eb 5, 1). La vostra presenza mi dà grande gioia e aiuto fraterno. In voi riconosco il buon pastore, il servo fedele, il seminatore che esce per spargere il buon seme, il lavoratore nella vigna, il pescatore che getta la sua rete. Voi siete gli amici intimi di Cristo: “Vi chiamo amici, non più servi, perché il servo non sa quel che fa il padrone” (Gv 15, 15)

Come sacerdoti dobbiamo riconoscere il mistero della grazia nelle nostre vite. Come afferma san Paolo, siamo stati investiti di tale ministero “per mezzo della misericordia di Dio” (2 Cor 4, 1). Esso è un dono. È un atto di fiducia da parte di Cristo, che ci chiama ad essere “amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). È una configurazione sacramentale con Cristo, sommo sacerdote. Il sacerdozio non ci appartiene per fare quello che vogliamo. Non possiamo reinventare il suo significato secondo il nostro punto di vista. Esso deve essere fedele a Colui che ci ha chiamati.

Il sacerdozio ci è stato dato come dono. Ma in noi e attraverso di noi il sacerdozio è un dono per la Chiesa. Non separiamo mai la nostra vita sacerdotale e il ministero dalla comunione piena e generosa con la Chiesa intera. Fratelli nel ministero sacerdotale, che cosa si aspetta da voi la Chiesa? La Chiesa si aspetta che voi, e i vostri fratelli e sorelle, i religiosi, sarete i primi ad amarla, ad ascoltare la sua voce e a seguire le sue aspirazioni, così che le persone del nostro tempo possano essere di fatto servite.

3. Come sacerdoti, voi siete a servizio di Cristo, il Maestro (cf. Presbyterorum Ordinis, 1). Una parte molto importante del vostro ministero è pregare e insegnare il messaggio cristiano. Nel passo sopra citato, san Paolo descrive la propria attitudine a tale ministero: “Noi ripudiamo di falsificare la Parola di Dio; manifestando invece chiaramente la verità, ci raccomandiamo alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio” (2 Cor 4, 2). Non dobbiamo falsificare la Parola di Dio. Dobbiamo sforzarci di applicare la Buona Novella alle mutevoli condizioni del mondo e resistere, coraggiosamente e a tutti i costi, alla tentazione di alterare il suo contenuto, o reinterpretarla in modo da renderla confacente allo spirito dell’epoca attuale. Il messaggio che pronunciamo non è la saggezza di questo mondo (cf. 1 Cor 1, 20), ma le parole della vita, parole che sembrano follia agli uomini mondani (cf. 1 Cor 2, 14) “Nel loro caso - afferma san Paolo - il dio di questo mondo ha accecato le loro menti, perché non rifulga ad essi lo splendore del Vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio” (2 Cor 4, 4). E continua: “Perché ciò che noi predichiamo non è noi stessi, ma Cristo Gesù, il Signore” (2 Cor 4, 5).

Non dovremmo essere sorpresi, quindi, se il nostro messaggio di conversione e di vita non è sempre ben accetto. Fate ogni cosa in vostro potere per presentare la parola tanto fedelmente quanto possibile, credete nel potere della parola stessa, e non scoraggiatevi mai: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra: dorma o vegli, notte e giorno, il seme spunta e cresce senza ch’egli sappia come” (Mc 4, 26-27). Tuttavia, in un altro senso, sappiamo come cresce il seme: “È Dio che lo fa crescere” (1 Cor 3, 7). In tal senso noi siamo “gli operai di Dio” (1 Cor 3, 6). Quanto dobbiamo essere solleciti nella nostra predicazione! Essa dovrebbe essere il proseguimento della nostra preghiera.

