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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CONSIGLIO DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI

Sabato, 30 ottobre 1982

 

Venerati fratelli.

1. Saluto di cuore tutti voi, Membri del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, qui radunati per rendere un importante servizio alla prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, e cioè per preparare il relativo documento di lavoro (“Instrumentum laboris”). Con voi saluto pure gli Esperti, che vi hanno prestato il loro aiuto, nonché gli Officiali e il Personale della Segreteria del Sinodo.

Nel telegramma, firmato a nome vostro dal Cardinale Zoungrana, moderatore della riunione, e da Monsignor Tomko, Segretario Generale, voi avete voluto ringraziare me perché cerco di tenere viva l’attenzione della Chiesa all’istituzione del Sinodo dei Vescovi ed altresì al tema della sua prossima Assemblea Generale, che è “la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa”.

A mia volta, desidero esprimere gratitudine a voi tutti per l’impegno e lo spirito di sacrificio, con cui avete affrontato questi delicati lavori.

2. Il tema della riconciliazione e della penitenza nella missione della Chiesa ci invita ad avanzare su un cammino impegnativo, insieme con Cristo. È il cammino del Vangelo, poiché la predicazione di Gesù ha inizio proprio con l’appello: “Convertitevi e credete al Vangelo!” (Mc 1, 15), e culmina sulla Croce nella parola del perdono: “Padre, perdonali . . .” (Lc 23, 34). Ecco dunque il cammino evangelico, sul quale incontriamo la beatitudine dei misericordiosi, l’appello all’amore per i nemici, l’urgenza della riconciliazione (“va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello”) (Mt 5, 23), la preghiera della riconciliazione (“Padre nostro . . . rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo . . .”) (Mt 6, 12) e quei segni di potenza attraverso i quali, guarendo e rimettendo i peccati, Cristo opera la guarigione di tutto l’uomo.

Voi lo sapete: questo cammino di Vangelo, cammino di riconciliazione, non si ferma al fatto storico della morte, risurrezione e ascensione del Signore. È Dio che ci riconcilia “con sé mediante Cristo” (2 Cor 5, 18). Ed è sempre Dio, “ricco di misericordia”, che ci offre il suo dono della riconciliazione quando, per mezzo del Figlio suo, affida alla Chiesa il ministero della riconciliazione: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20, 22 s). Dio “ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, rimettendo agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione” (2Cor 5,18s). Perciò “il ministero della riconciliazione dell’uomo con Dio costituisce la missione fondamentale della Chiesa . . .! Una volta compiuta dalla iniziativa divina, la riconciliazione col mondo in Gesù Cristo richiede un’incessante attuazione. L’umanità riconciliata con Dio ha sempre di nuovo bisogno del ministero della riconciliazione” (Giovanni Paolo II, Allocutio, 3, die 4 apr. 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V,1 [1982] 1109).

3. Se viene ben compreso in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi elementi, il mistero della riconciliazione include quella risposta dell’uomo, che il Vangelo chiama “conversione” e “penitenza”.

Alla Chiesa infatti è stato affidato il dono della misericordia a beneficio di ogni uomo e di tutto l’uomo. Il vostro lavoro per preparare il Sinodo del prossimo anno mi suggerisce di mettere qui l’accento sopra un elemento essenziale, perché esso risponde ad un bisogno molto sentito dai nostri contemporanei: il mistero della riconciliazione raggiunge l’uomo nel più profondo della sua intimità perché è qui, anzitutto, che può essere apportato il rimedio al dramma che tormenta l’epoca nostra lacerata da tante tensioni, divisioni, ingiustizie e violenze.

Qui infatti, in fondo al cuore di ciascun uomo, si radicano le diffidenze e le inimicizie, che oppongono fra loro gli interessi collettivi e le stesse nazioni. “L’opera della pace comincia quando aspettiamo l’urgente chiamata di Cristo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1, 15)” (Giovanni Paolo II, Allocutio in urbe Coventry habita, 2, die 30 maii 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V,2 [1982] 1976-1977).

Da quanto tempo - ci dice san Beda il venerabile - “si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo; cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente. A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano” (S. Beda il Venerabile, In Evang. Marci, 1, 1, 14-15).

4. Soltanto Cristo può dare a ciascuno un cuore nuovo ed uno spirito nuovo. In questo modo egli comincia a sradicare da noi il peccato; così egli tocca la nostra coscienza proprio alla radice di quello squilibrio fondamentale, nel profondo di noi stessi, dove noi siamo lacerati tra la luce e le tenebre; divisi tra il bene e il male, quasi come se fossimo incapaci di realizzare il bene, che decidiamo di fare, e di evitare il male, che riproviamo. Cristo ci guarisce proprio là dove siamo malati di quel male contagioso, che crea lo squilibrio del mondo intero: l’egoismo, l’invidia, la volontà di dominio.

Bisogna dunque insistere su questo, perché proprio qui è la chiave di molti difficili problemi: la possibilità di accogliere il dono di Dio, mediante una sincera conversione, è segno della dignità dell’uomo. In realtà, assumendo la responsabilità delle proprie colpe, l’uomo attesta il valore della propria libertà, ferita sì, ma rigenerata da Cristo.

Poiché, se il peccato e la colpa non fossero più riconosciuti per quel che sono agli occhi di Dio, allora sarebbe messo in pericolo ciò che c’è di più umano nell’uomo stesso. “Hai peccato? - ci domanda san Giovanni Crisostomo - Confessa allora a Dio: Ho peccato! . . . Denuncia il tuo peccato, se vuoi che ti sia perdonato. Non c’è da faticare nel far questo, non occorrono giri di parole né si deve spendere denaro: nulla di tutto ciò. Bisogna riconoscere in buona fede i propri peccati e dire: Ho peccato” (S. Giovanni Crisostomo, Homilia de Paenitentia, 2, 1).

La chiamata di Cristo alla conversione è un appello a riprendere coscienza della propria dignità; è un’opportunità per la riconciliazione nel senso più vasto in seno alla società e tra i popoli. E attraverso i difficili cammini della storia umana la guarigione del cuore lascia anche intravedere alla nostra speranza qualcosa della riconciliazione escatologica: la pace messianica pienamente realizzata nei nuovi cieli e nella terra nuova.

Nell’inviolabile santuario del cuore umano è in gioco il ruolo che ciascuno deve svolgere nella storia dell’uomo: dalla parte dell’amore e della pace, oppure dalla parte dell’odio e della guerra. Seguendo Cristo si cammina verso la luce e si avanza sulle strade della pace. Su questo cammino tutta la Chiesa sarà invitata ad avanzare con il passo più coraggioso e più rapido in occasione del prossimo Sinodo, a condizione che noi tutti siamo sempre attenti alle parole dell’Apostolo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20).

Auspico pertanto che il vostro incontro sia fecondo di idee, di proposte, di suggerimenti, perché il Popolo di Dio sappia vivere sempre più profondamente la propria vita cristiana nella prospettiva della conversione continua e della perenne riconciliazione con Dio in Cristo, mediante il quale possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito (cf. Ef 2, 18).

Con questi voti, invoco sui vostri lavori larga effusione di lumi e di favori celesti, in pegno dei quali vi imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, segno della mia stima e benevolenza.

 

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