4. Noi sacerdoti partecipiamo del sacerdozio di Cristo. Siamo suoi ministri, suoi strumenti. Ma è Cristo che nei sacramenti, specialmente nell’Eucaristia, infonde la vita divina al genere umano (cf. Presbyterorum Ordinis, 5). Con quale cura, con quale amore dobbiamo celebrare i sacri misteri! Il carattere sacro di ciò che ha luogo nelle nostre celebrazioni liturgiche non deve essere oscurato. Tali celebrazioni devono essere un’esperienza di preghiera e di comunione ecclesiale per tutti coloro che vi prendono parte.

Sono a conoscenza dei molti sforzi che si compiono per assicurare un rinnovamento ecclesiale secondo le direttive del Concilio Vaticano II. Vi esorto a continuare a sviluppare tra i laici un senso di responsabilità partecipata della vita liturgica ed apostolica delle vostre parrocchie. Attraverso il loro sacerdozio spirituale, i laici sono chiamati a prendere il proprio posto nella vita della Chiesa secondo la grazia e il carisma dati a ognuno di loro. Conduceteli alla fede. Ispirateli e incoraggiateli a lavorare per il benessere e la crescita della famiglia ecclesiale; il loro contributo è estremamente importante. Incoraggiate i giovani, specialmente, ad “aspirare ai doni più elevati” (1 Cor 12, 31). Lavorate vicino ad essi e mostrate loro, inoltre, la sfida e l’attrazione del sacerdozio e della vita religiosa.

5. Spendete le vostre vite al servizio del Popolo di Dio; con la parola e il sacramento: questo è il vostro difficile compito, la vostra gloria, il vostro tesoro. Ma è san Paolo di nuovo che ci ricorda: “Noi portiamo questo tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4, 7). L’esperienza personale di ognuno di noi è che la nostra gioia e la nostra fertilità nella vita sacerdotale provengono da una completa accettazione della nostra identità sacerdotale. Dobbiamo amare la nostra vocazione e la nostra missione. Ma dobbiamo anche essere visti ad amare il nostro sacerdozio. Lasciate che le persone vedano che voi siete uomini di preghiera. Lasciate che vedano che voi trattate i sacri misteri con amore e rispetto. Lasciate che vedano che il vostro impegno verso la pace, la giustizia e la verità è sincero, incondizionato e audace. Lasciate che ognuno veda che amate la Chiesa e che siete un cuore ed una mente sola con essa. Ciò che è in gioco è la credibilità della nostra testimonianza!

6. Fratelli e sorelle, membri delle comunità religiose! Vorrei salutare ognuno di voi personalmente! Ascoltare da ognuno di voi le “magnalia Dei”, come lo Spirito Santo opera nelle vostre vite! Nelle viscere del vostro cuore, nella lotta tra la grazia e il peccato, nei vari momenti e circostanze del vostro pellegrinaggio di fede - in quanti modi Cristo vi ha parlato e detto: “Venite a me”! Poteva venire il Papa in Scozia e non ringraziarvi per aver risposto a questa chiamata? Naturalmente no! Così vi ringrazio a nome della Chiesa. Vi ringrazio per la particolare testimonianza e per il vostro contributo.

Poiché nella consacrazione religiosa avete portato la vostra grazia battesimale a un grado di “totale donazione a Dio sommamente amato” (cf. Lumen Gentium, 44), voi siete diventati segno di una vita superiore, una “vita che vale più del nutrimento e il corpo più del vestito” (Lc 12, 23). Attraverso la professione dei consigli evangelici voi siete diventati un segno profetico del regno eterno del Padre. In questo mondo voi guardate “all’unica cosa necessaria” (Lc 10, 42), al “tesoro inesauribile” (Lc 12, 33). Voi possedete la sorgente di ispirazione e di forza per le varie forme di apostolato che i vostri Istituti sono chiamati ad eseguire.

7. Quelli di voi che appartengono alle comunità contemplative servono il Popolo di Dio “nel cuore di Cristo”. Voi ricordate profeticamente quelli impegnati nella costruzione della città terrena che, se non è fondata nel Signore, sarà stata costruita invano (cf. Lumen Gentium, 46). La vostra è una singolare testimonianza al messaggio evangelico, molto necessaria perché le persone del nostro tempo spesso soccombono a un falso significato di indipendenza rispetto al Creatore. Le vostre vite testimoniano la preminenza di Dio e il regno di Cristo.

8. E voi, fratelli e sorelle, la cui vocazione è un lavoro attivo nel servizio ecclesiale, dovete congiungere tra loro la contemplazione e l’ardore apostolico. Per mezzo della contemplazione aderite a Dio con la mente e col cuore; con l’amore e l’ardore apostolico voi collaborate all’opera della redenzione e alla dilatazione del regno di Dio (cf. Perfectae Caritatis, 5). Nel vostro servizio alla famiglia umana dovete essere attenti a non confondere il “Regnum Dei” con il “Regnum hominis”, la liberazione politica, sociale ed economica con la salvezza in Gesù Cristo (cf. Giovanni Paolo I, Allocutio, die 20 sept. 1978: Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 74). Il vostro ruolo profetico nella Chiesa dovrebbe condurvi a scoprire e a proclamare il significato più profondo di tutte le attività umane. Solo quando l’attività umana preserva la sua relazione con il Creatore essa preserva la sua dignità e raggiunge l’adempimento.

Le vostre comunità sono state impegnate nel processo di rinnovamento auspicato dal Concilio Vaticano II. State cercando di essere sempre più fedeli al vostro ruolo che si svolge nella comunità ecclesiale secondo i vostri particolari carismi. Partendo dall’ispirazione originale dei vostri fondatori e seguendo il magistero della Chiesa, siete in una eccellente posizione per discernere i suggerimenti dello Spirito Santo riguardanti la necessità della Chiesa e del mondo attuale. Con un esteriore appropriato adattamento, seguito da una costante conversione spirituale, la vostra vita e la vostra attività, nel contesto della Chiesa locale ed universale, divengono una felice espressione della vitalità e della giovinezza della Chiesa.

Nelle parole di san Paolo: “Ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo a causa di tutti voi, perché la vostra fede è magnificata in tutto il mondo” (Rm 1, 8).

9. Fratelli e sorelle, c’è qualcuno che ci cammina accanto lungo il sentiero dell’apostolato: Maria, la Madre di Gesù, che custodiva ogni cosa in cuor suo e sempre faceva la volontà del Padre (cf. Lc 2, 51; Mc 3, 35). In questa Cattedrale metropolitana ad Ella dedicata, desidero ritornare ai pensieri e ai sentimenti che sussultarono nel mio cuore a Fatima il 13 maggio. Là, ancora una volta, le ho consacrato me stesso e il mio ministero: “Totus tuus ego sum”. Ho ri-consacrato, ho affidato alla sua materna protezione la Chiesa e il mondo intero, così bisognoso di saggezza e di pace. Queste sono alcune delle invocazioni che ho rivolto al Cuore Immacolato di Maria, a Fatima:

Dalla fame e dalla guerra, liberaci!

Dalla guerra nucleare, da una autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci!

Dai peccati contro la vita dell’uomo sin dai suoi albori, liberaci!

Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci! Da ogni genere di ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci!

Dalla facilità di calpestare i Comandamenti di Dio, liberaci!

Dal tentativo di affossare nei cuori umani la verità stessa di Dio, liberaci!

Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! liberaci!

Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società!

Si riveli ancora una volta, nella storia del mondo, l’infinita potenza dell’Amore misericordioso! Che esso fermi il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della speranza!

E a ogni sacerdote e diacono, a ogni fratello e sorella religiosi, a ogni seminarista, lascio una parola di incoraggiamento e un messaggio di speranza. Con san Paolo vi dico: “Per questo, infatti, lavoriamo e combattiamo, perché riponiamo la nostra speranza nel Dio vivente . . .” (1 Tm 4, 10). Sì, cari fratelli e sorelle, le nostre speranze sono riposte nel Dio vivente!

                                                                



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